Molto interessante l’argomento trattato, un grazie a
Pedone, Immancio, Federico e Scolari.
Concordo con quasi tutte le posizioni chiaramente esposte
dai quattro autori , salvo qualche considerazione che la mia
personale esperienza vorrebbe suggerire:
* I meno acculturati non chiedono consulenza , NON perché
ne ignorano l’esistenza ma ….,perché è troppo faticoso
cercare di capire cosa stanno facendo e preferiscono
affidarsi ad occhi chiusi alle proposte del consulente al
soldo della "importante casa" di investimenti;restano
analfabeti per loro scelta specie se il consulente lascia
loro intendere un futuro di guadagni minimizzando i grandi
rischi certi, incontrollabili a priori..
* Il “ banchiere famigliare tipo” non ha alcun interesse
a perdere tempo per trasmettere cultura all’ignorante.
Anche perché sarebbe costretto a scoprire il suo gioco ed
il conflitto di interessi che sta sfruttando a pieno per
carpire, e subito tradire, la fiducia che l’ingenuo ed
ignorante gli concede ad occhi chiusi, magari tra le
“sicure “ mura domestiche. Si accaparra così facili,
laute, immediate, sicure provvigioni. Poco importa se
disoneste e ladrate con la collaudata tecnica del vecchio
“cavallo di Troia” debitamente legalizzata dalle più
garantiste istituzioni con leggi, regolone e regoline,
mifid, e molto altro. Le potenti lobbies ovviamente si
assicuranono la propria grassa sopravvivenza a discapito dei
tanti poveri, polli, buoi, asini fiduciosi della
“buona” banca e del “bravo amico” che ti risolvono
il problema “finanza”. Sono forse colpevoli costoro se i
buoi , i polli e gli asini vogliono restare tali?
* quante sono le banche, le sim ed i promotori finanziari
che non adottano tale sistema?
C’è speranza con i consulenti indipendenti “fee
only” ( un tanto all’ora come lo psicologo)?..... che
magari riescono a parlarti in italiano o meglio nella lingua
che usa un asino come te? Trovalo se ci riesci, ma
ricordati: per capire se funziona davvero dovrai attendere
qualche anno e attraversare alterne fasi di mercato,
favorevoli e disastrose !
Ma la vera “tutela del risparmio” non può essere altro
che sopportare i tuoi personali costi in tempo e
preoccupazioni , fatica e stress per evitare l’acquisto a
caro prezzo di fantastiche aspettative di soli guadagni !
Quanto differisce la promozione finanziaria tanto
pubblicizzata su tutti i media dallo sciogli-pancia o dalla
vendita dei sicuri numeri del lotto venduti da un
fantomatico esperto?
A mio parere appare chiaro che la consulenza indipendente
soffre per essere poco conosciuta, boicottata dai
concorrenti “ promotori finanziari asserviti” alle case
chiuse che li formano tutti i santi mesi per meglio
bidonarti. Questi non hanno difficoltà a spiegarti che loro
sono i soli sacerdoti e maestri e tu, se va bene, sei un
allievo; ti fanno sentire un primo della classe grazie al
fatto che hai i soldi da convertire ma si preoccupano solo
di lasciarti nella tua ignoranza .
Forse lucillafiaccola non dovrebbe prendersela con le borse,
si sa a rischio ed imprevedibili, ma con chi gli promette
un fantastico aldilà se solo segue acriticamente i suoi
consigli.
Un asino che tenta di non essere anche pollo e bue.
25 marzo 2016 14:44 - federico6198
Concordo con quanto detto da immancio ed aggiungo per chi
volesse approfondire l'argomento :
Riflessioni sul costo psicologico, economico ed informativo
degli investimenti
di Massimo Scolari (*) - 04/04/2012
Ho letto gli interessanti articoli che ha pubblicato il dr.
Zanella sul sito Youinvest, “Il concetto di costo è più
immediato di quello di rischio” e “Dal consulente
finanziario? Solo dopo aver scelto in che cosa e come
investire”.
La discussione sui costi e sugli oneri che gravano sui
risparmiatori che si avvicinano all’investimento
finanziario è sempre stata molto vivace. Il costo non è
soltanto rappresentato dall’esborso monetario
rappresentato dalle commissioni applicate dagli
intermediari, ma anche dal costo derivante dal tempo che il
risparmiatore deve impiegare per informarsi in modo
adeguato. Ma non è solo questo: anche il costo
“psicologico” derivante da ansia, stress, preoccupazione
che deriva da una scelta di investimento in strumenti
finanziari “rischiosi”.
I costi di natura monetaria sono in un certo senso più
facili da conoscere e quantificare; l’obiettivo della
trasparenza dei costi applicati dagli intermediari è
perseguito in modo continuativo da tutte le forme di
regolamentazione nel settore bancario, finanziario ed
assicurativo. Non si può dire di essere soddisfatti
pienamente, ma di certo la situazione è francamente
migliorata in questi anni. Come è migliorata la
disponibilità di prodotti finanziari a costi relativamente
contenuti, rispetto al valore aggiunto che generano.
Il punto quindi si sposta sulle altre tipologie di costo.
La mia impressione è che l’ansia e lo stress dei
risparmiatori siano connessi alla percezione che i risultati
degli investimenti potrebbero essere diversi, anche molto
diversi, dalle aspettative. Se l’investitore avesse piena
fiducia che alla fine del periodo di tempo prescelto (o
durante il periodo di tempo prescelto, che non è la stessa
cosa) il valore del capitale investito si sia rivalutato
nella misura attesa, non vi sarebbe alcuno stress. Quindi,
anche in questo caso, si ricade nella tematica della fiducia
che il cliente ha nei confronti della persona (o
dell’istituzione) che ha suggerito o gestito il
portafoglio. E la fiducia si ottiene, a parte casi
particolari, avendo dato dimostrazione pratica e concreta
della coerenza tra aspettative generate e risultati
conseguiti.
