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15 dicembre 2011 22:03 - savpg8801
La cosa peggiore in qualsiasi opinione, discussione, decisione, è generalizzare. Generalizzare equivale a credere di voler dire tutto e non dire nulla. Porre tutto e tutti sullo stesso piano a mo' di statistica del pollo è quanto di più inutile e fuorviante possa esserci per arrivare a conclusioni reali.
Che l'italiano pagni 50 euro al mese di corrente elettrica è un esempio che viene divulgato in uno spot. Altrettanto deprimente (specie anche perchè pagato con i nostri soldi) è lo spot della Presidenza del consiglio sugli evasori.
Tutta l'informazione è, ormai, come la favola del pastorello e del lupo. Imparare qualcosa dai giornali, sulla recente manovra, è cosa ardua e solo adesso cominciano a delinearsi alcune informazioni univoche, ma per giorni e giorni ognuno ci ha bombardato con miriadi di false ed inventate informazioni.
Quando si parla di rendite finanziarie, per potere discutere ed accettare un confronto e non solo sentenze univoche e personali, serve anche stabilire il dove, il come, il quando, e a chi, se non anche il "Perchè?" e su "cosa".
Come detto i cespiti sono talmente variegati che generalizzare banalizza ogni tentativo di dare una parvenza di giustizia ed equità ad una risoluzione.
Volendo proprio generalizzare, le rendite finanziarie sono il derivato guadagnato (non ricavato) di ogni operazione avente come oggetto la moneta e tutto ciò che ne rappresenta un suo utilizzo reale o virtuale a qualsiasi titolo.
Se non sbaglio, spero che si parli di questo, cioè dei frutti (volgarmente detti) cioè della resa del capitale. Perchè il capitale si è formato(salvo che non sia stato rubato) in tanti modi. Dall'esercizio di impresa, da reinvestimento di guadagni, da compravendite di qualsiasi genere, ma spesso da risparmi già tassati in ogni maniera e distolti dal circolo consumistico per ragioni di previdenza, acquisti futuri, aiuto a persone improduttive, riserve per far fronte a problemi sanitari spesso costosissimi, accantonamenti per fronteggiare problemi inflattivi, costi di assistenza alla vecchiaia, o a figli studenti e disoccupati, e mill'altre ragioni compresi fondi per perdite future.
Semplicemente pazzesco è pensare di tassare pedissequamente il possesso di questi patrimoni che hanno già subìto tassazioni alla fonte o in corso d'opera. Questa detenzione, chiamiamola proprietà o possesso, non è un furto di becera memoria fallimentare e ottusa.
Corretto è pensare di tassare i valori aggiunti, ma solo per la parte che che è realmente un utile. In ogni azienda, un utile diviene "netto" dopo una serie di decurtazioni e detrazioni legalmente consentite.
Corretto è dire che se possiedo 100000 euro pagati 100%(ma le commissioni e i bolli e i diritti dovrebbero essere defalcati) e vendo a 100%(sempre considerando le spese deducibili) ed ho riscosso per esempio 3 cedole da 5% cadauna, complessivamente 15% mi aspetterò una imposizione su questo valore aggiunto, cioè del guadagno puro e rispettando il capitale, magari raccimolato con infiniti sacrifici. per di più sostenere il principio che "chi più ha più deve pagare" è pura follia miope se non prescinde dalla formazione di quanto posseduto e delle ragioni di giustezza e correttezza di questo possesso.
Quindi scindere fra il normale guadagno finanziario che non è giusto supertassare scriteriatamente ma colpire, invece, duramente il guadagno speculativo.
15 dicembre 2011 19:24 - ennio4531
@pedone

Ribadisco e preciso che alla tassazione dei fondi comuni sia italiani ( dal 1 luglio 2011 ) che esteri(sicav) è applicato dal fisco il 'patto leonino' ( .. patto vietato dal codice civile ), per cui in presenza di guadagno il fisco pretende la sua parte e in caso di perdita il fisco gli dice: arrangiati !
15 dicembre 2011 19:10 - ennio4531
@pedone

Richiedere una maggiore tassazione dei redditi da attività finanziarie per il semplice fatto che alta è la tassazione sui redditi di lavoro, non mi sembra un argomento convincente.

Se dovessimo seguire la sua tesi, potremmo stabilire in modo del tutto opinabile che comunque la pressione sui redditi di lavoro è sempre alta e quindi giusto è espropiare il capitale !

Interessante sarebbe fare un confronto con le aliquote applicate ai redditi di lavoro negli altri paesi europei.

