COMMENTI
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29 luglio 2018 2:01 - Cristina Ciccarelli
Complimenti per i contenuti dell'articolo

Ho sempre pensato e sostenuto che i veri buoni investitori / ci - indipendentemente dalle azioni - sono coloro che conoscono il valore dei soldi ed è proprio sulla scia di questa conoscenza/consapevolezza che intercettano quando e se usare soldi per investire che è un operazione mentale legata alla convenienza personale e che può essere svolta anche con il vecchio cd baratto che genera forme di investimento redditizie.

La pianificazione è un processo mentale correlato a personalità robuste che rifiutano la speculazione perché sanno che è solo un 'fuoco di paglia' adatto solo alle menti frettolose ed è noto a tutti che la fretta è cattiva consigliera.

Mi trovo in un contesto sociale dove prevale la speculazione, ci sono prodotti e servizi a maggioranza scadenti, non ho convenienza a spendere da molto tempo, ho arrestato diversi meccanismi speculativi contro di me denunciando e tagliando contratti e revocando addebiti automatici, sto risparmiando da molto tempo perché mi conviene, in sintesi è un contesto fisico da abbandonare appena ho la disponibilità economica necessaria per trasferirmi perché è anche un contesto povero di collegamenti con altri territori ovvero non genera nessun tipo di output positivo. C'è un aspetto relativamente positivo ed è che il costo della vita è oggettivamente basso quindi esiste il modo di risparmiare ma nel contempo è un contesto sterile quindi per me rimane la convenienza del trasferimento.

I soldi forniscono una marcia in più perché ti danno l'opportunità di poter fare più scelte e chi ruba soldi alle persone oneste toglie delle opportunità generando un doppio danno alla vita delle persone oneste
5 giugno 2018 20:15 - Ax90
Dott. Pedone, come sempre ringrazio per la stesura di articoli chiari ed accessibili a tutti coloro che abbiano il desiderio di accrescere la propria cultura finanziaria.
Come ho già detto in passato, grazie ad articoli simili sono diventato un risparmiatore consapevole; da tempo pero vorrei diventare investitore quindi approfitto di un esempio riportato in questo topic per chiedere chiarimenti.
Tempo fa notai l ETF MSCI World ed iniziai a considerarlo, comprendendone limiti e criticità. Vorrei perciò chiederle se le era possibile esemplificare ancora più chiaramente l' esempio di investimento da lei citato riportando i passaggi descritti con cifre di un ipotetico investimento. Nella speranza di non chiederle troppo la e vi incoraggio a continuare a divulgare articoli in materia.

Cordialmente

A.F.
4 giugno 2018 13:41 - luca6327
Faccio al dr. Pedone una mia riflessione: chi investe nel mercato azionario con ottica di lungo periodo, dopo aver fatto acquisti in accumulo con cali del 25, 30, 40 e 50 %, non sarebbe opportuno continuare a tenere l'intero capitale investito anche quando cambia il trend, per sfruttare la capitalizzazione composta e la risalita dei mercati che si è sempre verificata dopo cali importanti? Vendere, man mano che il mercato sale, una quota di quanto precedentemente acquistato, non sarebbe come rinunciare ad uno dei vantaggi che il mercato azionario offre nel lungo periodo dopo cali importanti? Grazie-
28 maggio 2018 22:44 - federico6198
Concordo pienamente con questo articolo dove viene spiegata una metodologia d’investimento corretta ma di difficile applicazione in quanto l’enorme blocco mentale che affligge il piccolo risparmiatore comune è molto difficile da superare perché nella sua mente ci sono delle convinzioni che lo predispongono a sbagliare ragionamento, sul risparmio, viene associato l’investimento alla speculazione e al rischio ed il risparmio al sacrificio, sostanzialmente le persone lavorano per i soldi ma non fanno lavorare i soldi per loro . Come dice marco liera il mondo della finanza è invaso dalle distorsioni cognitive .non avendo le idee chiare essendo il futuro incerto si vive alla giornata come se la vita o il mondo dovessero finire domani si sprecano energie e risorse in cose inutili e non si pianifica adeguatamente ed intanto il tempo passa…. anche perché da parte dei piccoli investitori non c’è cultura in