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L'Arbitro sulle Controversie Finanziarie sull'obbligo di aggiornamento del profilo di rischio
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Articolo di Marco Solferini *
22 giugno 2017 14:35
 
Il 5 Giugno sono state pubblicate le prime 6 decisioni dell'Arbitro per le Controversie Finanziarie (di seguito ACF) divenuto operativo il 9 Gennaio 2017, che rappresenta il più recente approdo al mondo italiano dei procedimenti ADR (Alternative Dispute Resolution) sulla scia di quanto stabilito dal D. Lgs 130/2015 entrato in vigore il 3 settembre 2015 che ha riformato e integrato il codice del consumo (introducendo 9 articoli, dall'art. 141-bis all'art. 141-decies) per il recepimento della Direttiva europea 2013/11/UE che regolamenta i procedimenti ADR per i consumatori.

Fra queste, la decisione n. 2 del 5 Giugno 2017 si segnala per via dell'interessante esame che il Collegio ACF ha fatto dell'obbligo di profilatura del Cliente.

Si tratta infatti di un presupposto fondamentale, che trova la sua sintetica espressione nella c.d. know your customer rule, cioè la regola propedeutica all'obbligo da parte dell'Intermediario di proporre al Cliente prodotti finanziari adeguati al suo profilo di rischio, dopo che lo stesso sia stato conosciuto, in modo esaustivo e adeguato, tanto dal punto di vista soggettivo (il cliente) quanto in rapporto al prodotto stesso (profilatura del prodotto).

Giova sul punto sottolineare che avanti all'ACF l'Intermediario non solo ha l'onere di provare di aver assolto agli obblighi di diligenza, correttezza, informazione e trasparenza nella prestazione dei servizi a favore della propria clientela ma anche quello di allegazione della documentazione inerente al rapporto controverso.

Nell'articolo che segue evidenzierò, dopo una breve e sintetica panoramica dei fatti a mò di riassunto, i principali passaggi della decisione con annessi richiami normativi e giurisprudenziali per poi sviluppare le considerazioni conclusive sull'argomento che ritengo sia uno dei nodi cruciali delle controversie tra Cliente investitore e Intermediario.

In particolare cercherò di spiegare le ragioni del perchè ritengo che tale obbligo sia non solo utile per entrambe le parti ma rappresenti una questione irrisolta, molto rischiosa, per il sistema bancario Italiano.

Offrendo in conclusione suggerimenti su come ovviare, nell'interesse di entrambe le parti a questa situazione che reca certamente grave pregiudizio agli investitori nel c.d. risparmio tradito e nel contempo è anche limitativa e lesiva della produttività nel settore bancario / finanziario in un momento in cui lo stesso necessiterebbe di solidità utile ad evitare il formarsi o l'aggravarsi di situazioni di stress economico o finanziario.

Indice:
1) Breve esposizione dei fatti relativi al ricorso all'ACF relativamente agli obblighi informativi e alla profilatura del Cliente.
2) Le norme e la Giurisprudenza interessate.
3) I contenuti della c.d. know your customer rule
4) Conclusioni e suggerimenti per un rapporto migliore e più responsabile tra Intermediario e Cliente nell'ottica di evitare le controversie.

***

I fatti del ricorso all'ACF relativamente agli obblighi informativi e alla profilatura del Cliente.

Con la Decisione n. 2 del 5 Giugno 2017 il Collegio ACF si focalizza su un aspetto ad avviso dello scrivente particolarmente interessante della gestione dei rapporti finanziari da parte dell'Intermediario in nome e per conto del Cliente investitore.