Io ho trovato quelle francesi che sui redditi più alti battono quelle italiane:

Fino a €4,262 0%
€4,262 - €8,382 6.83%
€8,382 - €14,753 19.14%
€14,753 - €23,888 28.26%
€23,888 - €38,868 37.38%
€38,868 - €47,932 42.62%
oltre €47,932 48.09%

Sui capital gain :

I residenti che ottengono un capital gain su valori mobiliari devono tassarlo con
un’aliquota del 16% e versare anche le tasse sociali (CSG e CDRS pari all'8%) ...

Però il governo francese ha previsto delle esenzioni dalla tassa sul capital gain sia
quando il guadagno deriva dalla vendita di un’abitazione principale sia quando i
profitti sono al di sotto di un certo ammontare.

Comunque, rimane aperto il mio ultimo interrogativo: ripristinando il credito d'imposta come ai vecchi tempi , il fisco complessivamente ci guadagnerebbe o ci perderebbe ?

Io sostengo che in questi ultimi quattro anni c'avrebbe perso ....
15 dicembre 2011 15:32 - Alessandro_Pedone
@ennio4531
a) sulla tassazione complessiva. Dice benissimo, dobbiamo guadare alla tassazione complessiva. Infatti dovremo tassare di più le rendite finanziarie e di meno quelle sui redditi da lavoro. Il nostro problema non è la tassazione sui redditi finanziari, ma quelli sul lavoro. Con la tassazione al 20% ci avviciniamo ad una tassazione giusta (considerate anche le altre imposte, specialmente se ci fosse una patrimoniale su questi redditi con aliquota un po' più sostenuta dello 0,15% e magari progressiva). E' la tassazione sui redditi da lavoro che è SCANDALOSAMENTE alta.

b) sulla tassazione dei dividendi le ho dato parzialmente ragione. E' un caso di doppia tassazione (ci sarebbe da argomentare un po' perché la materia è più complessa di come la mette giù lei). Però dobbiamo considerare che la rendita sulle azioni è solo parzialmente composta da dividendi ed in larga parte è composta da plusvalenze (quando ci sono!). Non è corretto dire che la tassazione sulle azioni supera il 60%.

c) sul discorso dei fondi comuni non so bene a cosa si riferisce. Forse si riferisce alla distinzione fra rendita da capitale non compensabile con le minusvalenze. In questo caso si tratterebbe delle sicav di diritto estero.
se si riferisce a questo, concordo ancora pienamente con lei. Si tratta di una legislazione letteralmente folle che consente, talvolta, di applicare una tassazione anche su investimenti in perdita! Questo è l'aspetto della tassazione da contestare, non l'aliquota alta, ma la normativa folle.
Per questo ho apprezzato il cambiamento del super-bollo di Tremonti che era una vera e propria patrimoniale inversa odiosa ed orribile nei dettagli.

Tornando al tema centrale dell'articolo. La tassa sulle transazioni finanziarie è una tassa sulla speculazione. Chi investe con un'ottica di medio/lungo termine non avrebbe niente da temere, solo vantaggi.
15 dicembre 2011 12:10 - ennio4531
@Pedone

Quando scrive ' Quando alle altre forme di imposte le faccio presente che la tassazione attuale sulle rendite finanziarie è largamente inferiore alla tassazione sui redditi da lavoro e inferiore alla tassazione che c'è, ad esempio in Inghilterra e negli Stati Uniti. ',

dimentica due aspetti del problema:

a) se parliamo di tassazione, non possiamo limitarci a confrontare quello che ci accomoda, ma dobbiamo confrontare il tutto. La pressione fiscale degli USA è pari a quella italiana ?
Esiste una tassa sui c/c, dossier titoli ?

b)riguardo i dividendi, non possiamo fermarci solo alla ritenuta prossima del 20%.
Dobbiamo a mio avviso includere anche le imposte pagate dalla società sull'utile realizzato per avere un quadro completo della pressione fiscale.

Per esempio: il piccolo azionista dell'Eni, ammesso un utile netto di 100 in capo alla società, a quanto ammontano le imposte complessive pagate su detto guadagno ?

Io sostengo che, in questi ultimi 4 anni, la tassazione complessiva abbia superato il 55% dell'utile netto e che con la prossima ritenuta si superarà il 60% come conteggi sottostanti.

anno 2010
risultato ante imposte 16.540,00
imposte societarie 9.157,00
netto da distribuire 7.383,00
ritenuta 20% dividendo 1.476,60
imposte totali % 64,29%

anno 2009
risultato ante imposte 12.073,00
imposte societarie 6.756,00
netto da distribuire 5.317,00
ritenuta 20% dividendo 1.063,40
imposte totali % 64,77%

anno 2008
risultato ante imposte 19.250,00
imposte societarie 9.692,00
netto da distribuire 9.558,00
ritenuta 20% dividendi 1.911,60
imposte totali % 60,28%

In più dovremmo aggiungere l'imposta di bollo sul valore dei titoli: per me... siamo a livelli di esproprio mascherato.