finanza e come disse massimo scolari :La consulenza finanziaria, soprattutto se prestata secondo modalità di indipendenza e di oggettività, può contribuire a ridurre i costi sopportati dal cliente e l’asimmetria informativa. In un certo senso si potrebbe affermare che la domanda di consulenza dovrebbe essere maggiore proprio da parte della clientela meno informata e meno finanziariamente evoluta. Infatti questi risparmiatori, sprovvisti del bagaglio e delle informazioni di base, consumano più tempo e risorse per informarsi e decidere i propri investimenti. Non è così invece. Numerose ricerche hanno dimostrato che il servizio di consulenza risulta maggiormente apprezzato dalla clientela evoluta e con una decente preparazione ed esperienza in materia finanziaria. Alcuni sostengono che questa correlazione è dovuta al fatto che la clientela maggiormente istruita normalmente detiene più capitali e guadagna redditi maggiori. Ed è per questo che chiede più facilmente un servizio di consulenza. In ogni caso la consulenza ha un costo, dato dal tempo necessario al consulente per analizzare la pianificazione finanziaria del cliente, i suoi obiettivi, la propensione al rischio ecc. e per formulare raccomandazioni di investimento adeguate ai bisogni e alle caratteristiche del cliente. Se questo costo supera l’onere che il cliente deve sopportare per informarsi e decidere da solo, evidentemente la consulenza non potrà svilupparsi presso la clientela retail.
Così scrisse Nicola Zanella : di Nicola Zanella - 06/10/2011 «Come in passato era impossibile vivere e operare in modo efficiente senza essere alfabetizzati, vale a dire senza sapere né leggere né scrivere, così oggi è impossibile vivere e operare efficientemente se si è privi di conoscenze finanziarie. Data la complessità degli strumenti e delle decisioni finanziarie quotidiane – il confronto tra le offerte delle carte di credito, la scelta dei metodi di pagamento, la decisione di quanto risparmiare, dove investire e come ottenere il miglior prestito – bisogna saper leggere e scrivere in termini finanziari».
Così scrisse nel 2008 Annamaria Lusardi, professore di economia alla George Washington School of Business e massima esperta mondiale di educazione finanziaria.
Si tratta di una considerazione talmente illuminata che l’anno scorso decisi di inserirla in apertura del mio libro Investire bene i propri risparmi, Giunti-Il Sole 24 Ore, 2010.
D’altro canto, nel corso degli ultimi 30 anni, sono diventati sempre più complessi i bisogni finanziari degli individui. Infatti:
1) si è verificato il necessario passaggio, per la tenuta dei conti pubblici dato l’aumento dell’aspettativa di vita, dai piani pensione a benefici definiti ai piani pensione a contributi definiti. Questi ultimi di fatto hanno spostato la responsabilità di quanto risparmiare e come investire la ricchezza a fini pensionistici ai singoli individui, che godranno per di più in futuro di assegni previdenziali sempre più magri;
2) si è assistito ad un aumento significativo della prosperità, ma anche dell’accesso al credito facile e quindi della possibilità di indebitarsi da parte degli individui, anche e soprattutto giovani.
Inoltre, i prodotti e i servizi finanziari/assicurativi sono diventati più sofisticati e spesso complicati da capire. Infatti:
1) gli strumenti a cui gli individui hanno potenzialmente accesso per investire i loro risparmi e assicurarsi sono cresciuti enormemente di numero, molti sono di recente introduzione e richiedono conoscenze adeguate per un loro utilizzo efficace;
2) si è realizzata una progressiva deregolamentazione dei mercati finanziari;
3) è aumentata notevolmente la massa delle informazioni che gli individui devono raccogliere e processare per poter prendere adeguate decisioni finanziarie.
Ma qual è il livello delle conoscenze finanziarie diffuso tra la popolazione?
Le ricerche accademiche a livello mondiale, tra cui spiccano proprio quelle di Annamaria Lusardi, fotografano una situazione allarmante, nella quale la maggioranza degli individui, dai più giovani agli adulti, ha insufficienti conoscenze (anche di base) per prendere decisioni finanziarie che sono nel loro migliore interesse, sia nel breve che nel lungo termine.