Lamenta il Cliente relativamente al prodotto finanziario sottoscritto:

1) di essere stato rassicurato su opportunità e convenienza dello stesso;
2) la non rischiosità dell'investimento in questione;
3) l'essere stata impiegata una cifra corrispondente alla totalità del portafoglio investimenti (quindi nessuna asset allocation nell'ottica della diversificazione);

L'Intermediario si difende eccependo sinteticamente:

1) l'avere fornito all'investitore le informazioni circa la tipologia del titolo dal medesimo scelto, di averne illustrato le caratteristiche ed il relativo grado di rischio, affinchè il Cliente potesse ben comprendere l'operazione di specie.
2) che l'investimento era adeguato all'investitore secondo quanto da questo sottoscritto avuto riguardo ai Moduli Unici firmati nel 2008 e nel 2010.
3) che l'operazione di investimento risultava adeguata in rapporto all'Indicatore sintetico di rischio (ISR) il cui risultato si conciliava con il profilo dell'investitore avendo superato tutti i controlli previsti per la valutazione di adeguatezza.

Il collegio ACF affronta anzitutto la corretta tematica della profilatura del Cliente.

Sul punto sottolinea come non appaia agevole valutare il report di consulenza, ove si è effettuata una valutazione circa l'adeguatezza dell'investimento ma in assenza di elementi a supporto che offrano una chiave interpretativa.

In pratica, tenuto conto della documentazione prodotta dall'Intermediario non si darebbe conto della metodologia applicata.

Il Collegio rileva correttamente come manchino documenti che dimostrino proprio l'effettiva conoscenza del Cliente relativamente al prodotto finanziario.

A tal proposito mi sembra doveroso sottolineare che il concetto di minimo indispensabile, circa la documentazione da far sottoscrivere al Cliente, si scontra da tempo con l'effettiva capacità dello stesso di comprendere adeguatamente il rischio.

Una mezzaria che percorre troppo spesso la strada dell'induzione basata sulla persuasione dell'Intermediario che con rassicurazioni ad hoc riesce da un lato ad arginare i limiti imposti alla prudenza e dall'altro a indurre in tentazione quanto basta l'Investitore.

E non a caso l'ACF ha cura di precisare che “sugli intermediari grava anche un obbligo di profilatura dei prodotti, in quanto solo così operando risulta poi possibile valutare, in concreto, se e quale di essi risulti adeguato avendo riguardo, tra l'altro, al profilo di rischio di ciascun cliente”.


Le norme e la Giurisprudenza interessate.

Relativamente alla tipologia dell'investimento l'ACF riprende quanto già la Giurisprudenza ha più volte ribadito e cioè il fatto che oltre agli obblighi informativi gravanti sull'intermediario in via generale, è previsto uno specifico presidio a tutela degli investitori, consistente nella valutazione di adeguatezza del prodotto oggetto di consulenza avuto riguardo al profilo di rischio di ciascun Cliente. Per questo motivo l'Intermediario deve acquisire da quest'ultimo gli elementi conoscitivi (c.d. know your customer rule) individuati dalle norme secondarie (art. 39 Regolamento Intermediari).

Ed è proprio sulla profilatura del Cliente in seno all'obbligo di aggiornamento di questa che l'ACF si focalizza in modo interessante individuando un corpus di riferimento relativamente al “timing” con cui procedere (nel caso di specie l'ultimo aggiornamento era avvenuto 5 anni prima) che richiama:

1) L'art. 39 del Regolamento Intermediari.
2) Gli Orientamenti ESMA su alcuni aspetti dei requisisti di adeguatezza della direttiva Mifid del 2012, recepiti da Consob con comunicazione 25 ottobre 2012, al paragrafo V.VI “Aggiornamento delle informazione sui Clienti”
3) Le linee guida ABI, Par. 2.4.4 validate da Consob relativamente alla frequenza standard in funzione peraltro di elementi quali la classificazione della clientela, il profilo di rischio assegnato al Cliente, le specifiche informazioni, preventivamente individuate, raccolte dal Cliente.

A ulteriore riprova dell'importanza di tali procedure viene inoltre citata la sentenza della Suprema Corte di Cassazione 21711/2015, e della Corte d'Appello di Torino 18 Marzo 2010.

Tutto ciò comporta e si risolve nella necessità che vi sia (e si dia prova) una policy interna all'Intermediario sugli aggiornamenti relativi alla profilatura del Cliente.

