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Non bisogna essere Draghi per capire come riformare il risparmio gestito
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Articolo di Paolo Sassetti
29 febbraio 2008 0:00
 
In contrapposizione con l'editoriale da titolo La crisi dei fondi comuni d'investimento pubblichiamo molto volentieri questa analisi di Paolo Sassetti, un analista indipendente che stimiamo molto e che ha una posizione piu' critica circa la politica del Governatore della Banca d'Italia. 

Sono ormai molti mesi che il Sole 24Ore si fa portavoce dell’insoddisfazione del Governatore Mario Draghi per i risultati nulli della sua azione di moral suasion in merito alla separazione della banche dalle societa' di gestione del risparmio da esse controllate.
La moral suasion fa' parte degli strumenti che l’Autorita' di Controllo ha il diritto/dovere di utilizzare, purche' non si riducano, come era sotto la gestione Fazio, a semplici “aggrottar di sopracciglia”, ma affondino le loro ragioni in motivazioni razionali chiaramente esplicitate. 
Tuttavia, l’azione della Banca d’Italia su questo tema finora non e' stata improntata al necessario pragmatismo politico. Nessuna moral suasion puo' avere successo se si scontra contro forti interessi oligopolistici contrari all’aperta competizione e, soprattutto, se ad essa non si puo' far seguito, ne’ logicamente, ne’ eticamente, ne’ in punto di diritto, con iniziative regolamentari. Anche se l’intervento “regolamentare” d’autorita', sia pure velatamente, periodicamente viene fatto trasparire tra le recondite opzioni finali a disposizione di Bankitalia. In realta', armi spuntate.
Non sarebbe ipotizzabile, ne’ avrebbe senso, infatti, di imporre dirigisticamente una separazione delle banche dalla rispettive sgr per via regolamentare solo in Italia, quando tutte le altre banche europee potrebbero conservare l’attuale regime di controllo. Se venisse fatta una simile sciocchezza non e' difficile immaginare una raffica di ricorsi in sede UE.
Buona parte della quinta pagina del quotidiano del 27 febbraio e' stata dedicata all’apertura di un tavolo di confronto tra Bankitalia, Consob, Ministero dell’Economia e societa' di gestione per affrontare il tema della crisi del risparmio gestito in Italia. 
È un peccato che non sia stata colta l’occasione per aprire il confronto anche con le associazioni dei risparmiatori e dei consumatori: e' come se il Codice della Strada venisse ridiscusso tra il Ministero dei Trasporti ed i produttori di automobili senza interpellare gli automobilisti ed i pedoni. Il rischio e' che scaturisca una visione parziale dei problemi e conseguenti soluzioni corporative.
Da parte delle societa' di gestione italiane c’e' stata da sempre l’abitudine auto-assolutoria di attribuire la principale (se non unica) causa della crisi del settore all’anomala tassazione dei fondi comuni di diritto italiano. C’e' da sperare che questa anomalia venga finalmente rimossa, anche per eliminare questo alibi dalla trite argomentazioni dei nostri fund manager. La crisi, infatti, riguarda non solo i fondi comuni di diritto italiano, ma anche le sicav lussemburghesi ed irlandesi riconducibili a soggetti italiani, ne’ queste paiono avere una particolare diffusione fuori dai nostri confini nazionali, a dimostrazione di come la crisi sia essenzialmente una crisi della complessiva qualita' dell’offerta che condiziona la competitivita' internazionale del risparmio gestito italiano.
Anche gli Etf sono soggetti ad una tassazione anomala e, persino “demenziale”, ma questo non ha impedito il progressivo diffondersi delle loro quote di mercato, nonostante l’ostracismo subito agli sportelli bancari. Questo dato non suggerisce nulla ai nostri gestori e banchieri? E perche' Assogestioni ribadisce senza sosta la necessita' di modificare l’anomala tassazione dei fondi comuni di diritto italiano e non mette altrettanto impegno e vigore nel richiedere la modifica dell’anomala tassazione degli Etf? Non sono anche gli Etf degli organismi di investimento collettivo?
Ma la quinta pagina del 24 Ore di ieri riportava anche una notizia interessante, sia pur molto sintetica:

“Le idee per introdurre nuovi stimoli competitivi non mancano. La Consob, ad esempio, ha recentemente suggerito, in uno studio, di adottare alcune modifiche normative tali da permettere di acquistare i fondi di investimento direttamente in Borsa, come accade per le azioni e le obbligazioni”

La notizia e' stata riportata dal quotidiano in maniera troppo sintetica per capire esattamente i contorni della proposta attribuita alla Consob. Difficilmente, pero', si sottintendeva un vero e reale processo di quotazione materiale dei fondi ma, con tutta probabilita', semplicemente una libera sottoscrivibilita' degli stessi tramite intermediari autorizzati.
La proposta, sia pure solo in abbozzo, merita di essere oggetto di commento anche perche', in sostanza, l’avevo avanzata io stesso cinque anni fa nella totale indifferenza degli operatori finanziari. 