Sul lavoro esistono tassazioni così elevate ?

No si deve tralasciare un altro aspetto della questione e mi riferisco a quel risparmiatore che tratta solo fondi comuni: allo stato attuale il fisco applica il 'patto leonino' ( .. patto vietato dal codice civile ), per cui in presenza di guadagno il fisco pretende la sua parte e in caso di perdita il fisco gli dice: arrangiati !

Interessante sarebbe ripristinare l'obbligo di includere i dividendi nella dichiarazione dei redditi e ripristinare il credito d'imposta.

Non si farà... non si farà.. il fisco ci perderebbe !
15 dicembre 2011 12:09 - Cepu
Perfettamente condivisibile l'articolo di Pedone, ne approfitto per suggerire ai risparmiatori di investire, anche indirettamente, in impianti di produzione energia da fonti rinnovabili. I capitali saranno sottratti alla golosità della finanza, rientrando in economia, e producendo reddito in funzione della posizione.

Al momento il comparto è regolato dal quarto conto energia, ma entro breve il ministro Clini provvederà a proporre nuova normativa in materia.
15 dicembre 2011 9:51 - savpg8801
ennio4531, hai dimenticato l'imposizione di bollo sui depositi di titoli e su ogni altro strumento finanziario che non lo scontava. Il tutto condito in salsa di commissioni(non sono tasse, ma considerato che la banca le paga le tasse sulle operazioni di servizi-e le comm.lo sono- ne fanno parzialmente parte) che già si pagano per la C/V, salvo quelle dei collocamenti. Poi non ricordo se ci sia ancora o verrà rimessa quella del fissato bollato.
Insomma, non è così proprio vero che uno acquista un titolo e lo tiene cinque o dieci anni. Il poveretto che ha comprato l'unico bot da 5000€ e lo mantiene(rinnovandolo) per vent'anni, è raro.
Gli operatori economici (in primis banche) convincono a fare operazioni di arbitraggio, a vendere titoli non più(a loro detta, spesso non ben conteggiati a guisa personale del cliente) remunerativi favorendone altri con qualche centesimo in più o durta maggiore, cosicchè dimostrano un "rendimento" superiore. Tipo il messaggio spread che fuorvia molti inconsapevoli.
I giochi sono tanti.
E le operazioni di compravendita sono soggette a commissioni, sia in acquisto che in vendita, con tutte le spese accessorie che ne conseguono.
Vero è che uno 0.1% o meno, inciderebbe poco anche sulle commissioni che viaggiano nell'ordine dell' 0.3 ± 0.6 o più %, quindi non particolarmente incidente, ma considerato tutto, e non da ultimo le perdite in conto capitale che ogni tanto si verificano per vicende di crisi economico-politiche-speculative, l'aggravio è notevole.
Infatti chi detiene titoli che mediamente si svalutano del 15-20% (btp che tre mesi fa marcavano 102 ora sono a 86) ccteu che perdono oltre il 20%, altri titoli corporated anche peggio, azioni non ne parliamo (tipo Finmeccanica che è sotto dell'86%, non è una balla!).
Se adesso a fine anno io faccio un po' di bilancio e pongo in minusvalorizzazione tutto ciò, e vado a quantificare tutte le spese in comm.e tasse e altro indotto sulle transazioni, anche di numero relativo, mi trovo a vedermi disinvogliato ad effettuarne ancora, andando a cercare qualche prodotto (ora ancora più difficile-almeno a botta fresca, da trovare) che mi dia almeno qualche soddisfazione in più anche solo garantendomi un misero valore del capitale investito (mancando frutto, è come dire che il capitale, comunque, si svaluta ugualmente in relazione all'inflazione e al costo della vita.
15 dicembre 2011 7:03 - Alessandro_Pedone
@ennio4531
La tassa sulle transazioni finanziarie avrebbe conseguenze minimi, pressoché nulle per il normale risparmiatore.
Mentre le società finanziarie che fanno milioni di transazioni all'anno e che rappresentano uno dei grossi fattori di instabilità del sistema sarebbero costrette a ridurre le loro transazioni. Se il guadagno medio per transazione è nell'ordire delle frazioni di punti percentuali, una tassa dello 0,05% può mangiare la grande parte dei guadagni.
Se invece l'investimento è visto come dovrebbe essere (affinché sia utile al complesso della società, oltreché al singolo, ovvero in investimento detenuto in portafoglio per anni, non per poche ore quando non minuti) i rendimenti per ogni operazioni dovrebbero essere nell'ordine di decine di punti percentuali. Una tassa di pochi millesimi è sostanzialmente irrilevante.
Si potrebbe anche progettare in modo che escluda completamente le transazioni effettuate da privati entro un certo limite (potrebbe essere limite d'importo, limite di transazioni annue, limite di tempo fra acquisto/vendita).
In ogni caso, se uno acquista un titolo e lo tiene per alcuni anni (come dovrebbe essere la norma, se il mondo finanziario fosse normale e non pervaso da logiche assurde come oggi) e paga un'imposta sulla transazione fra acquisto e vendita pari allo 0,1% non vedo proprio il danno.