L'assenza di aggiornamenti ha avuto quale conseguenza il fatto che l'Intermediario non abbia dimostrato di avere prioritariamente proceduto ad aggiornare le informazioni relative alla situazione patrimoniale e al profilo di rischio del ricorrente e solo e sulla base di tali informazioni aggiornate, abbia elaborato poi una proposta d'investimento coerente con tali risultanze, tenendo conto dei rischi sottesi al prodotto.


I contenuti della c.d. know your customer rule

Il collegio arbitrale ha pertanto focalizzato la sua attenzione su alcuni elementi che paiono inscindibili dal concetto stesso di know your customer.

Si tratta di una costruzione peraltro più volte sottolineata anche dal sottoscritto, in diversi scritti.

La formazione e il mantenimento della volontà in seno all'investitore è argomento complesso.

La prima consiste in un opera di approfondimento e valutazione del livello di conoscenza che lo stesso ha non solo dei più comuni elementi della finanza ma anche, se non in parte sopratutto, della propria indole di investitore.

La formazione corretta della quale, se l'Intermediario la sviluppasse a dovere creerebbe quel vincolo fiduciario tale per cui il Cliente, che addiviene al ruolo di investitore, potrebbe trovare nell'Intermediario il partner ad hoc per sviluppare e pianificare la propria vita privata in qualità di investitore.

Essere quindi investitore non può auto rappresentarsi come uno status bensì come una cognizione personale e intima del proprio Io, del Sè.

La cui semplice rappresentazione esteriore non è di per sé sufficiente al compimento di una corretta profilatura del Cliente limitandosi a raccontare convinzioni personali basate su opinabili fattori esterni e convincimenti a volte destituiti di fondamento, in pratica a fattori esterni che l'intermediario ha tutte le risorse per non sopravvalutare, operando con diligenza e buona fede.

Se il rapporto nasce in questo stadio dell'evoluzione della personalità del Cliente / investitore lo stesso dev'essere coltivato, implementato e sopratutto costantemente verificato.

Ci spostiamo quindi al più ampio spettro del “mantenimento” della profilatura il quale significa un costante aggiornamento. In ragione di fattori diversi, fra cui alcuni oggettivi cioè legati alla situazione finanziaria dei mercati e dell'economia più in generale e altri soggettivi che vengono cioè in considerazione per via della crescita fisiologica dell'investitore in quanto tale (anche per via dell'esperienza).

L'idea basica, percorsa dagli Intermediari che vi possa essere un documento alla base di tutto questo, un contratto cioè che, una volta spiegato e sottoscritto “metta al riparo” da tutto ciò che segue è un placebo inutile che già i Giudici della Cassazione hanno in più occasioni (e continuano regolarmente) “cestinato” (mi si passe questo termine dell'era 2.0).

Esattamente come l'ipotesi che sembra essere, per alcuni il futuro nell'ambito del fintech che si possa addivenire all'utilizzo di parametri di scala sempre incasellando il Cliente sulla base di informazioni la cui rilevanza è pari alla stessa vacuità in quanto il meccanismo di reperimento mette in discussione qualunque effettività.

Del resto, già i Regolamenti Consob hanno statuito che l'attività di investimento si sostanza in un arcipelago evolutivo di rapporti fiduciari che prevedono un più intenso corollario informativo e sopratutto applicativo.

Il regno dei venditori e dei piazzisti appartiene al passato.


Conclusioni e suggerimenti per un rapporto migliore e più responsabile tra Intermediario e Cliente nell'ottica di evitare le controversie.


Per realizzare una struttura che permetta di essere al sicuro da questo importante filone di pronunce che potrebbero costare molto agli Intermediari è necessario procedere con delle sessioni di aggiornamento collettivo e/o individuali, a mezzo delle quali si forma il Cliente, lo si mette cioè nelle condizioni di ottenere quella conoscenza che lo renda più vicino e più simile al “trader”. Poichè questa figura sviluppa una sua personalità negli investimenti.

Egli potrà quindi disporre di una serie di personali cognizioni che, se non in tutto, ma in parte determinante lo porranno nelle condizioni di scegliere con quell'autonomia che deriva dal post-valutativo in senso cioè che l'Intermediario non smetterà, tale è la sua natura, di proporre prodotti finanziari ma la scelta di questi diventerà effettivamente in capo al Cliente con ciò egli addivenendo “ogni volta” investitore. Perchè sarà lui a determinare l'eseguito.