È dimostrato che il livello delle conoscenze finanziarie (financial literacy) è in grado di influenzare il comportamento finanziario degli individui. Infatti, le persone con una bassa cultura finanziaria:
- tendono ad avere maggiori problemi con i debiti, sottostimando il potere del tasso composto nel corso del tempo;
- sono meno propense di altre ad investire sul mercato azionario;
- non scelgono i fondi comuni di investimento dai bassi costi, nemmeno se obbligazionari;
- accumulano meno ricchezza nel corso della loro vita e si indebitano maggiormente;
- non pianificano adeguatamente in vista del momento della pensione.
Sono convinto che anche un’adeguata educazione finanziaria sia in grado di influenzare positivamente il comportamento finanziario presente e futuro degli individui. Maggiori conoscenze finanziarie potrebbero portare benefici per gli individui, per la società e l’economia in generale.
Basti pensare che secondo uno studio australiano, al lavoratore medio la mancanza di conoscenze finanziarie adeguate costa circa 790.000 $ (circa 590.000 € al tasso di cambio attuale)! Non vi sembra una cifra degna di nota? A me sì.
Nonostante questo, le parole di Annamaria Lusardi, non si dimostrano, almeno per ora, sufficientemente «illuminanti», nel senso che la quasi totalità delle persone continua a disinteressarsi di come investire efficacemente i propri risparmi, spesso ottenuti con grande fatica e in un’intera vita. La delega a terzi della gestione del denaro è la norma. Nemmeno un minimo controllo, fattibile con qualche conoscenza in più, è mai preso in considerazione. Perché?
In fondo, quando dobbiamo prendere decisioni in altri campi cerchiamo di raccogliere le maggiori informazioni possibili. Pensiamo banalmente all’acquisto di un’auto nuova.
Come ogni italiano che si rispetti, la scelta dell’auto è un processo che richiede tempo, anche delle settimane, per confrontare le auto delle diverse marche e scegliere la concessionaria più conveniente. Nella maggioranza dei casi, non ci si ferma alla prima concessionaria, né si prende necessariamente per buono quanto riferito dal primo addetto alla vendita che si incontra. Le riviste di auto consultate sono numerose.
Invece, quando si tratta di investire i propri risparmi, per un valore monetario anche molto maggiore di un’utilitaria, questa attenzione svanisce di colpo e ci si affida alle cure dell’amico «esperto» in materia, all’addetto bancario che si conosce da tempo o al primo consulente indipendente di turno.
Succede così che le persone si lamentino e giustamente si spaventino quando vedono il proprio patrimonio calare di diversi punti percentuali (anche decine!), come accaduto drammaticamente a molti in questi ultimi due mesi.
Ma se gli si chiede in che cosa si è investito per subìre tali perdite, la risposta tipica che si rischia di ricevere è «non mi chiedere queste cose, se ne occupa il mio consulente/la mia banca». Dopo una pausa (di sconforto), aggiungono tristemente «forse non troppo bene»
24 maggio 2018 7:34 - cristian6559
Non sono molto d accordo con questo articolo,a mio avviso partecipare ogni giorno con una tecnica specifica,un controllo delle proprie azioni,un rispetto delle regole di Money management, può risultare molto più proficuo e molto più sicuro. La passività descritta non crea alcuna conoscenza dei movimenti di mercato.Al contrario può mietere molti più insuccessi.. inoltre partecipare attivamente potrebbe anche essere da spunto per crearsi un mestiere che procuri un reddito..Sconsiglio totalmente questo tipo di approccio è magari vi consiglio di studiare e rendervi partecipi di ciò che volete fare..
21 maggio 2018 10:07 - curious
concordo pienamente con quantio scritto dal dott. pedone; voglio solo evidenziare:
A)La difficoltà psicologica di andare contro il mercato;
b)la selezione dei titoli su cui investire; alcune azendee in 40 anni possono anche sparire, è vero che c'è la regola del 1/2%;
ma in base a quale criteri si selezionanto? è vero che per un investitore ineperto c'è l'etf, sulla cui trasparenza ci sono però pareri discordanti (v. prof. B. Scienza)
credo che l'impegno per acquisire sia notevole, tra l'altro i testi migliori su cui studiare sono in inglese, e si sa come stanno mediamente gli italiani in proposito;
comunque ogni informazione ed opinione in proposito è utile all'arrichimento della propria conoscenza
cordialmente
18 maggio 2018 9:36 - colephelps
[continua] E questa aliquota è passibile di cambiamenti in futuro, cosa ne sappiamo se qualche benpensante un domani deciderà di alzarla al 33%? Perchè non al 40 o al 50%? Glielo possiamo impedire?
