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Le classiche tecniche di vendita nel mondo della finanza
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Articolo di Alessandro Pedone
4 novembre 2015 10:43
 
Ho avuto i miei primi contatti con il mondo della finanza a casa di una mia amica a San Francisco. Un giorno ricevette a casa il suo “financial planner”. Lo trattava come se fosse il Papa. “E’ una persona importante” – mi disse dopo – “è quello che gestisce tutto il mio patrimonio”. Quella frase mi rimase impressa nella mente per tanto tempo. Pensai: che bel lavoro aiutare gli altri a gestire bene il proprio patrimonio. Così aprii un conto presso un broker americano ed iniziai la mia avventura nel mondo della finanza.  Si tratta di più di vent’anni fa, avevo poco più di vent'anni.
Cinque anni dopo, decisi di cambiare lavoro.  Ero ancora molto giovane, ma avevo già una discreta esperienza lavorativa avendo fondato, appena diciottenne, una casa editrice che pubblicava riviste nazionali in tema di sviluppo software. Poi sono andato a lavorare in una grande casa editrice a Milano dove mi occupavo di organizzare conferenze ed eventi nel mondo dell’informatica. Ho organizzato conferenze per migliaia di persone ed anche alcune nelle quali è intervenuto di persona Bill Gates. Decisi,  però, che volevo cambiare settore e città.
L’informatica mi aveva stufato e Milano, ad un toscanaccio come il sottoscritto, metteva troppa tristezza. Dall’incontro con quel financial planner mi ero appassionato al tema della finanza e, dopo i primi approcci, avevo iniziato a mettere a frutto le mie conoscenze in tema di sviluppo software per realizzare programmi di trading automatico. Era la fine degli anni ’90 ed il trading automatico in Italia ancora non lo conosceva quasi nessuno, infatti lo facevo attraverso un broker statunitense.
Quando un mio conoscente mi propose di diventare “Financial Planner” e tornare in Toscana facendomi un “master” di formazione accettai entusiasticamente. Ero abbastanza giovane e potevo pensare di cambiare radicalmente settore.
Fin dalle prime “lezioni” del “master” mi resi conto che quello che mi avevano proposto come “Financial Planner” era in realtà un’attività di vendita di prodotti finanziari: sarei diventato un “Promotore Finanziario” (gli stessi che oggi si vogliono far chiamare “Consulenti Finanziari” e che ci riusciranno probabilmente l’anno prossimo). Mi sarei iscritto all’ente previdenziale degli agenti di commercio e avrei dovuto vendere prodotti dell’industria del risparmio gestito.
Decisi allora di vivere quell’esperienza per un breve periodo durante il quale avrei realizzato il mio obiettivo di diventare un vero financial planner portando il modello che avevo visto a San Francisco qui in Italia.
 
A distanza di quindici anni circa, è impressionante, per me, vedere come i vari trucchetti che utilizzavano per piazzare i prodotti finanziari allora, continuino ad essere applicati pedissequamente ed evidentemente con “buoni risultati”, dal loro punto di vista.
 
La prima cosa che volevano insegnarmi è che per vendere è importante parlare in prima di tutto dei presunti “vantaggi” del prodotto.
I prodotti vengono strutturati appositamente affinché vi sia qualcosa che, in quella fase storica, solletica maggiormente l’interesse dell’investitore.
Nei primi mesi di questo secolo, la cosa che interessava tutti era Internet. E così tutti i prodotti “alla moda” avevano il tema di internet. In altre fasi è stato il “capitale protetto e/o garantito”. In questa fase il tema che “vende” è la mitica “cedola”, visto che c’è una fame atavica di rendimento.
I prodotti vengono strutturati in modo da ingannare il consumatore.  Coloro che li devono vendere (allo sportello bancario o come agenti di commercio) sono formati per seguire la regola “prima di tutto dire i vantaggi” e sbandierano queste argomentazioni ingannevoli.
Nel concetto di “vantaggi”, per quanto riguarda i classici fondi d’investimento,  infilano i rendimenti passati. Come dovrebbe essere noto, i rendimenti passati non sono assolutamente indicativi dei rendimenti futuri. La balla che se un fondo ha fatto bene in passato, avrebbe migliori possibilità di fare bene in futuro è assolutamente priva di riscontri statistici.  Ma funziona, e si continua a raccontare.
Un venditore, avendo decine e decine di fondi vendibili,  avrà sempre una minoranza di fondi che vanno bene (statisticamente è necessario) ed una maggioranza di fondi che vanno male (statisticamente è sempre necessario per via dei costi che gravano sui fondi). Quando le cose vanno troppo male la società di gestione confonde un po’ le acque con fusioni e scissioni dei fondi e si va avanti. Per i venditori di fondi,  basta cercare di vendere quelli per cui si può far vedere gli andamenti migliori in passato. La vendita dei fondi, alla fine, si traduce in: questo ha fatto il “tot” % nei passati “x” anni. E, nella testa dell’investitore, rimane il numerino… “ha fatto il 5%! Wow!”. Che viene tradotto nella sua testa in… “è probabile che il prossimo anno farà lo stesso”.
 
