COMMENTI
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6 gennaio 2016 10:20 - marioaldo
Solo per fare presente che tanti prestiti concessi dalle banche erano in usura e quindi tutti, banca ,azionisti e stato hanno beneficiato di questi reati o nella distribuzione dei redditi o dome imposte incassate. Diverso il caso di chi è stato "costretto dai direttori " a comperare le azioni della banca come investimento sicuro !!! TRUFFA. Siamo in presenza di Truffa, Usura, Estorsione altro che intermediari del credito !!!!
6 gennaio 2016 4:28 - danilo2072
Se il negozio fosse gestito da un pirata sarebbe fallito ma NESSUNO avrebbe rimborsato ...
30 dicembre 2015 18:56 - savpg8801
Vigilanza Banca d'Italia, vigilanza Consob, ora nuova entry Credem in BCE control:
questa notizia cosa significa realmente alla luce degli ultimi fatti bancari'?
"MILANO (Reuters) - Dal 1 gennaio Credem sarà inclusa nella lista delle banche oggetto della vigilanza diretta e unica della Banca centrale europea.

Lo annuncia una nota della banca.

La lista comprende, per l'Italia: Unicredit, Intesa Sanpaolo, Mps, Ubi Banca, Banco Popolare, Mediobanca, Pop Milano, Pop Emilia, Banca Carige, Pop Sondrio, Veneto Banca, Pop Vicenza e Iccrea."
Questa lista, anche se per volumi e importanza di alcuni istituti è grossa, ma mi appare molto piccola rispetto al numero dei probabili.
Queste "vigilanze" al fine di evitare effetti negativi sui risparmiatori dovrebbero non solo mirare le loro indagini sui comportamenti delle banche stesse, ma focalizzarsi maggiormente sulle direttive sbagliate europee circa il bail-in.
28 dicembre 2015 12:28 - federico6198
oncordo con quanto detto da savpg8801 questa volta siamo im piena sintonia !
28 dicembre 2015 11:35 - savpg8801
Interessante il "relata-refero" tema sofferenze bancarie.Detti crediti, esigibili o non sono sempre stati la bestia nera delle banche.
A prescindere dalle iscrizioni in bilancio o dalle denuncie fatte alle autorità preposte per legge su questo tema, si cerca di dar credito alle dichiarazioni fatte dal nostro governo e dalle autorità monetarie. Cioè che il sistema bancario è solido e, allorchè agli inizi dell'ultima "crisi" innescata verosimilmente da L.B. si disse altrettanto, sicuro.
Quanto fin'ora sentito da più parti è che c'è una marcata contraddizione.
I calcoli degli apparati di ricerca, analisi e divulgazione danno quasi per intero il sistema spacciato. I responsabili pubblici dicono il contrario. Come va la faccenda, a parte le fiducie internazionali?
I servizi fidi delle banche lavorano sempre sotto stress: concedere o non concedere?
L'opinione pubblica non conosce nulla di tutto ciò e accusa le banche di essere tirchie, di non usare almeno i soldi che la BCE ha e metterà loro a disposizione per fare prestiti.
Le banche parlano poco di questo. Manca una seria informazione del perchè le istituzioni creditizie non concedono facilmente i crediti.
Lo vorrebbero in quanto è il loro ,dettato statutario ed istituzionale, ma non possono.
Allora il marcio non sta nella ristrettezza concessoria delle banche, non sta nella BCE, non sta nelle autorità che non vigilerebbero o, se lo fanno, non possono farci niente, non sta nei governi che non dicono la verità introducendo sul popolo un concetto di sanità delle banche e il dubbio delle mancate concessioni di credito.
Il grande guaio è che la gente vuole i soldi ma spesso decide di non restituirli in capitale e interessi. Anche un credito ipotecario può non essere sufficiente come garanzia perchè, pur considerando i notevoli scarti, anche le vendite all'asta del bene a garanzia, non produrrebbero il totale del prestato.
Tornando al discorso delle obbligazioni subordinate che sono state piazzate allegramente perchè non è vietato farlo, si è contato, da parte delle banche, di farlo per sopperire a possibili mancanze di capitale mettendo questi obbligazionisti allo stesso livello(spesso inconsapevolmente) di soci d'impresa a responsabilità illimitata.
28 dicembre 2015 0:45 - federico6198
Dobbiamo preoccuparci ? :
Il fatto quotidiano :
ILTERREMOTO Bruxelles ha imposto la svalutazione dei crediti al 17%: se fosse estesa a tuttii gruppi molti fallirebbero all’istante, visto che le sofferenze ammontano a 200 miliardi Effetto Etruria, una bomba da 50 miliardi per le banche.
GIORGIO MELETTI
Il brutto di questa storia è che, comunque la si giri, è un pasticcio dalle conseguenze
difficilmente calcolabili. Dietro la strana guerra tra Roma e Bruxelles sul salvataggio
delle quattro banche malate (Marche, Etruria, Ferrara
e Chieti) - combattuta a colpi di retroscena, veline copiaincollate da giornali conforte senso delle istituzioni e rivelazione di lettere segrete -si nasconde la tragica verità di
una cifra: 50 miliardi di euro.Vale tanto la bomba innescata alla base del sistema bancario italiano dall’operazione varata da governo e Banca d’Italia il 22 novembre scorso. “Sappiamo che svalutare 8,5 miliardi di sofferenze al 17% del loro valore è stata una scelta di Bruxelles”, ha detto Roberto Bertola non appena ricevuta la nomina ad amministratore delegato della Nuova Banca Etruria. La questione è tutta qui. C’è una semplice domanda a cui la Banca d’Italia si rifiuta di rispondere:chi ha deciso la svalutazione al 17,6 per cento dei crediti in sofferenza? E sulla base di quali criteri? L’unica risposta ufficiale disponibile è quella di Bertola: Bruxelles ha imposto la purga, il governatore Ignazio Visco e il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ci hanno messo la faccia e la firma. Le conseguenze sono molto preoccupanti per il sistema. Il sistema bancario italiano è carico di 200 miliardi di sofferenze, prestiti erogati a imprese e famiglie che faticano a tornare indietro. Lavalutazione al 17 per cento imposta da Bruxelles significa che per ogni 100 euro prestati si prevede di recuperarne 17. Nell’ultimo rapporto dell’Abi(Associazione bancaria italiana) si legge che a luglio 2015 le sofferenze lorde erano per l’esattezza 197 miliardi, e quelle nette (cioè misurate con la previsione di recupero) erano 84,8 miliardi. Il sistema valuta le sue sofferenze al 43 per cento. Se si applicasse il parametro di Bruxelles, cioè
che le banche italiane possono sperare di recuperare 17,6 euro ogni 100 di crediti in sofferenza, gli 84,8 miliardi diventerebbero 34,7: cioè 50,1miliardi in meno.
QUI VIENE IL DIFFICILE: se una banca pensa di poter recuperare solo 43 euro da un credito di 100, deve accantonare 57 euro a fronte della prevedibile perdita. Ma se a Bruxelles pensano che di quei 197 miliardi di sofferenza le banche italiane ne recupereranno 34 anziché 84, ne consegue che le banche italiane dovrebbero accantonare di colpo altri 50 miliardi.