Se c'è un modo di disincentivare l'investimento è questo.
18 maggio 2018 9:35 - colephelps
La strategia dell'avere pazienza e tenere duro, anche quando i mercati "crollano", e avere la forza e lungimiranza, in quei casi, invece che vendere come fanno i gonzi, attualizzando le perdite, di acquistare il più possibile con la liquidità che ci si è lasciati da parte, è l'unica strategia che paga di più rispetto agli sforzi: la può seguire chiunque non abbia la benché minima preparazione finanziaria.
Purtroppo qui ci portiamo dietro il carrozzone stato, che mangia il 26% di tutte le rendite, ovvero PIU' DI UN QUARTO di quello che ci spetterebbe. Tassando per giunta dei soldi che sono già tassati alla fonte, siccome le aziende si cui i titoli sono basati hanno già pagato le tasse sui loro utili, che poi restituiscono sottoforma di apprezzamento o di dividendi.
Reinvestire le cedole quindi significa rimettere in ballo solo il 74% del loro valore, e contare di, un domani, vivere delle cedole, significa dover campare col 74% del loro valore.
E
17 maggio 2018 17:07 - Alessandro Pedone
@alerosasco
La ringrazio dei complimenti e mi fa molto piacere vedere che le cose che scriviamo poi si traducono in cambiamenti delle abitudini almeno di qualche lettore.
Da quello che scrive è già abbastanza "evoluto".
Le voglio dare un piccolo suggerimento.
Inizi a studiare l'opportunità di un'approccio contrarian su un paniere abbastanza diversificato di singole azioni (15-25, a seconda del suo capitale) di aziende molto grandi e chiaramente leader nel loro settore, molto ben guidate e che hanno grandissime probabilità di restare fra noi tra 10-15 anni.
Gli indici sono una bellissima cosa (ottimi per molti investitori non esperti, molto meglio della media del risparmio gestito). Investendo sull'indice, però, si compra anche tanti titoli che mai compreremmo. Perché non scegliere? Non si tratta di voler "battere il mercato". Si tratta di prendere ciò che ci sembra più ragionevole e mantenerlo per anni ed anni.
Ci sono tante aziende solide che hanno chiaramente un vantaggio competitivo nel loro settore. Ovviamente non è il caso di fare nomi perché potrebbero essere scambiati per raccomandazioni. Il concetto è che un paniere abbastanza ampio di azioni (in modo che ciascuna singola azione non pesi più dell'1%, massimo il 2% del portafoglio) gestita con un approccio contrarian (cioè ricomprando quando il mercato la penalizza) può dare enormi soddisfazioni finanziarie. Ovviamente la base deve essere una selezione di aziende che hanno dei vantaggi nel loro settore, ma la cosa è molto meno difficile di quello che sembri a prima vista.
Se si ha la pazienza di aspettare il lungo termine e di fare l'opposto di quello che fanno gli altri, le soddisfazioni sono assicurate.
Naturalmente, prima di fare una cosa del genere è necessario studiare bene. Non consiglierei mai i singoli titoli a persone non sufficientemente preparate. Lei mi è sembrato un investitore che ha voglia di studiare.
17 maggio 2018 14:12 - alerosasco
Gentile dott. Pedone, le faccio i complimenti per l'articolo che rappresenta la pura verità di ciò che accade nel mondo degli investimenti. Ho 40 anni e da dieci anni mi occupo della gestione del patrimonio famigliare. Sulla mia pelle ho provato che i rendimenti maggiori li ho ottenuti con i prodotti che non ho movimentato e di cui ho sempre reinvestito la cedola od i dividendi. E' stata ottima anche la sua segnalazione del libro Unconventional Success che ho letto con molto interesse ed ho approfondito i concetti con il libro The Ivy Portfolio. Ho effettuato alcuni test sulla strategia indicata per gli investitori privati dal libro Unconventional Success e trovo che se seguita con coerenza e costanza può dare nel tempo dei risultati estremamente interessanti ed è inoltre perfettamente confacente con la mia personalità ed ottica di investimento nonché sopportazione di drawdown. Sto infatti investendo i soldi dei prodotti finanziari che mi scadono di volta in volta secondo questa strategia, utilizzando dove possibile ETF a capitalizzazione.
