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21 giugno 2018 9:41 - dario2013
Se trovate cinque minuti andata a leggere Nando Ioppolo “Che cos’e li spread… io penso che se la gente lo sapesse scoppierebbe la guerra nelle strade da oggi a domani“.
E poi chiedete a qualche "luminare" dell'economia per quale motivo il Giappone che ha un debito pubblico doppio del nostro non ha lo "spread" alle stelle, i “mercati” non si allarmano. La risposta è troppo banale. Il Giappone, con rapporto debito/Pil al 235%, ha la moneta sovrana.
Rispondere a questa domanda è imbarazzante: il Giappone non allarma i mercati perché non è nell’euro, ha una moneta sovrana e una banca centrale sua, che garantisce di pagare tutti li yen che servono per servire gli interessi sul debito. Stop. Viva l'Europa dei banchieri ma non dei Popoli!
18 giugno 2018 21:25 - federico6198
Fed boccia divisione Usa di Deutsche Bank, è in condizioni problematiche :
La Federal Reserve ha inserito la divisione americana di Deutsche Bank tra gli istituti «in condizioni problematiche», ovvero con criticità tali da metterne a repentaglio la stabilità e, quindi, creare potenzialmente rischi sistemici, con quella che è stata una presa di posizione rara per un istituto di così grandi dimensioni. La bocciatura, di cui si ha avuto notizia solo oggi, grazie alle indiscrezioni del Wall Street Journal, è stata decisa un anno fa e la bocciatura ha contribuito a limitare le attività della banca tedesca negli Stati Uniti. Va detto che non si è trattato di un tentativo della Fed di «insabbiare» la vicenda:
la classificazione usata per valutare le banche (Camels, acronimo di capital adequacy, asset quality, management, earnings, liquidity and sensitivity to market risk) non è resa pubblica e prevede cinque livelli, da 1 a 5. Il rating migliore è pari a 1. Alle banche problematiche viene assegnato un 4 o 5.
Resta il fatto che la bocciatura ha probabilmente influenzato le scelte dell'istituto, comprese quelle sulla riduzione dell'assunzione di rischio in aree chiave come il trading e il credito erogato ai clienti. Un impatto si è verosimilmente avuto anche sulle decisioni su assunzioni, licenziamenti e giri di poltrone, in modo da riassegnare posizioni e responsabilità nelle aree che stanno particolarmente a cuore alla Banca centrale. Tanto è bastato ad affossare il titolo di Deutsche Bank, che a Francoforte è arrivato a perdere più dell'8% e ha aggiornato al ribasso i minimi storici.
La decisione della Fed, secondo il quotidiano nota tra i regolatori americani, ha influenzato anche quella di altre autorità di regolamentazione: la Federal Deposit Insurance Corp (che in Usa garantisce i depositi bancari) ha a sua volta inserito Deutsche Bank Trust Company Americas tra le banche problematiche. Per il momento la banca ha preferito commenti cauti, spiegando che l'istituto tedesco «è ben capitalizzato e ha riserve di liquidità significative» e che le controllate rilevanti negli Stati Uniti a sono «DB USA, Deutsche Bank Trust Corporation e Deutsche Bank Trust Company Americas, la nostra principale sussidiaria bancaria che ha un bilancio molto solido come svelato nei nostri documenti trimestrali e annuali» depositati presso le autorità competenti.
«Abbiamo indicato in precedenza che i nostri regolatori hanno identificato aree varie per un miglioramento legato al nostro controllo e alla nostra infrastruttura. Siamo altamente focalizzati nell'affrontare le debolezze identificate nelle nostre attività americane», ha spiegato il portavoce . Vale la pena ricordare che le divisioni statunitensi di Deutsche Bank hanno fallito gli stress test della Fed nel 2015 e nel 2016. Nel 2017 la Banca centrale americana ha compiuto azioni sulla banca per via di una carenza dei controlli sul trading di valute, sul riciclaggio di denaro e nel rispetto Volcker Rule. Il gruppo ha inoltre pagato miliardi di dollari per patteggiare con la Giustizia Usa.