Se non si percorre questa strada, che io rivendico di aver sostenuto già dal 2005 inevitabilmente gli Intermediari continueranno a subire condanne e sopratutto gli Investitori non riusciranno a perfezionare quelle opportunità di guadagno che dovrebbero rendere competitivo il settore.

Uno degli assunti più rilevanti, se per esempio volessimo attualizzare alcuni investimenti è stabilire quale rapporto vi sia tra il fair value come parametro irrinunciabile di investimenti in una start up o in una PMI in rapporto all'andamento di indici come l'ebitda e il p/e.

Un Investitore interessato a partecipare per esempio alla sottoscrizione di un ETF, di un Pir, o di qualsivoglia altra ipotesi nell'equity che cioè lo ponga nelle condizioni di scegliere tra un esposizione fra una PMI nel settore farmaceutico o una PMI nell'ambito delle nuove tecnologie (si pensi ad esempio al segmento della realtà aumentata o di quella virtuale) dovrà necessariamente sapere quali sono gli elementi basici che vincolano questi due importanti rapporti di investimento.

Elementi da cui discenderà anche la personale cognizione dell'alternativa. Nel senso che “io Intermediario” dovrò poter dimostrare che il Cliente ha scelto liberamente dopo che è stato informato a tal punto che, valutando il rischio ha scartato per esempio un prodotto come possono essere state nel 2016 le obbligazioni in valuta brasiliana emesse con la garanzia di Istituzioni finanziarie o altri prodotti finanziari che pur a disposizione rappresentano, stante l'esclusione, il reale indice dell'investitore di conoscenza dei mercati.

Per questo motivo ho sopracitato l'avvicinare il Cliente allo status di trader, perchè quest'ultimo perfeziona la sua scelta procedendo anche per esclusione.

Nelle difese degli Intermediari, già da molti anni non v'è traccia di alcuna particolare sofisticazione che permetta di identificare una valida condotta difensiva.

La sensazione è che gli uffici legali interni siano scarsamente preparati a far fronte a questa grande molte di richieste da parte del c.d. risparmio tradito.

Il trincerarsi ossessivamente dietro condotte omissive, ostruzioniste o il richiamo a Istruzioni che non hanno alcun valore legale (come noto), come pure l'assunzione di atteggiamenti dilatori, se non poco trasparenti, rappresentano all'opposto, ormai elementi di prova provata del caro vecchio “marcio in Danimarca”.

L'utilizzare poi la produzione di documentazione “minimo indispensabile” è persino controproducente. Pare che queste logiche della difesa siano pensate per una sproporzione favorevole al contraente forte ma che in un clima di parità delle armi poco possano competere contro Avvocati che peraltro hanno gli strumenti del diritto per confezionare azioni assolutamente di peso, sostanza e realisticamente persuasive.

Il più grande nemico degli Intermediari e degli Istituti di credito non è stato, negli anni 90 e nei primi del 2000 la ricerca del profitto come alcuni economisti hanno sottolineato bensì l'incapacità di cambiare, adeguarsi restando pedissequamente ancorati ad una ripetizione ossessiva delle stesse identiche prassi.

Gli stessi dipendenti sono stati sottoposti ad un automazione delle procedure interne che successivamente è diventata un mallo inossidabile per contrastare il cambiamento a tal punto che tale sistema scarsamente performante è stato ed è tutt'ora sotto accusa persino nei piani industriali di risanamento o di ristrutturazione.

Nella finanza vale un detto: chi non si adegua o si evolve o si estingue.

La Giurisprudenza Italiana e da ultimo l'Arbitro in Consob stanno mandando messaggi chiari e di tutta evidenza sul punto in diritto.

Ora spetta alla componente bancaria decidere che strada intraprendere.

* Avv. Marco Solferini
(Bologna – Roma)
Peo: [email protected]
Pec: [email protected]
 
 
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