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9 novembre 2017 10:00 - michele6949
Buon giorno ,
volevo un informazione a proposito dei PIR.
Siccome dite che per avere l esenzione bisogna tenerli almeno 5 anni ,
in caso di successione , per poter evitare
di pagare le imposte di successione,
devono essere trascorsi almeno 5 anni
dall acquisto dei PIR alla morte del
de cuius ,altrimenti si e costretti
lo stesso a pagare le imposte di successione?
8 novembre 2017 10:29 - federico6198
Da una lettura del sole 24 ore .....
Se i Pir finanziano in primis le banche (di Giancarlo Ursino)
Dalle parole ai fatti. Dallo scorso autunno, con la definizione e successiva approvazione della legge di Stabilità, che ha introdotto nel nostro ordinamento i Pir (Piani individuali di risparmio), è stato un susseguirsi di dichiarazioni da parte dei gestori di fondi comuni pronti a sostenere l’economia reale con i nuovi “contenitori” del risparmio degli italiani. L’obiettivo è di canalizzare in modo stabile e duraturo risorse soprattutto verso quelle piccole medie imprese che fanno fatica a finanziarsi attraverso il canale bancario. Ma il rischio di indirizzare solo flussi marginali di risparmio all’economia reale con i Pir è davvero alto.

La conferma arriva dal monitoraggio condotto da Plus24 tra i gestori che hanno già lanciato i Pir e adesso iniziano a sciorinare i numeri dei milioni di euro raccolti. Ma dove sono state indirizzate queste risorse? I fondi comuni (e quindi anche i Pir offerti con questa veste) sono tenuti a comunicare la composizione del portafoglio solo nei rendiconti semestrali, che perdipiù sono redatti e resi pubblici con un gap temporale di mesi. E i gestori interpellati hanno risposto, solo a grandi linee, dove hanno dirottato le somme finora raccolte con i Pir.

Da Eurizon Capital fanno sapere che per policy interna non possono dare il dettaglio delle aziende su cui investono gli oltre 100 milioni di euro già versati da circa 14mila clienti del gruppo Intesa Sanpaolo nei tre Pir lanciati a fine febbraio. Anche da Pioneer Investments rispondono che occorre attendere il report semestrale del fondo per poter dare evidenza dei principali titoli in portafoglio del Pir Pioneer Risparmio Italia che da fine gennaio a raccolto circa 50 milioni. Il gestore del fondo, Enrico Bovalini, precisa però che «come prevede la normativa il 21% del Pir è investito su small e mid cap italiane: stiamo privilegiando le società quotate sul listino Ftse Mid Cap, focalizzandoci in particolare sul settore finanziario, sui consumi discrezionali e sulle imprese industriali, ma anche l’area farmaceutica e quella delle utility sono componenti significative».

Senza entrare nel dettaglio di come viene ripartito l’investimento tra medie e piccole imprese, Lucio De Gasperis, dg di Mediolanum Gestione Fondi, risponde che «l’ammontare di raccolta riconducibile ai due prodotti a scaffale Pir compliant appena lanciati è già pari a 200 milioni di euro. Di questi, 170 milioni sono investiti in Italia, di cui 86 milioni nelle Pmi. La percentuale investita al di fuori del FtseMib è pari pertanto al 43%, ben superiore al minimo richiesto del 21%».

Ma a scorrere i primi 10 titoli in portafoglio di tutti i fondi Pir (quando sono pubblicati con cadenza mensile sui siti internet delle Sgr) per la legge dei grandi numeri ci sono quasi sempre solo titoli appartenenti al Ftse Mib, perdipiù di società che operano in primis nel settore finanziario. Altro che Pir come strumento di sostegno alle Pmi alternativo al canale bancario. Alla fine le risorse dei Pir vanno a finanziare principalmente le banche. Tra i primi 10 titoli attualmente in portafoglio del Pir Anima Crescita Italia comunicati a Plus24 dalla Sgr partecipata da Banco Bpm (14,7%) e Poste Italiane (10,3%), figurano azioni FinecoBank e bond emessi da Ubi, Bper, Generali, UniCredit e Intesa Sanpaolo. Mentre il primo titolo in portafoglio è un fondo della stessa Sgr, Anima Valore Globale, sul quale è investito ben l’8% del patrimonio del Pir.