(Il Sole 24 Ore Radiocor)
10 giugno 2018 2:03 - federico6198
FONTE MORNINGSTAR :
I mercati non hanno ancora recuperato le perdite delle ultime due settimane e la volatilità potrebbe restare, ma quello che conta sono i fondamentali economici in un’ottica di lungo periodo. E le banche italiane sono più solide rispetto a qualche anno fa. La nostra ricerca mette in luce Mediobanca.
Valerio Baselli 06/06/2018 | 15:55
Valerio Baselli: Dopo un lungo tira e molla che ha provocato instabilità sui mercati la scorsa settimana, l’Italia ha finalmente un nuovo governo. Sostenuto da una coalizione tra il Movimento 5 stelle e la Lega, Giuseppe Conte ha prestato giuramento come nuovo Primo Ministro. Gli eventi politici in Italia sono stati il principale motore dei mercati finanziari nelle ultime due settimane. La formazione del nuovo governo (il 65esimo degli ultimi 70 anni) scongiura per il momento la possibilità di nuove elezioni, ma i mercati non hanno recuperato a pieno le perdite e continueranno a prestare particolare attenzione agli sviluppi futuri.
Anche se i mercati potrebbero rimanere volatili, la situazione macroeconomica dell’Italia è molto più positiva di quella vista durante la crisi del debito sovrano nel 2011 e, a nostro avviso, l'adesione dell'Italia all’euro non dovrebbe essere una preoccupazione per gli investitori. Il nuovo ministro delle finanze, Giovanni Tria, ha infatti affermato che nessuna forza politica vuole uscire dall’Eurozona.
Dal punto di vista finanziario, il principale problema dell'Italia è il forte del debito pubblico, il terzo più grande al mondo. Dall’altra parte, il debito del settore privato è uno dei più bassi dell'Eurozona e la solidità del sistema bancario italiano è migliorata. Mediobanca rimane la nostra idea più convincente nell’universo delle banche italiane. Riteniamo che sia sottovalutata di circa il 28%: secondo le stime di Morningstar il fair value è di 11 euro, senza nessun Economic moat.
In futuro, il livello di volatilità continuerà a essere influenzato dal flusso di notizie e rimarrà probabilmente alto fino a quando alcune questioni cruciali, soprattutto in termini di bilancio, diventeranno più chiare. Gli analisti di Morningstar stanno monitorando da vicino quella che è ancora una situazione fluida, ma allo stesso tempo è importante sottolineare che valutiamo ogni strategia con una visione a lungo termine e riteniamo che gli investitori non dovrebbero concentrarsi troppo sulle notizie di breve, ma prestate molta attenzione ai fondamentali.
5 giugno 2018 23:50 - neru
@ federico6198