Quando alle altre forme di imposte le faccio presente che la tassazione attuale sulle rendite finanziarie è largamente inferiore alla tassazione sui redditi da lavoro e inferiore alla tassazione che c'è, ad esempio in Inghilterra e negli Stati Uniti.
L'innalzamento dal 12,5% al 20% (che non vale per i titoli di stato) ha comunque mantenuto l'aliquota ampiamente al di sotto della tassazione sui redditi di lavoro (comprese quelle d'impresa). Sulla "doppia tassazione" sui dividendi ha parzialmente ragione ed è una delle tantissime storture di un sistema fiscale totalmente folle poiché frutto di stratificazioni assurde di norme pensate con i piedi (se vuole le faccio anche esempi di tassazioni sulle perdite!).
Come ho scritto altre volte (http://www.aduc.it/articolo/riforma+radicale+fisco_19516.ph p) io sarei per una riforma radicale del fisco basato su due sole tasse, una sulle transazioni monetarie ed una sul possesso dei beni. Via le imposte sui redditi e via anche le imposte sui consumi. Imposte da applicare in modo totalmente automatico, aliquote assolutamente minime (nell'ordine dell'1%). Via ogni forma di complicazione. Aboliamo anche la tassa implicita costituita dai professionisti di fatto obbligatori che servono per districarsi nella giungla delle norme, oltreché i costi assurdi che lo stato deve sopportare per incassare queste tasse.
Come ho dimostrato nell'articolo sopra citato, i numeri per fare una cosa del genere, ci sono.
Le uniche altre forme di tasse diverse che "tollererei" sono appunto le tasse "piguviane" che hanno non tanto lo scopo di avere gettito, quanto quelle di scoraggiare comportamenti che danneggiano la società (come inquinare l'ambiente, provocare malattie, destabilizzare il sistema finanziario, ecc.).

Capisco che la parola "tasse" fa venire il sangue al cervello a molti, ma provi a ragionarci un po' su. Non tutto ciò che si chiama "tassa" è necessariamente negativo.
Dipende da cosa si tassa. Se si tassa una cosa positiva, la tassa è negativa, se si tassa una cosa negativa, la tassa è positiva. Ci pensi su.
15 dicembre 2011 0:19 - ennio4531
Se passerà anche la Tobin tax, mi domando quale incentivo ci sarà a risparmiare, investire e rischiare in Italia quando finanza e aziende saranno complessivamente assoggettate alle seguenti imposte:

- Tobin tax sulla compravendita dei titoli;
- imposte a carico delle società sugli utili;
- ritenuta sulla parte di utili distribuiti;
- ritenuta su eventuali capital gain;
- imposta sul valore del titolo detenuto .
14 dicembre 2011 22:22 - savpg8801
Come sappiamo, è materia altamente e da sempre controversa.
Che il premier, con molta titubanza- non so se reale o misuratamente e convintamente espressa - ne abbia accennato, non significa che stia sulla linea del precedente sostenitore.
Come dice Pedone è di difficile realizzazione e dovrebbe essere pressochè universale.
Tutto il mondo speculativo la vede ovviamente con preoccupazione, ma molto di più chi opera diciamo "normalmente" rasentando la speculazione, cioè si accoda al trading sfruttando le onde emotive create ad hoc in conseguenza di vicende ad esse propedeutiche.
Tuttavia sono molto restio a credere che una ulteriore tassa potrebbe (pur anche riducendo la globalità delle transazioni finanziarie, almeno agli inizi e sino a quando non vengano messi in moto meccanismi di compensazione o occulte contromisure) nel tempo, mortificare i mercati, specie quelli "importanti" speculativi i quali assorbirebbero facilmente l'imposta, traslandola.
Più verosimilmente, andrebbe, come al solito, a colpire le comuni transazioni effettuate da comuni investitori, tipo retail, che la pagherebbero comunque, appoggiandosi, essi, di norma a operatori più grossi che, per operatività possono ricadere nell'ambito di una eventuale discrezionalità impositiva fatta apposta per loro.
Quel principio semplicemente riportato del "concetto che chi più inquina paga" è altamente iniquo e discriminatorio in quanto prevede l'esercizio del "lusso" di inquinare a chi ha i soldi. Inquinare COMUNQUE, quindi parziale o nulla risoluzione del problema. Come similitudine universale.
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