Questione di numeri In media tutti gli istituti valutano al 43% i prestiti difficili da recuperare.

L’accantonamento abbatte il patrimonio, e infatti per le quattro banche “sa l v a t e” ha provocato l’azzeramento delle azioni e delle obbligazioni subordinate. Si tenga presente che le banche italiane, come patrimonio, sono quelle di gran lunga più deboli in Europa. E se, per ipotesi teorica, rettificassero al 17,6 per cento il valore delle sofferenze, alcune fallirebbero all’istante, le altre- con l’unica eccezione di Intesa
Sanpaolo – dovrebbero dotarsi di nuovo capitale. Per esempio potrebbero emettere
delle obbligazioni subordinate, e basta questa ipotesi a chiarire in quale guaio sono finiti il governo e Bankitalia.
NESSUNO naturalmente è obbligato a svalutare le proprie sofferenze sulla base del precedente del 22 novembre. Si potrà sostenere che le sofferenze delle quattro banche erano più marce. Qui si entra nell’opinabile e a dettare legge sarà l’umore dei mercati. Se il sentimento prevalente dovesse uniformarsi a quello delle autorità europee sarebbero dolori. Da almeno un anno il progetto di Padoan e Visco di fare una bad bank pubblica da 100 miliardi, cioè di fare in grande ciò che si è fatto per le
quattro banche del 22 novembre, è arenato sul valore da dare alle sofferenze: l’Italia vuole tenere il valore di bilancio, cioè il 43 per cento medio, Bruxelles replica che ritiene quelle sofferenze sopravvalutate e le banche italiane più malate di
quanto appaia. Quindi, se non si va sotto il 20 per cento, è un
aiuto di Stato, vietato. Come si vede, sempre lì sicasca. Il problema di Padoan e Visco è che non possono nemmeno ammettere che Banca Marche e Banca Etruria hanno
in pancia crediti più marci del sistema. Banca Etruria ha venduto - solo cinque giorni
prima di essere “salvata” – un pacchetto di sofferenze da 302 milioni al prezzo del 40 per cento a uno specialista come Credito Fondiario. A Jesi i commissari messi da Bank italia hanno certificato fino all’ultimo che i 3,5 miliardi di sofferenza di Banca Marche
valevano esattamente il 43 per cento, in media col sistema.
SBUGIARDARLI non sarebbe facile. Proprio gli ispettori della Banca d’Italia, due anni fa, sono andati alla procura della Repubblica di Arezzo a spiegare al pm Roberto Rossi che i vertici di Banca Etruria avevano commesso due reati (falso in bilancio e ostacolo alla vigilanza) calcolando in modo ottimistico il peso delle sofferenze sui conti della banca. Adesso ci mancherebbe solo che Visco mandasse qualcuno dei suoi a spiegare alla procura di Ancona che i commissari scelti da lui per Banca Marche stimavano
al 43 per cento sofferenze che valevano il 17. Sembra quasi una farsa, ma per l’economia italiana rischia di essere una tragedia.