Complimenti, semplici e inconfutabili verità.
L'ignoranza che regna sulla macroeconomia e sul come funziona una moneta in uno Stato sovrano è deprimente.
Come disse nel secolo scorso il grande magnate dell'industria automobilistica, Hanry Ford: «E’ un bene che la gente non sappia come funziona il nostro sistema monetario, perché se lo sapesse farebbe una rivoluzione entro domani mattina».
1 giugno 2018 21:28 - savpg8801
Non c'è solo lo spread, quell'indice stupido che fece crollare (fra altre cose), l'ultimo governo Berlusconi fra le risatine di sottecchi di Merkel e Sarco. Era arrivato a tre volte quello attuale in tre giorni. La mia preoccupazione è la soverchia statisticizzazione di ogni fenomeno moderno. Non solo finanziario, monetario, ma di tutto quanto fa parte delle attività umane, dalle sedute di ognuno sulle ciambelle del gabinetto ai capperi consumati da ognuno ai ristoranti, ai fenomeni macro dei comportamenti politici internazionali, locali e singoli. Questo per dar modo di elaborare, con l'induzione matematica, modelli di rilevazione e, quindi, di regola,per l'analisi dei fenomeni e la loro manipolazione avvalendosi anche di tecniche estrapolative.
Teoricamente tutto fa parte della scienza statistica, quella che, per il popolo che mangia un pollo a testa ma incapace di capire che il mio che non mangio, chi lo mangia?
Quindi si parla sempre Che l'Italiano ha due incidenti auto, che la regione taldeitali sanifica meglio i propri cittadini, che paghiamo interessi sul D.P. di tot a testa, ecc.
Tutto questo e l'elenco creato quale manuale per comportamenti futuri per chi comanda e amministra, invece di servire, distorce. Perchè palesa una univocità di dati rendendola, però, equivoca ed irreale. E questo maggiormente per il fatto che l'interpretazione dei risultati viene strumentalizzata nel tempo, nello spazio, nei modi ecc. ai fini degli utilizzatori.
Nel campo finanziario questi utilizzatori sono gli speculatori.
I fondamentali di un elemento non possono modificarsi drasticamente nell'arco di pochi giorni. Una azienda (e tante di comparto) crollano in poche ore, poi il giorno dopo resuscitano, poi tocca a un altro comparto e così via. Meglio di nostro Signore.
Quei pochi che sanno semplicemente (e non complicatamente come vuolsi far credere per darsi importanza analitica) cosa sia lo "spread" e lo vogliono spiegare al Popolo non riescono neppure a spiegare(e molti non vogliono) cosa significhi la sua traduzione letterale. Quindi la illustrano come una delle piaghe d'Egitto (come in parte può essere) a cui attribuiscono un'importanza catastrofica in "realtà aumentata" come suolsi dire oggi in informatica.
Questo, come al solito, provoca ulteriore danno e induce non più solo la speculazione specializzata, ma anche i pavidi del parco buoi(anche stranieri e complici molti analisti e consulenti finanziari desiderosi di far bella figura) a correre ai ripari(aggravando le cose) per credere di limitare eventuali catastrofi, ma, così operando, aggravandole sul serio.
Nel ricordato tonfo delle quotazioni dei Titoli di Stato all'epoca ricordata dianzi del moltiplicarsi dello spread, tutti vendevano. Nacque addirittura un sito di una Università se ben ricordo, che implorava di smetterla di vendere, ma di acquistare, per far invertire l'andazzo che, poi, si realizzò, ma a cui fu dato merito al cambiamento di governo, che avrebbe avuto il merito di rifondere fiducia ai soliti investitori e più enfaticamente al Paese.
Ma il gioco della speculazione ebbe comunque l'esito che era stato programmato professionalmente (si fa per dire).
La fiducia tornò, lo spread fece le proprie discese e fece in pochissimo tempo ritornare buono ciò che era cattivo. Il termometro clinico fece diagnosi fausta.
Gli indici di cui accennavo, provenienti dall'elaborazione statistica hanno svolto il loro gioco divulgativo e strumentalizzante.
Monti (a cui, ma non più adesso, fu dato l'incarico di ripristinare la solita fiducia) fu apprezzato come il salvatore della Patria e, al momento, lo fu veramente. E lo spread ci ha fatto stare in pace negli ultimi due o tre bienni, guarda caso.
31 maggio 2018 12:15 - federico6198
A dimenticavo che il buon esempio lo danno i nostri politici che come auto di rappresentanza usano quelle tedesche per non parlare della golf la macchina più venduta in europa che non brilla sicuramente tecniocamente rispetto a vetture molto meno blasonate.
31 maggio 2018 12:05 - federico6198
Concordo pienamente con quanto scritto da michele6949,se posso aggiungere qualcosa consiglio ai lettori di leggere questo articolo di Alessandro Pedone per rendersi conto di quanto sia fuorviante l'impatto mediatico quotidiano per chi non sappia concretamente cosa sia lo spread e la finanza in genere : Cosa ci dicono 12 anni di “spread”? che dovrebbe aprire gli occhi a tutti,la Germania predica bene e razzola male due aziende già fallite di cui non si parla mi riferisco alla Volkswagen che ha dimostrato negli anni incompetenze palesi a produrre auto di un certo livello provocando buchi finanziari da miliardi e miliardi di euro,se non avesse avuto lo stato tedesco dietro sarebbe già fallita da molto sono innumerevoli i slvataggi operati dalla germania per salvare questa massa di incompetenti,e la deutsche bank altro che monte dei paschi.... per non dire della tragedia greca in collaborazione con i francesi,si guardi questo filmato su youtube :Perché la Grecia non può fallire !
31 maggio 2018 7:42 - michele6949
Rispondo in maniera analitica .

La famigerata parola "spread" è tornata a spargere terrore nei media. La quasi totalità delle persone non ha la più pallida idea di cosa effettivamente sia e del perché sia così importante, ma la narrazione è comunque super-efficace e funziona benissimo a rendere più "ragionevoli" i politici non allineati all'ortodossia economica attualmente dominante.
E' indubbio che -dato il contesto attuale in cui ci troviamo- la politica DEVE considerare il problema dello SPREAD, ma è anche indubbio che questo problema non è legato a qualche "fenomeno naturale", ma a precise scelte che -come società- abbiamo fatto e sulle quali dovrebbe imporsi una riflessione approfondita.

E' sensato che le scelte politiche fondamentali di un Paese, la stessa formazione di un governo, siano determinate dall'andamento momentaneo di alcuni indici finanziari?