«I nostri due Pir - afferma Marco Rosati, ad di Zenit Sgr - hanno una quota di titoli di Pmi italiane molto rilevante. In particolare il fondo azionario viaggia con percentuali intorno al 20-30% di titoli del Ftse Mib e il 70-80% in mid cap; solo il 10% circa è investito in azioni dell’Aim, che equipariamo ai titoli non quotati perché sono in buona misura illiquidi». Le azioni delle società quotate all’Aim per molti gestori rientrano di default nel calcolo del 10% massimo di titoli non quotati in cui un fondo può investire. «Abbiamo necessità di selezionare in primis titoli liquidi - fa eco Marco Nascimbene, gestore del Pir Fondersel Pmi -. Sul nostro Pir il 40% circa del portafoglio è investito sui principali 40 titoli del listino che compongono il Ftse Mib. Mentre sulle small cap c’è solo il 6% e in particolare sull’Aim abbiamo posizioni esclusivamente sulle Spac. Il resto è investito sulle mid cap». Sull’Aim arrivano in genere società di piccole dimensioni, che perdipiù quotano solo una piccola percentuale di azioni: il flottante minimo richiesto è solo del 10%.

L’esigenza di investire in titoli liquidi non consente quindi ai gestori di girare sulle Pmi cifre importanti. Gran parte del patrimonio dei Pir è focalizzato sulle big e mid cap, che hanno meno necessità di essere supportate rispetto al tessuto di Pmi italiane che ha difficoltà ad accedere ai mercati finanziari attraverso la quotazione in Borsa o i canali bancari tradizionali. A loro va (per il momento) una porzione infinitesimale delle risorse raccolte dai Pir. E forse questo è un bene per i risparmiatori. Per sostenere le Pmi sarebbe stato meglio concedere agevolazioni ai fondi di private equity e venture capital con capitali raccolti solo tra investitori istituzionali e, soprattutto, consapevoli.
7 novembre 2017 17:16 - savpg8801
Ma proprio non ci si rende conto che le cose, anche se si vogliono far apparire come chiare ed intelligibili, sono complicatissime?
Si sta parlando ad una platea di popolo che non ha, non può, e spesso non ritiene giusto comprendere a fondo tutte queste regole, norme, remore, e chi più ne ha ne metta.
Il sottoscritto ha lavorato nel settore e da tempo si cimenta con tante forme di investimenti.
Tuttavia mi trovo, quando sono davanti a un qualsiasi promotore, agente assicurativo, consulente (chiamiamoli come vogliamo, cioè che siano addetti ai lavori come venditori di questi prodotti, anche se so che qualcuno vorrà distinguerli meglio) io che sono sufficientemente esperto, mi trovo a disagio quando chiedo..chiedo, ma non trovo spesso riscontri. I fascicoli informativi(prospetti) sono talmente farraginosi, lunghi, complicati, spesso intraducibili, tecnici, ecc., che non sono alla portata di nessuno neppure di chi si sente intelligente da dichiarare di capirli.
Poi questi prodotti hanno dei lati oscuri che il risparmiatore non riuscirà, poi, a seguire nel tempo. Cioè se la società emittente come dovrebbe fare per dimostrare il rispetto di tutte le clausole: detenzione, fiscalità, tempi di possesso, cedole o accumuli specie se se ne preveda la modifica in corso di opera, poi operazioni di eredità nel caso di morte oppure di successione comune e di rimborsi ove, suppongo e specie riguardo a forme assicurative, le incombenze di annullamento della fiscalità non saranno applicate o solo in parte?
Ma proprio si crede che il risparmiatore comune (ancorchè avvisato, si renda conto bene di quello che ci stà dentro la scatoletta anche se ben etichettata? E se ci si rimangiano le clausole contrattuali, come ogni tanto qualcuno fa "unilateralmente" ?
Tutto questo ed altro ancora, come verrebbe e se verrebbe comunicato al detentore dei titoli o si spera che si inneschi un dimenticatoio da risvegliarsi solo alla scadenza(quando vi sia) e rendersi conto di non aver e non aver avuto nessuna possibilità di capire quale sia stato il risultato o il rendimento dell'investimento? E come fare se nel frattempo della temporalità minima dei cinque anni entrino nel mercato forme di investimento ben più appetibili onde dover fare dei conti a sistema algebrico a "n" incognite per capirne la convenienza o meno?
E' chiaro, dunque, che la solita raccomandazione di leggere il prospetto informativo e chiedere lumi è pura utopia, tanto nessuno saprà farne una simulazione decente e dovrà solo fidarsi delle, ovviamente di parte, informazioni fornitegli all'atto della sottoscrizione.
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