La seconda regola è: dei rischi e dei costi si parla solo per “superare eventuali obiezioni. C’è tutta una letteratura su come “superare le obiezioni”… ma il concetto di base è che è bene non parlare di “cose negative” in fase di “convincimento”. Al limite se ne parla poco prima di “concludere”, si lascia la documentazione al momento della firma e si fa qualche accenno. Se il cliente sta decidendo, introdurre argomenti come costi e rischi è “sbagliato” (dal punto di vista della vendita) perché si confonde il cliente. Se è lui che chiede, allora si deve avere la risposta pronta, ma mai confondere il cliente dicendogli gli aspetti negativi. Quelli li dovrà scoprire, eventualmente, leggendo la documentazione.
Così, ancora oggi, sembra incredibile, ma la grandissima maggioranza delle persone che hanno sottoscritto e sottoscrive fondi comuni d’investimento continua a non sapere che ci sono le commissioni varie che gravano ogni anno sul denaro investito. Quando gliele fai vedere dai prospetti informativi, rimangono un po’ sbalorditi, come a dire: “è impossibile… non è possibile che una cosa del genere non mi sia stata detta quando ho firmato
 
La terza regola è: mettere delle scadenze. Se non si mette un po’ di pressione il cliente non deciderà mai. Per questo, sovente, le società di gestione del risparmio fanno prodotti che si possono sottoscrivere “solo” entro una data scadenza. Questo serve solo a mettere pressione. Una buona regola da seguire è quella di evitare a prescindere tutti i prodotti che hanno una data oltre il quale non si potrebbero più sottoscrivere. E quasi matematico che sia una fregatura.
 
Fin qui alcune delle cose che venivano dette esplicitamente in pubblico quando formavano i venditori (che poi chiamano con nomi più accattivanti, di solito in inglese, come “family banker”, “financial advisor”, ecc.).
Poi c’erano i comportamenti reali. Quelli che… “s’imparavano sul campo”.
E qui se ne vedevano di tutti i colori. Nei pochi mesi in cui sono stato promotore, nei primi del 2000, ho visto raccontare vere e proprie frottole alla gente.
Ho visto persone uscire dall’ufficio piangendo, perché si erano appena rese conto che le perdite subite erano tali da impedirgli, ad esempio, di comprare casa alla figlia che doveva sposare.
Nei molti anni in cui ho seguito le persone dall’osservatorio privilegiato di Aduc Investire Informati, ho visto tantissimi casi di venditori di prodotti finanziari che hanno raccontato vere e proprie frottole ai clienti.
 
L’ultimo caso mi è capitato la settimana passata, quando un conoscente mi ha chiesto un parere su delle proposte che gli avevano fatto in banca. Mi fa un elenco scritto di quello che gli avevano proposto fra i quali il seguente prodotto (di seguito un copia e incolla della sua email):
 
- Eurizon global multitrender; flessibile, il gestore decide se investire in azioni o obbligazioni;  dura 5 anni con capitale protetto e cedola garantita del 3% annuo lordo pari al 2.25 netto (entro il 29 ottobre)
 
Appena leggo questa “descrizione” mi rendo immediatamente conto che gli avevano raccontato una balla, ma vado a vedere i documenti del fondo e mi rendo conto che esiste un prodotto con quel nome la cui sottoscrizione scade il 30 di Ottobre. In passato prodotti praticamente identici sono stati fatti con tante altre scadenze e sicuramente in futuro continueranno a farne di identici.  Ovviamente non ha per niente una cedola garantita del 3% e non ha per niente un capitale protetto, è semplicemente un fondo flessibile che prevede la possibilità di distribuzioni periodiche.
 
Tutti gli altri prodotti proposti, sempre fondi, avevano nella descrizione i presunti “vantaggi” che il venditore di turno gli aveva messo nella mente.  Cose tipo “cedola dell’8%”, oppure “dal lancio 5,10%, da inizio anno Benchmark 22,44%, 5 anni 14.678%” e ancora: “3.70% netto annuo, 5% lordo” spacciato come rendimento “garantito” quando in realtà è un’approssimazione del rendimento dell’ultimo anno.
 
Insomma, tutte frottole più o meno grandi o informazioni fuorvianti, ma comunque assolutamente nessuna reale informazione utile a “fare scelte d’investimento consapevole” come imporrebbe – in teoria – la legge.
Sempre le solite, trite e ritrite, tecniche di vendita. Che funzionano, purtroppo.
Del resto investire è obbligatorio… sì, per le società di gestione.
 
 
 
 
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