Ve ne spiego la ratio. Riuscireste ad immaginare la situazione un cliente di Banca Intesa che, entrando in una filiale della sua banca, e chiedendo di comprare azioni di Unicredit, si sentisse rispondere: “Qui compriamo solo azioni di Banca Intesa. Per le azioni Unicredit si rivolga agli sportelli Unicredit”? No, ovviamente, sarebbe la negazione di un libero ed integrato mercato dei capitali. Tuttavia, questo e' quello che succede, di fatto, per i fondi comuni e le sicav e tale fenomeno e' il principale responsabile dell’assenza di stimoli competitivi, perche' le sgr bancarie sanno di poter contare un canale distributivo privilegiato e preferenziale, senza alcun riguardo per la qualita' dell’offerta. 

Nel mio pamphlet Perche' liberalizzare la gestione del risparmio (2003) (disponibile gratuitamente on line) suggerivo, tra i vari interventi di liberalizzazione del settore, anche 
“la restituzione al risparmiatore della sua piena sovranita' decisionale e liberta' di scelta sui prodotti finanziari attraverso la loro libera sottoscrivibilita' presso gli sportelli bancari”… 
…“[Tale intervento] intende favorire l’esercizio della sovranita' e della liberta' di scelta dei risparmiatori, conferendo loro la possibilita' di sottoscrivere qualunque fondo comune (purche' regolamentato e collocato sul territorio nazionale), presso qualsiasi banca, cosi' come oggi presso ogni banca si possono bonificare importi sui conti correnti di qualsiasi altra banca. Qualunque cliente di una banca dovrebbe poter sottoscrivere i fondi di qualsiasi Sgr senza particolari complicazioni burocratiche, detenendone le quote in custodia presso la sua banca di fiducia, se di suo gradimento. Oggi la tecnologia, grazie anche all’introduzione della firma digitale, consente di pervenire a questo obiettivo purche' vi sia la volonta' politica in tal senso. Attualmente le banche sfruttano il desiderio di molti risparmiatori di avere una gestione finanziaria semplificata e di conservare accentrato il loro patrimonio mobiliare, limitando la loro liberta' di scelta tra i prodotti finanziari disponibili e restringendo le loro alternative ai prodotti di casa, prescindendo dalle loro qualita' intrinseche. In altri termini, il mercato del risparmio gestito e' segmentato in aree bancarie di influenza tra le quali la mobilita' del risparmiatore e' ostacolata. Compito del legislatore e' quello di creare le condizioni per un grande mercato unico dei prodotti del risparmio gestito ove siano eliminati tutti gli impedimenti per l’esercizio di una libera scelta da parte dei risparmiatori. Come la number portability nella telefonia mobile stimolera' una maggiore concorrenza tariffaria tra societa' telefoniche perche' ridurra' i costi e gli inconvenienti del cambio di gestore, analogamente la libera accessibilita' a tutti i prodotti finanziari aumentera' la concorrenza tra societa' di gestione e favorira' la specializzazione tra gestori e distributori di prodotti finanziari ….”

Insomma, la ricetta non miracolistica ma realistica che proponevo cinque anni fa era quella di unamaggiore concorrenza tra societa' prodotto grazie ad un maggior potere di libera scelta da parte dei clienti delle banche. 
Ricordo che, quando il pamphlet fu terminato, chiesi ad un rappresentante (bancario) dell’Aiaf di scriverne una prefazione, ma egli declino' l’invito perche' giudico' le mie tesi erano troppo “radicali” ed in contrasto con l’approccio, che egli definiva “riformista”, dell’Associazione.
Cinque anni dopo, al capezzale del risparmio gestito, e' apparentemente la “radicale” (sic!) Consob ad accennare alla proposta piu' seria, in realta' l’unica possibile per dare una speranza di rinascita ad un settore mummificato dagli oligopoli bancari, dove, non proprio a caso, sono le due principali banche del Paese a registrare emorragie di riscatti superiori alle loro quote di mercato.
Speriamo che non trascorrano altri cinque anni per vedere attuata quella proposta. Pur di vederla attuata, sono disponibile anche a rinunciare alla sua paternita'. 
 
 
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