Sfiducia Gli istituti sono incentivati a nascondere i veri rischi per distribuire più utili .
Il commento Di Vincenzo Imperatore il Fatto Quotidiano :
finora sono di fatto fallite quattro banche (Banca Marche, Etruria, CariFe e CariChieti) che valgono solo l’1 per cento del sistema creditizio italiano. Ma anche bilanci delle banche che sembrano “sane” possono essere “non veritieri”, se esprimono utili (o minori perdite) che sembrano non tener conto degli effettivi rischi. È molto probabile che nei bilanci delle banche i "crediti deteriorati" (quelli di dubbio o lungo recupero) effettivi non siano quelli iscritti in bilancio. Nonostante le regole dell’accordo interbancario di Basilea sul capitale delle banche che fissa i requisiti patrimoniali
minimi delle banche, il cosiddetto “patrimonio di vigilanza”, per poter “fare banca”
e cioè erogare credito sulla base dei risparmi depositati. Le banche devono definire
criteri di misurazione per fornire, p e r c i a s c u n cliente prenditore di danaro,
la “perdita attesa” (presunta) da quella relazione. La conseguenza è
imporre alle banche nel proprio bilancio degli accantonamenti “prudenziali” a fondo rischi su crediti delle varie “perdite attese”, con relativa diminuzione
degli utili per gli azionisti. Occorre quindi accantonare quote di capitale proporzionate
al rischio assunto che viene valutato attraverso il rating. Ciascuna azienda affidata
o affidante, dal 2007 deve essere sottoposta a un “esame” su una scala di 12 valutazioni che stabilisce se la banca rischia (da 6 a 12 azienda bocciata) o meno (da 1 a 5 azienda promossa) nel concedere i soldi a quella azienda. Il rating avrebbe dovuto offrire alle banche una visione complessiva del portafoglio impieghi estremamente dettagliata e la possibilità di monitorare costantemente il relativo rischio. Ma l’accordo di Basilea e i relativi modelli predittivi evidenziano
oggi una consapevole, ipocrita e ambigua incapacità di cogliere i “veri” profili
di rischio delle piccole imprese che scontano quindi una discriminazione dimensionale
(rispetto alle medie e grandi imprese) per effetto di una falsa obiettività delle valutazioni che si basano appunto su criteri che si utilizzavano fino al 2008, in un altro contesto storico ed economico, distante ormai anni luce.
Oggi quei criteri non possono rimanere gli stessi, ma si conservano perché solo così le
banche giustificano la chiusura della leva del credito e tentano di salvaguardare i loro
bilanci. In un report della Banca d’Italia sui prestiti deteriorati a luglio 2013 si legge
che “i gruppi bancari maggiori sono sottoposti a controlli continui attraverso un turnover di ispezioni mirate (…) per ciascun gruppo bancario l’analisi si è concentrata su portafogli omogenei in termini di tipologia di credito deteriorato
(sofferenze, incagli e ristrutturati),garanzie e settoredi attività del debitore. L’analisi ha consentito di identificare 20 gruppi bancari grandi e medi il cui tasso di copertura
era inferiore alla media o aveva registrato diminuzioni significative”. L’analisi è condotta su un campione di crediti già deteriorati. Ma se invece le ispezioni le facessimo sui crediti ancora “in bonis” (sui quali gli accantonamenti da fare sono inferiori a quelliprevisti per i “deteriorati”)? Un’indagine effettuata dal mio studio di consulenza su uncampione di circa 50 aziende (piccole imprese), in evidente
stato di difficoltà e/o di insolvenza, ha evidenziato che il 78 per cento di quelle posizioni erano ancora appostate, nella Centrale Rischi, tra i “crediti in bonis”. Le banche non hanno alcun interesse a “girare”, in un momento di profonda
crisi economica, le posizioni a “crediti deteriorati” (s offerenza o incaglio) perché, a parità di somme, dovrebbero prevedere in bilancio un accantonamento di circa 30 euro mentre se mantengono la posizione ancora in bonis iscrivono
in bilancio un “costo dell’accantonamento ” di soli 2 euro. Il peggio deve ancora
arrivare.
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