16 maggio 2018 0:27 - federico6198
Frequentando i forum o siti specializzati in argomenti specifici, che sono una cosa diversa molto diversa dai social network che sono un fenomeno di massa , permettono in qualche modo di accrescere il proprio bagaglio culturale e premettono di conoscere e confrontarsi con persone che sono specializzate in una particolare disciplina e che condividono lo scambio di informazioni che altrimenti non sarebbe possibile condividere , leggendo uno dei tanti articoli che sono stati pubblicati ce ne uno che mi ha colpito in particolare : Analfabetismo finanziario: la soluzione è l'educazione finanziaria? Chi vuole può andare a leggerlo che parlava dell’analfabetismo non solo finanziario, non tanto l’articolo ma i commenti nel forum di una persona in particolare che riporto : FilippoB
I dati sono realmente preoccupanti ma sarebbe interessante capirne la distribuzione geografica. Non mi pare che fra i miei conoscenti ci sia questa situazione ma potrei sbagliarmi.
In ogni modo concordo sulla grossa difficoltà nel farsi una cultura finanziaria: personalmente tempo fa volevo fare degli investimenti ma dopo alcuni mesi di studio ho capito bene i concetti chiave ed ho scoperto di non voler diventare un investitore! :
Complimenti per l'articolo.
Alessandro Pedone
@FilippoB
Le prime volte che leggevo questi dati, anch'io non volevo crederci. Facevo il suo stesso ragionamento: se mi guarda attorno fra la gente che conosco non riscontro queste percentuali.
Il problema è che le persone si aggregano per similitudine.
Se lei è su questo sito a leggere un articolo come questo significa che è una persona che rientra quasi certamente nel 20% di persone che possiedono gli strumenti culturali minimi per orientarsi nella vita della società contemporanea. E' normale che intorno a lei ci siano persone più o meno simili. Col tempo ho cercato un po' di osservare meglio la società, in particolare le persone che non erano a me vicine. Mi sono reso conto così che c'è veramente un numero di persone elevatissimo che non leggono giornali e non esercitano più le loro capacità di lettura scrittura e calcolo da anni ed anni. Queste ricerche vendono fatte ormai da moltissimo tempo e dalle più importanti istituzioni internazionali. Ovviamente non sono entrato nei dettagli operativi di come vengono elaborati, ma tendo a ritenerle sufficientemente affidabili.

Questo commento e questa risposta furono molto interessanti e costruttive per me, che mi permisero sostanzialmente di capire una cosa fondamentale e cioè quello di avere la possibilità di confrontarci con persone che conoscono bene una certa materia come la finanza per esempio, ed avere un certo tipo d’informazione che sarebbe difficile da acquisire frequentando e confrontandoci con persone che più o meno hanno la nostra conoscenza e cultura al lavoro al bar, in palestra al ristorante con gli amici e così via. Essendo appassionato d’informatica e frequentando i forum di tanto in tanto mi sono sempre chiesto se l’antivirus come sistema di protezione fosse una cosa valida e lessi questo commento :
Ma gli antivirus servono a qualcosa? La ragione è piuttosto semplice. Gli antivirus agiscono (male per difetto) sempre troppo tardi per natura (come i fondi obbligazionari). Prima che possano bloccare un nuovo virus, è necessario che quel virus sia già in circolazione e arrivi tra le mani degli esperti, che lo esaminano e preparano di corsa un aggiornamento antivirale su misura. Poi è necessario attendere che gli utenti scarichino e installino l'aggiornamento. Solo allora si è protetti. Questo meccanismo intrinsecamente passivo significa che anche nella migliore delle ipotesi, ossia con esperti delle società antivirali in servizio giorno e notte e con utenti diligentissimi che scaricano gli aggiornamenti ogni giorno più volte al giorno, passano comunque diverse ore fra l'inizio dell'epidemia e la disponibilità dell'aggiornamento che riconosce la nuova minaccia virale. E a quel punto il danno è ormai fatto. Grazie anche al crescente numero di utenti permanentemente connessi, i virus più recenti si diffondono in tutto il mondo a velocità enorme. L'antivirus non solo è sostanzialmente inutile contro un'epidemia: offre un senso di sicurezza del tutto fasullo, che è notoriamente più pericoloso della consapevolezza di essere in pericolo. Se l'antivirus ci dice che un allegato è pulito, è probabile che cederemo alla tentazione di aprirlo, anche se è di provenienza dubbia. Non abbiamo modo di sapere se l'allegatoalberga in realtà un virus troppo recente per essere riconosciuto persino
