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La previdenza complementare: meglio pensarci prima...
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Articolo di Nicola Zanella
4 aprile 2008 0:00
 
Si riporta un colloquio tra Marco, che e' il consulente di investimento protagonista dei dialoghi pubblicati per Aduc e Anna, sua amica e cliente, che ha ventinove anni, commerciante e single.

- Anna. Ciao Marco. Ti trovo bene. Ho bisogno di un consiglio finanziario.
- Marco. Ciao Anna. Anche io ti trovo in forma. Dimmi che posso fare per te.
-Anna. Negli ultimi due mesi ho risparmiato circa 2mila euro e pensavo di investirli in qualche obbligazione ad alto rating, invece che tenerli nel conto corrente. Che ne pensi?
-Marco. Mi fa piacere Anna che tu ritenga insoddisfacente il rendimento che ti offre il tuo conto corrente tradizionale bancario, ma ho qualche appunto da fare alla tua pianificazione finanziaria. E' da un po' che vorrei parlartene. Va bene che tu investi i tuoi risparmi, quando ne hai e cerchi di investirli in strumenti finanziari efficienti, pero' non abbiamo ancora pensato a come regolarci per la decisione finanziaria piu' importante nella vita di un lavoratore, che prima o poi, anzi meglio prima che poi, dovrai anche tu prendere.
-Anna. E quale sarebbe?
-Marco. La pianificazione finanziaria a fini previdenziali.
-Anna. Non me ne parlare Marco. Non ne so proprio nulla!
-Anna. Male, Anna! Non va bene per niente cosi'. Te ne parlo perche' tu, a differenza di altri tuoi coetanei, puoi gia' contare su un tuo lavoro, che ti rende abbastanza e che quindi ti potrebbe permettere di pensare al tuo futuro. La maggior parte dei giovani oggi non puo' che permettersi di pensare solo al presente, purtroppo! Tu invece hai un buon reddito, ma hai delle spese elevate ogni mese, mi sembra. Secondo me, potresti cercare anche di risparmiare qualcosa in piu' ogni mese, se non fosse proprio per la pensione, almeno per facilitare l'acquisto di una casa. Non pensi?
-Anna. Hai ragione! Ma se devo dirti la verita', non ho ancora pensato come investire per la pensione. Lavoro solo da due anni, gia' devo pensarci?
-Marco. Io direi di si. Avrai sentito in questi anni tante volte parlare di previdenza integrativa. Se ne e' parlato tanto nei giornali e in tv. E' vero che la nuova riforma era per i lavoratori dipendenti del settore privato, pero' avresti dovuto riflettere anche tu su quali scelte finanziarie avresti dovuto affrontare prima o poi.
-Anna. Capisco Marco. Mi riassumi in dieci minuti i punti fondamentali della questione?
-Marco. Per i giovani della tua eta' e' molto importante risparmiare una buona quota del reddito e iniziare a pianificare il proprio futuro, a causa delle riforme pensionistiche che si sono avute in Italia dal 1993, prima con il decreto legislativo del governo Amato e poi nel 1995 con il passaggio al sistema contributivo da quello retributivo con la riforma Dini. Queste riforme porteranno, soprattutto per i giovani di oggi, una rilevante diminuzione del reddito disponibile all'eta' del pensionamento: il tasso di sostituzione, ossia la percentuale dell'ultimo stipendio coperta dalla pensione pubblica potra' arrivare anche al di sotto del 50%. Si parla infatti di scopertura pensionistica futura. Vi e' una sola soluzione: cominciare a risparmiare e accumulare ricchezza nel corso della vita lavorativa, per goderne i frutti nell'eta' della pensione. Tutto cio' per uniformare il consumo nel corso della vita adulta e non subire all'eta' del pensionamento un drastico abbassamento del tenore di vita.
-Anna. Ma quanto dovrei risparmiare?