Per spiegare il mio punto di vista, faccio ricorso ad un
episodio di vita reale. In passato lavoravo per una Sgr
appartenente ad un gruppo bancario. Eravamo nel periodo
immediatamente successivo allo scoppio della bolla dei
titoli tecnologici; un alto dirigente della banca mi chiese
di incontrare un cliente importante che aveva subito forti
perdite nella gestione patrimoniale della banca a causa
dell’esposizione ai titoli azionari del settore internet e
tecnologia. Io studiai il suo portafoglio che evidenziava
perdite di circa il 70% ed incontrai il cliente che, con un
tono piuttosto agitato, mi disse che avrebbe desiderato, a
tutti i costi, recuperare il proprio capitale nel più breve
tempo possibile. Gli dissi che, pur comprendendo il suo
stato d’animo, non mi sembrava possibile realizzare i suoi
obiettivi. Il cliente avrebbe dovuto, secondo me,
riconsiderare i propri obiettivi di rendimento alla luce
delle concrete possibilità di realizzazione. Insomma fare
tesoro delle esperienze negative, ricominciare da capo e
cambiare metodo di gestione dei propri risparmi.
Il cliente mi ringraziò ma era molto deluso da me. Non ne
seppi più nulla per un po’ di tempo; dopo qualche
settimana, incontrando l’alto dirigente della banca, venni
a sapere che il cliente aveva deciso di continuare ad
affidarsi al gestore precedente, perché gli aveva
pronosticato il recupero delle sue perdite nei tempi più
brevi possibili.
Risultato finale: dopo poco tempo il gestore cambiò
mestiere, io sono ancora qua ed il cliente, se va bene,
probabilmente avrà gli stessi soldi di dieci anni fa.
Questa storia, oltre a dimostrare le mie pessime qualità
commerciali, illustra come la “vendita” di aspettative
giochi un ruolo cruciale nel mantenimento del rapporto di
fiducia con il cliente e quindi, a lungo andare, nelle
concrete scelte di allocazione dei risparmi.
La terza tipologia di costo che il cliente sopporta riguarda
il tempo necessario per informarsi, prima, e per monitorare
i propri investimenti nel tempo. L’articolo del Dr.
Zanella ricorda i risultati di alcune ricerche condotte
negli Stati Uniti che tentano di determinare il livello di
costi “informativi” responsabili dell’allontanamento
degli investitori “retail” dal mercato azionario.
Concordo pienamente sul fatto che la maggiore disponibilità
di informazioni attraverso la rete non abbia affatto ridotto
il costo “informativo” che si è a mio avviso
incrementato in relazione alla maggiore quantità di
prodotti finanziari disponibili per la clientela in un
contesto di apertura dei mercati internazionali.
La consulenza finanziaria, soprattutto se prestata secondo
modalità di indipendenza e di oggettività, può
contribuire a ridurre i costi sopportati dal cliente e
l’asimmetria informativa. In un certo senso si potrebbe
affermare che la domanda di consulenza dovrebbe essere
maggiore proprio da parte della clientela meno informata e
meno finanziariamente evoluta. Infatti questi risparmiatori,
sprovvisti del bagaglio e delle informazioni di base,
consumano più tempo e risorse per informarsi e decidere i
propri investimenti.
Non è così invece. Numerose ricerche hanno dimostrato che
il servizio di consulenza risulta maggiormente apprezzato
dalla clientela evoluta e con una decente preparazione ed
esperienza in materia finanziaria. Alcuni sostengono che
questa correlazione è dovuta al fatto che la clientela
maggiormente istruita normalmente detiene più capitali e
guadagna redditi maggiori. Ed è per questo che chiede più
facilmente un servizio di consulenza.
In ogni caso la consulenza ha un costo, dato dal tempo
necessario al consulente per analizzare la pianificazione
finanziaria del cliente, i suoi obiettivi, la propensione al
rischio ecc. e per formulare raccomandazioni di investimento
adeguate ai bisogni e alle caratteristiche del cliente. Se
questo costo supera l’onere che il cliente deve sopportare
per informarsi e decidere da solo, evidentemente la
consulenza non potrà svilupparsi presso la clientela
retail.
(*) Massimo Scolari è segretario generale di ASCOSIM.
25 marzo 2016 11:13 - immancio
Il commento di lucillafiaccola è l'esempio lampante su come
la cultura finanziaria in Italia si fermi ai titoloni su
giornali e telegiornali.
La finanza va reinterpretata come una soluzione a progetti
di vita e non come speculazione e brama di ricchezza. Il
tempo è il fattore chiave e la pianificazione finanziaria
su orizzonti temporali e sopportazione del rischio ne è la
logica conseguenza.
Finché rimarremo legati alle logiche populiste dei ladroni
della finanza, solo pochi potranno godere degli effetti
positivi della finanza e i restanti subiranno solo i danni
provocati dalle loro reazioni emotive ai titoloni dei
giornali.
Serve educazione finanziaria seria ma serviranno decenni per
chiudere questo gap fra noi e i paesi anglosassoni.
Filippo Mancini
23 marzo 2016 19:33 - lucillafiaccola1796
ma che volete consulenziare con questi ladroni borse su
borse giù senza motivo solo per prenderci per il qulo e
farci deprezzare Stipendi e Pensioni?
Questi sono speculatori a vanvera...il gioco è sfuggito di
mano anche a loro e si stanno struogolando nella merdella,
quella puzzolente, non quella dolce!