dall'antivirus fresco di aggiornamento. L'antivirus, insomma, ci lascia in braghe di tela proprio quando più neabbiamo bisogno. Il massimo che può fare è confermarci, a distanza di qualche ora, che un allegato sospetto è davvero infetto. Ma se già sospettavamo, la conferma è quasi superflua. Se non sospettavamo, ormai abbiamo aperto l'allegato e ci siamo infettati. Bell'aiuto. L'antivirus ha oltretutto un costo tangibile. Non solo occorre quasi sempre
acquistarlo o perlomeno pagare un canone per i suoi aggiornamenti (anche se
esistono validi antivirus gratuiti), ma lo scaricamento necessariamente frequente degli aggiornamenti comporta un dispendio di tempo e un consumo di banda che, specialmente per gli utenti collegati via modem in dial-up, si traduce spesso in un aggravio notevole di spesa. E' anche per questo che molti utenti non scaricano regolarmente gli aggiornamenti: costano e sono una scocciatura. Oltretutto, neppure usare il miglior antivirus e sistemi operativi
alternativi a Windows ci mette al riparo dall'altro spreco di banda: quello dovuto al bombardamento dei virus ricevuti. L'antivirus, se installato sul nostro computer, agisce dopo che abbiamo scaricato l'immondizia infetta. Quindi anche gli utenti Mac e Linux, notoriamente immuni a quasi tutti i virus in circolazione, ne subiscono comunque il peso, perché si trovano la casella di posta intasata da virus dedicati agli utenti Windows e da quei pestiferi messaggi "attento, mi hai mandato un virus" generati dagli antivirus troppo cretini per capire che da anni la maggior parte dei virus falsifica il mittente del messaggio infetto. Non si salva nessuno, insomma. E' insomma evidente che l'approccio dell'antivirus è fondamentalmente
sbagliato e insufficiente. Ci vuole un altro sistema. Un sistema preferibilmente semplice, oltre che efficace, e che non sia a carico dell'utente, altrimenti sarebbe condannato in partenza al fallimento, vista l'ingenuità diffusa dei tanti che si affacciano oggi a Internet. Il fattore che permette a un virus moderno di commettere stragi è la modalità di diffusione: automatica e ad alta velocità. Se il virus ha bisogno di un'azione manuale per diffondersi (ad esempio deve essere scaricato da un sito, eseguendo una procedura protetta da password), la sua
propagazione è drasticamente rallentata, tanto da dare il tempo ai produttori di antivirus di realizzare e distribuire l'aggiornamento apposito e soffocare i pochi focolai sul nascere. Ci sarebbe dunque lo stesso un mercato per gli antivirus, anche se meno vasto di quello attuale.
Naturalmente la tecnologia da sola non basta: bisogna anche educare gli utenti a una sana diffidenza, in modo da evitare le insidie del social engineering. Ma la diffidenza è un comportamento istintivo, di gran lunga più facile da instillare anche nell'utente meno esperto che l'uso di una tecnologia che per molti è estranea e astrusa oltre che carente nei
risultati, come lo è attualmente quella degli antivirus. Chiunque capisce la
regola "non fidarti di nessuno".
Una cosa è certa: così non ha più senso andare avanti. Se vi accontentate di
una soluzione che debella il 99% dei virus passati, presenti e futuri,
potete adottarla sin da subito, almeno a livello personale. La Rete intera
ve ne sarà grata. Da quella volta non ho più pagato il servizio antivirus perché non ha senso pagare un servizio che di fatto non esiste come la consulenza finanziaria offerta dalle banche e dai promotori finanziari.
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