-Marco. Adesso devo ancora spiegarti bene come funziona la nuova previdenza complementare e gli strumenti finanziari che puoi usare per crearti la tua pensione di scorta, ma cosi' approssimativamente posso dirti che non sarebbe da disdegnare un tasso di risparmio che va dal 15% al 30%. Riferito ovviamente al reddito netto disponibile. Dopo e' chiaro che tutto dipende dallo strumento finanziario che si sceglie e dal rendimento che ci si puo' aspettare date le sua caratteristiche, ma un tasso di risparmio simile puo' essere ritenuto un'indicazione valida. Tanto piu' che sono difficili da prevedere anche le riforme future che potranno riguardare, ad esempio, il sistema pensionistico e quello fiscale, per cui non e' possibile conoscere cio' che succedera' da qui a trentacinque anni, dunque stimare oggi la proprio pensione basandosi sulle norme vigenti che potranno pero' modificarsi nel corso degli anni ha poco valore. Conviene forse prepararsi al peggio e la soluzione migliore e' quella di cercare di risparmiare una buona parte del reddito netto disponibile: una quota compresa tra il 15% e il 30%, sia per i lavoratori come te che non dovessero usufruire di una liquidazione, sia per coloro che possono contare sul Tfr, dovrebbe permettere in media di coprire lo scompenso della pensione pubblica, se si investe in strumenti in grado di offrire rendimenti reali certi. Ricordati che se durante la vita lavorativa si risparmia, ad esempio, il 15% del reddito disponibile, all'eta' del ritiro, la pensione complementare dovra' fare in modo che si raggiunga il livello di copertura dell'ultimo stipendio pari all'85% e non al 100%. Ovviamente i lavoratori dipendenti che godono della liquidazione, pari a circa il sette per cento della retribuzione lorda, dovranno risparmiare una quota del reddito disponibile ottenuta dalla differenza tra il loro obiettivo di risparmio, compreso direi tra il 15% e il 30% e quanto coperto dal Tfr. Mi spiego Anna?
-Anna. Ma tutto questo perche' in futuro l'assegno pensionistico sara' cosi' basso?
-Marco. Come ti ho detto, dire cosa succedera' tra trentacinque anni e' impossibile, forse le cose si risolveranno per il meglio, ma in condizioni di incertezza la soluzione tipica e' utilizzare il principio di massima precauzione. Con l'entrata in vigore della riforma della previdenza, chi ha iniziato a lavorare dopo il 31 dicembre 1995, avra' la pensione interamente calcolata tramite il criterio contributivo e la pensione futura potra' essere anche meno della meta' dell'ultimo stipendio. Il sistema retributivo vale ancora per chi ha iniziato a lavorare prima del 1995, infatti chi aveva a quella data almeno 18 anni di contributi, potra' beneficiare interamente del metodo retributivo, mentre chi aveva meno di 18 anni di versamenti avra' un criterio misto, ossia fino al 1995 si applica il sistema retributivo, mentre per gli anni successivi, il metodo contributivo.
-Anna. Quale e' la differenza?
- Marco. A differenza del precedente sistema di calcolo della pensione, la rendita pensionistica a cui tu avrai diritto dipendera' da quanto versato durante il periodo lavorativo e non in base alla media degli stipendi ricevuti nell'ultimo periodo professionale. In tal modo coloro che avranno una buona carriera potranno essere penalizzati al momento di ricevere la pensione pubblica e i ragazzi che iniziano a lavorare con contratti a tempo, i cui contributi sono bassi, dovranno necessariamente risparmiare una buona percentuale del loro gia' magro stipendio, se vorranno godere di una pensiona dignitosa.
-Anna. Ma la pensione pubblica come la si calcola?
-Marco. Nel caso dei lavoratori dipendenti l'aliquota contributiva e' pari circa al 33% dello stipendio, di cui il 24% viene dato dall'azienda e il restante dal lavoratore. Per i commercianti come te l'aliquota e' di circa il 20%. I contributi versati sono rivalutati secondo la media degli ultimi cinque anni del Pil nominale e sono dunque al riparo dall'inflazione e all'eta' del pensionamento costituiranno il montante, a cui si applichera' un coefficiente di trasformazione tale da ottenere una rendita vitalizia indicizzata all'inflazione e reversibile al coniuge o ai discendenti, che diventa maggiore al crescere dell'eta'.
-Anna. Mi puoi fare un esempio?
-Marco. All'eta' di 60 anni l'aliquota, che e' rivista ogni dieci anni, e' pari al 5,163%, mentre a 65 e' del 6,136% del montante. E' probabile che in futuro tali coefficienti dovranno essere abbassati ulteriormente, di circa il 15%, dato che la vita media si e' allungata e dunque i pensionati si attendono di ricevere la pensione per un numero maggiore di anni rispetto al passato: nel 1995 si stimava una vita pensionistica attesa di circa 16 anni, oggi tale valore e' pari a poco piu' di 19 anni.
-Anna. In che cosa consiste la nuova riforma della pensione integrativa?
