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4You-MyWay del Monte dei Paschi di Siena: l'emblema del “risparmio tradito”
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Editoriale di Alessandro Pedone
24 febbraio 2016 15:57
 
 Da poco è uscita una nuova sentenza definitiva (Corte di Cassazione n. 2900/2016 pubblicata il 15 Febbraio 2016) che dichiara – per la seconda volta a distanza di quattro mesi - il “piano finanziario” del Monte dei Paschi di Siena denominato 4 You “non meritevole di tutela giuridica”.
Si tratta della massima sanzione giuridica che si possa comminare ad un contratto (1).
L'Aduc si spese moltissimo, all'epoca, contro questo prodotto perché comprendemmo subito che non si trattava di una delle tante fregature pensate dalle varie istituzioni finanziarie.
Comprendemmo immediatamente che con questo contratto si era superato il limite della legalità. Ed era un prodotto vendutissimo. Un prodotto che finì' (ed in larga parte è tutt'ora) nei portafogli di oltre 180 mila persone!
I primi anni del decennio scorso furono caratterizzati da tanti episodi che la stampa etichettò con il termine “risparmio tradito”. In maggioranza furono casi di obbligazioni andate in default (Argentina, Parmalat, Cirio, ecc.). Oltre a questi casi, vi furono tanti prodotti strutturati progettati chiaramente per ingannare gli investitori spillandogli, di fatto, soldi in modo inconsapevole (varie forme di “index-linked” con costi impliciti da far paura, casi di “reverse-convertible” e tante altre “fregatur-linked”). La quasi totalità di quei prodotti, però, ingannava i risparmiatori rimanendo, almeno formalmente, all'interno dell'ampio perimetro che le norme di allora (più permissive di quelle attuali) consentivano.
Il caso dei piani finanziari del Monte dei Paschi di Siena, però, era diverso perché si trattava di contratti fatti molto male tecnicamente (2) e – soprattutto – erano illegittimi per la sostanza del contratto. L'Aduc fu la sola associazione di consumatori ad aver compreso chiaramente che non era un problema di “come questo prodotto era stato venduto” ma di come il prodotto era stato progettato.
Il prodotto, infatti, era un contratto atipico formato da una combinazione di altri strumenti finanziari (un finanziamento, un'obbligazione della banca stessa e dei fondi, sempre della banca). Ciascun prodotto era pienamente legittimo preso singolarmente, ma la combinazione di questi prodotti creava un effetto sempre e solo dannoso per il cliente: in tutte le situazioni di mercato, il cliente non poteva che rimetterci dei soldi rispetto ad una semplice soluzione alternativa come un piano di accumulo di capitali. Questo era il nodo della questione. La libera contrattazione tra le parti trova un limite, specialmente se parliamo nell'ambito dell'intermediazione finanziaria, nella sensatezza economica della proposta. L'intermediario finanziario non può progettare un prodotto che, a ben vedere, è sempre e solo un vantaggio per lui e sempre e solo uno svantaggio per chi lo sottoscrive!
Questo fu il principio che, inizialmente totalmente inascoltati, cercammo di gridare con tutta la forza che avevamo.
Fummo totalmente inascoltati, in primo luogo, dalle altre associazioni di consumatori che furono “allettate” dalla proposta della banca d'istituire un “tavolo di conciliazione” basato sul criterio fondamentale che il prodotto in sé era pienamente legittimo, ma talvolta poteva essere stato venduto male. I risultati di questi tavoli di conciliazione furono disastrosi perché le proposte nella quasi totalità dei casi furono un secondo inganno.
Le associazioni di consumatori sono delle associazioni private e non possiamo pretendere alcunché da loro (anche se un po' di sana autocritica, talvolta, non farebbe poi male) ma ciò che ci lasciò senza parole fu il comportamento della Consob, cioè dell'autorità che dovrebbe vigilare sulla correttezza e trasparenza del comportamento degli intermediari finanziari.
Una parola “chiara” della Consob all'epoca avrebbe potuto spostare gli equilibri nelle scelte della banca. La nostra proposta era quella di ristrutturare i piani finanziari per tutti e 180 mila circa sottoscrittori. I margini tecnici per fare in modo che questo non fosse un “bagno di sangue” per la banca, ma neppure una fregatura per i clienti c'erano, ma chiaramente non furono mai neppure esplorati dalla banca la quale sapeva che sarebbe costato molto meno affrontare l'1 o 2% dei clienti che avrebbero fatto causa, piuttosto che ristrutturare il 100% dei contratti.
La Consob, all'epoca, davanti ad un contratto chiaramente, palesemente, illegittimo, non spese una parola, né fece una sana “moral suasion” affinché la banca risolvesse il problema per tutti i sottoscrittori e non solo per i casi di errato collocamento del prodotto.
Davanti ad un contratto talmente abnorme da essere dichiarato dalla massima corte “non meritevole di tutela giuridica” l'autorità di vigilanza, all'epoca, non fu in grado di porre in atto nessun comportamento in grado di tutelare gli oltre 180 mila sottoscrittori, neppure se sollecitata, in ogni modo (perfino con scioperi della fame) proponendo anche delle iniziative concrete.
Tutto ciò che la Consob fece, fu quello di comminare delle sanzioni, dopo tanti mesi, quando ormai la questione non fu più nell'occhio dei mezzi di comunicazione.
 
Le sentenze definitive delle Corte di Cassazione, oggi, dopo più di dieci anni dai fatti, servono veramente a poco. Il caso dei piani finanziaria del Monte dei Paschi di Siena dimostrano, a nostro parere, meglio di qualunque altro caso di “risparmio tradito” gli enormi limiti della Consob, che andrebbe completamente ridisegnata affinché possa essere efficace nel tutelare i risparmiatori, sia in modo preventivo, sia quando i casi emergono e non si possono attendere i tempi biblici dei tribunali italiani.
Speriamo che la riforma della Camera di Conciliazione e Arbitrato, da cui nasce ora l'Arbitro presso la Consob, possa essere un tassello nella direzione giusta, ma la strada da fare è veramente tanta.
Ricordiamo che l'Aduc è a disposizione dei sottoscrittori di questi piani finanziari per supportarli nel far valere i loro diritti.
 
 
(1) Non è il caso di addentrarci, in questa sede, in distinzioni giuridiche, ma si può sintetizzare, molto brutalmente (mi scusino gli avvocati) in questo modo: un contratto valido si può annullare e ciò significa che fino a quando non è stato annullato produce effetti giuridici. In altri casi, un contratto, valido in linea di principio, si può dichiarare nullo ed allora non produce effetti giuridici fin dall'inizio: è una sanzione più forte. Ma nel caso del contratto non meritevole di tutela giuridica non si può neppure parlare di contratto nullo (giuridicamente) perché il contratto è irrilevante ai fini giuridici, si tratta della massima censura possibile ad un contratto.
 
(2) Per i contratti MyWay collocati con promotori finanziari, ad esempio, scoprimmo che non era presente una clausola fondamentale che rendeva nullo l'intero contratto.   

 
 
 
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