-Marco. Con la riforma varata dal Governo il 24 novembre 2005, che ha avuto decorrenza pero' dal primo gennaio 2007, si è cercato di spingere i lavoratori delle aziende private a destinare il Tfr o trattamento di fine rapporto, pari al 6,91% del reddito lordo, alla previdenza integrativa, per far decollare quel secondo pilastro che in Italia non ha ancora avuto successo. D'altronde per i lavoratori dipendenti assunti dopo il 28 Aprile 1993 che avessero espresso la volonta' di partecipare ad un fondo pensione, era gia' previsto che tutta la liquidazione venisse versata nelle casse previdenziali. Questa decisione e' stata presa evidentemente a causa del sistema contributivo cui saranno soggetti i lavoratori nel futuro, che rendera' la pensione pubblica meno ricca di quanto prevedeva il criterio precedente e anche per rendere definitivo il passaggio al nuovo sistema di calcolo delle pensioni. Pensa che vi sono stime che indicano che per una lavoratrice autonoma come te con trentacinque anni di contributi, la pensione futura potrebbe essere pari al 25% dell'ultima retribuzione. Capisci l'enormita' del problema?
-Anna. Sono senza parole!
-Marco. Lo so Anna. Il problema e' che oggi in Italia si risparmia, meglio, si puo' risparmiare molto meno che in passato. Negli anni sessanta e settanta del secolo scorso il saggio di risparmio delle famiglie era elevato, essendo di circa il 20% ed e' sceso gradualmente fino a raggiungere un valore inferiore al 10% nei primi anni del nuovo secolo. Gli Usa addirittura negli anni scorsi hanno avuto un tasso di risparmio negativo, a causa della facilita' di indebitamento a cui le famiglie e i privati hanno accesso nel loro paese. Il calo del risparmio in Italia dagli anni sessanta e' stato dovuto probabilmente all'aumento dei contributi versati dai privati al settore pubblico, che quindi hanno deciso di risparmiare di meno. Ora con il passaggio al sistema contributivo e la consapevolezza delle minore risorse pubbliche su cui far affidamento in futuro, e' auspicabile che le decisioni di consumo e di risparmio portino ad un tasso di risparmio a due cifre. Il fatto e' che oggi in Italia il risparmio e' diventato un vero lusso! E' un bel problema!
-Anna. Hai proprio ragione Marco. Meglio che cominci a spendere un po' meno!
-Marco. Si e' cosi'. Purtroppo gli italiani, ma in generale, i lavoratori conoscono poco e in modo approssimativo tutto cio' che riguarda la loro pensione. Ricerche internazionali lo hanno dimostrato. Il lavoratore nel diventare risparmiatore di lungo periodo affronta notevoli distorsioni comportamentali. Io vorrei farti capire quanto e' importante iniziare a pensare al tuo futuro, perche' non si e' certi che le azioni potranno rendere cosi' bene come hanno fatto in alcuni paesi in passato e perche' la pianificazione finanziaria, legata all'educazione finanziaria di una persona, sembra in grado di migliorare la posizione finanziaria dei risparmiatori. Infatti, da alcune ricerche accademiche sembra che chi e' piu' propenso a pianificare il proprio futuro finanziario e ad affrontarlo con la giusta preparazione, finisca per avere una ricchezza finanziaria maggiore di chi non lo fa. E' fondamentale che i lavoratori italiani si rendano conto di come l'erogazione della pensione pubblica non sara' piu' sufficiente a garantire uno standard di vita pari a quello tipico dell'eta' lavorativa. Anche in Italia sembra che vi sia una mancanza di informazione da parte dei lavoratori, dato che, ad esempio, il 50% di essi ancora oggi non sa che il Tfr lasciato in azienda viene rivalutato con un tasso garantito stabilito dalla legge.
-Anna. Io non ho il Tfr, ma di fatto come funziona?
-Marco. Il Tfr si rivaluta secondo un rendimento garantito, essendo pari al 75% dell'inflazione piu' uno spread dell'1,5%: il suo funzionamento ricorda dunque quello delle obbligazioni indicizzate all'inflazione. E' un ottimo strumento in grado di offrire rendimenti reali positivi, gli unici che un investitore dovrebbe ricercare, e di coprire l'inflazione del paese in cui si vive fino a quando essa non superi il livello del 6%: se ad esempio il costo della vita e' pari al 2%, il Tfr si rivaluta dell'1% reale. La liquidazione viene incassata interamente sotto forma di capitale, mentre se lo si destinasse in futuro alla previdenza integrativa, all'eta' del pensionamento si potra' ricevere sola la meta' del capitale, mentre la restante verra' distribuita sotto forma di rendita vitalizia. In passato il fatto che non fosse conveniente chiedere all'eta' del pensionamento non piu' del terzo del capitale accumulato, a causa di una doppia tassazione, ha fatto probabilmente scegliere molti lavoratori di non aderire alle varie proposte di previdenza complementare, poiche' la liquidazione del trattamento di fine rapporto in un'unica tranche era ben vista, ed ancora lo e', dai lavoratori che su esso contano per soddisfare alcuni desideri che in eta' lavorativa non hanno potuto realizzare. I lavoratori potranno chiedere in qualsiasi momento a seguito di gravissimi motivi di salute, anche per moglie e figli, il 70% del Tfr. Molti lavoratori dipendenti si preoccupano di un eventuale fallimento del proprio datore di lavoro, ma devono stare tranquilli, in quanto si potra' ricevere comunque la liquidazione dal fondo di garanzia istituito dall'Inps.
-Anna. Quali sono gli altri strumenti di previdenza complementare che potrei utilizzare anche io, data la mia professione?
-Marco. Ci sono i fondi pensione e i Pip.
-Anna. Mi puoi spiegare cosa sono?
-Marco. I fondi pensione sono ad adesione volontaria, si dividono in aperti o chiusi (negoziali) e raccolgono il risparmio dei lavoratori, per investirlo nel tempo, per poi ridistribuirlo all'eta' del pensionamento, sotto di forma di capitale (massimo 50% del montante) o di rendita vitalizia, anche reversibile. I fondi possono essere a contribuzione definita e sono la maggior parte, caratterizzati da versamenti predefiniti e prestazione finale non conoscibile prima dell'eta' della pensione, di vecchiaia o di anzianita', poiche' dipende dalla gestione del fondo stesso e fondi a prestazione definita, in cui cio' che si ricevera' e' definito, cosicche' i contributi devono essere variabili, per adeguarsi ai rendimenti che si ottengono dall'investimento.
-Anna. Che differenza c'e' tra i fondi pensione chiusi e quelli aperti?
-Marco. Ai fondi aperti possono aderire coloro che non hanno i requisiti per partecipare ad un fondo chiuso, dedicato invece a lavoratori di una determinata categoria, dipendenti di una stessa impresa, lavoratori autonomi e liberi professionisti raggruppati per categorie professionali, soci lavoratori di cooperative di produzione e lavoro e coloro che svolgono lavori non retribuiti in ambito familiare.
- Anna. E dal punto di vista degli investimenti, che differenze esistono?
-Marco. I fondi pensione chiusi sono generalmente monocomporto, infatti solo alcuni prevedono differenti linee di gestione, suddivise in monetaria, prudente, bilanciata e dinamica, mentre gli aperti permettono ai lavoratori di scegliere tra piu' opportunita', infatti vi sono i fondi monetari, obbligazionari, bilanciati obbligazionari, bilanciati, bilanciati azionari, azionari e flessibili. I fondi negoziali sono piu' prudenti e difensivi nelle loro scelte di investimento e presentano nel corso degli anni rendimenti meno variabili rispetto a quelli dei fondi aperti, perche' la maggior parte dei loro patrimoni e' investita in titoli di stato, tra cui le obbligazioni indicizzate all'inflazione, soprattutto trentennali.
-Anna. Hanno gli stessi costi?
-Marco. In media, i costi dei fondi pensione aperti, che comprendono quote una tantum di iscrizione, commissioni annuali di gestione, spese annue di amministrazione e costi per eventuali switch o trasferimenti della posizione, sono quasi doppi rispetto a quelli chiusi, i quali sono associazioni senza fini di lucro e in cui l'incidenza media dei costi sul patrimonio finale e' di circa lo 0,5% l'anno, fatto questo da non trascurare quando si investe per cosi' tanti anni e in funzione previdenziale. Dato che i rendimenti passati dei fondi non possono dirci nulla del futuro, i costi rappresentano un'importante voce per la scelta dei vari fondi pensione, che possono anche variare nel tempo, ma sono sempre certi. Dunque se un lavoratore potesse scegliere tra i fondi aperti e quelli chiusi, dovrebbe indirizzarsi certamente verso questi ultimi, a causa dei minori costi di accesso e gestione. La riforma attuale prevede la deducibilita' dei contributi dal reddito soggetto all'Ire (ex Irpef) fino ad un massimo di 5.164,57 euro, il rendimento annuale dei fondi e' tassato con una aliquota dell'11% e la rivalutazione annua della rendita finale subisce una ritenuta del 12,5%.
-Anna. Come funzione nello specifico la tassazione delle rendite?
- Marco. Per quanto riguarda la tassazione delle prestazioni, sara' imponibile solo la quota al netto delle somme gia' tassate, sulla quale verra' applicata un'aliquota del 15%, che potra' diminuire di 0,3% per ogni anno di iscrizione oltre il quindicesimo: in tal modo l'aliquota puo' essere pari al 9%, con una diminuzione del 6%. Il trattamento di fine rapporto e' soggetto invece ad una aliquota che e' pari alla media degli ultimi cinque anni, che nella maggior parte dei casi varia dal 25% al 30%.
-Anna. Cosa sono i Pip?
- Marco. I piani di investimento previdenziali (Pip) o forme integrative previdenziali (Fip) sono polizze pensionistiche a cui un lavoratore puo' aderire individualmente in vista dell'integrazione della pensione pubblica. Sono di fatto molto simili ai fondi pensione aperti, prevedendo formule di versamento dei premi forse piu' flessibili, ma l'elenco dei pregi e' limitato: si tratta infatti di strumenti con elevati costi di ingresso, poiche' la maggior parte delle polizze prevede forti caricamenti sul primo versamento, che diminuiscono col passare degli anni e che incidono sui risultati finali, oltre che di gestione, tanto che per i prodotti che investono in fondi, si devono sostenere doppie commissioni, per la polizza e quelle applicate al fondo. Sul mercato si trovano prodotti rivalutabili, nei quali i versamenti confluiscono su un fondo generalmente con consolidamento dei risultati e polizze pensionistiche unit linked che investono in quote di fondi comuni e prodotti misti. Il montante finale puo' essere richiesto solo al compimento dell'eta' pensionabile e il 50% di esso verra' riconosciuto sotto forma di rendita. Nonostante godano dei medesimi benefici fiscali dei fondi pensione, io non me la sento di consigliarteli, perche' non avresti alcuna convenienza a sottoscrivere prodotti cosi' inefficienti, fino ad ora almeno, costosi e con garanzie spesso irrisorie, come per il caso di premorienza e poco trasparenti. Bisogna riconoscere che in questo periodo i costi sono effettivamente diminuiti, ma non a sufficienza per renderli un valido strumento pensionistico. Attualmente tali polizze hanno indicatori sintetici di costo pari a circa il 3% per periodi decennali e di circa il 2% su periodi di trentacinque anni. Inoltre chi volesse uscire da un Pip nei primi anni verrebbe molto penalizzato dai caricamenti iniziali.
-Anna. Sono strumenti ancora costosi allora.
-Marco. Confrontando il montante finale di un investimento senza costi con il montante finale di un Pip, cioe' di un investimento al netto dei costi, risulta che circa il 50% della somma che si puo' guadagnare, viene erosa dagli alti costi. Il risparmio fiscale, cioe' la deduzione dei premi dall'imponibile, puo' essere dunque decurtato dagli eccessivi costi che questi prodotti presentano, senza tralasciare il fatto che il rendimento finanziario spesso e' inferiore a investimenti diretti nei titoli che i piani individuali acquistano, minore ai ritorni cioe' di semplici obbligazioni di stato.
-Anna. Quale e' la tua classifica tra i vari strumenti pensionistici?
-Marco. In definitiva, considerando i costi attuali dei fondi pensione chiusi, aperti e delle polizze pensionistiche individuali, si puo' concludere che il montante finale maggiore, a parita' di versamenti e ritorni, e' fornito dai fondi chiusi, poiche' presentano i minori costi, seguiti da quelli aperti e infine dai Pip, con differenze notevoli rispetto ai fondi negoziali. Dunque per ottenere lo stesso montante finale dei fondi chiusi, chi sceglie i fondi aperti e le polizze pensionistiche, deve mettere in preventivo versamenti per un numero maggiore di anni rispetto ai chiusi o sperare di ottenere rendimenti superiori a quelli offerti dai fondi negoziali. Appare chiaro come agli attuali costi medi dei diversi prodotti previdenziali, siano da preferire i fondi chiusi.
-Anna. Ho capito Marco. Mi hai fatto prendere coscienza di un problema che non avevo ancora preso in considerazione. Adesso ci penso e mi informo meglio anche io. Poi piu' avanti ci troviamo e decidiamo un po' come iniziare questa pianificazione. Ok?
-Marco. Va bene Anna, ma non lasciar passare troppo tempo. E ricordati, se puoi, di risparmiare qualcosina in piu' di quanto tu non faccia ora. Ciao.
-Anna. Ci provero'! Buona giornata.
 
 
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