Che cos'è che determina questo fenomeno?
La quasi totalità dei commentatori sui media dà per scontato che questo sia "normale". La narrazione prevalente è la seguente: "è ovvio, è normale, che i mercati finanziari esprimano un giudizio: se ritengono che l'Italia sia meno affidabile, vendono i titoli di Stato e questo li fa crollare, lo spread s'innalza... è accade il disastro...".
Questa narrazione è parziale. La radice del problema deriva da una specifica regola che vige nell'area Euro, regola che impedisce alle banche centrali di acquistare direttamente in emissione le obbligazioni degli Stati membri.
La UE agisce secondo principi liberisti ( che sottoscrivo ). E´ stato pensato
per evitare di dare un aiuto di stato agli stati nazionali che fanno parte della UE.
Ci vuole responsabilita !
In tutti i Paesi ad economie più sviluppate (USA, Giappone, Gran Bretagna, Canada, Australia, ecc.) la banca centrale svolge tre ruoli fondamentali: 1) banca delle banche, 2) banca dello Stato, e 3) banca dell'estero. La nostra banca centrale non può essere, per regole che ci siamo dati insieme ai partner europei, "la banca dello Stato".
Per fortuna , le banche statali degli anni 70 e 80 sono un ricordo all nostre spalle!
La vera origine dello spread non sono i timori sull'Italia, la vera origine dello spread è l'assurdità che uno Stato dell'area Euro debba andare con il cappello in mano sui mercati finanziari a chiedere di rinnovare i propri titoli ai tassi determinati dall'umore momentaneo, come fosse un cittadino privato.
Ma e´ la regola della finanza , che a maggior e rischio corrisponda maggior e rendimento . Se lei non e´ d accordo con questa visione perche non da l esempio
e sottoscrive eroicamente i BTP chiedendo al Teso di ricevere gli interessi che
pagano i BUND attualmente? Poi , pe r favore , ci posta l eseguito.

Sia chiaro, questo non significa che uno Stato qualsiasi, con una banca centrale "normale", possa emettere debito in modo infinito.
Significa solo che uno Stato con un'economia sufficientemente solida come quella italiana (che ha sicuramente molti problemi, certamente è in declino, certamente ci facciamo del male da soli e subiamo passivamente regole assurde che ci hanno fortemente penalizzato in questi venti anni, ma si tratta comunque di una delle prime 10 nazioni al mondo, sebbene lo sport nazionale sia quello di denigrarci) non troverebbe alcun problema a rinnovare i propri titoli di Stato a tassi in linea con quelli fissati dalla propria banca centrale in base alle proprie autonome politiche monetarie, se solo avesse una "normale" banca centrale. Se poi facesse politiche economiche scellerate, dopo un bel po' di tempo, avrebbe problemi sul fronte del cambio, quindi dell'inflazione, e via di seguito rischierebbe la bancarotta. Ma tutto sarebbe guidato dalla macro-economia, non dalla speculazione finanziaria!
Ma questo e´ un discorso proprio irrealiatico , il quale tralascia che tutti i 19 stati
della UE che hanno adottato l Euro hanno abbandonato la loro vecchia banca centrale
e che se fosse l assenza della banca centrale il problema , anche la Germania
che ha un ottima economia dovrebbe avere le stesse difficolta . Invece la Germania
non soffre di questi problemi ! Vuoi veder e che la causa dei problemi italiani
e´il suo debito pubblico?

Se questo non accade non è perché è "normale", come se fosse una legge di natura... ("è normale che d'estate faccia caldo e d'inverno freddo...") è perché ci sono delle specifiche norme che lo causano.
E´una legge implicita nella finanza , praticamente una legge di natura!
Vogliamo discuterne in modo approfondito e senza semplificazioni, oppure è meglio non farlo perché altrimenti lo spread si arrabbia?

Fatto !
30 maggio 2018 23:25 - federico6198
IL DEBITO PUBBLICO È UN PROBLEMA? QUANDO LO È? QUANDO NON LO È?
Di Luca Ribatti 16 marzo 2018 :
Ripensare l’Economia, oggi è un dovere. Conoscerla, lo è ancora di più.
Sul debito pubblico se ne dicono di tutti i colori ogni giorno: c’è chi dice di tagliare di qui e chi di tagliare di lì, chi chiede flessibilità e chi impone austerità. C’è chi dice che i nostri figli nasceranno già con migliaia di debiti sulle spalle, chi lo paragona a figure mitologiche di mostri a più teste, chi ci dice che abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità ed è arrivato il momento di pagarne le conseguenze, chi paragona l’Economia del monopolista della valuta a quella di una famiglia, che invece è la destinataria di quella valuta. I più, purtroppo, ignorano le basi dell’economia monetaria che regge il nostro sistema economico, e questo è un guaio. È come se tutti si chiedessero se il goal fosse in fuorigioco o meno, senza aver capito le regole del fuorigioco. Bene, bando alla modestia, cercherò di chiarirvelo nel più semplice dei modi, col più semplice dei registri. Seguitemi, non è così complicato come si crede.
L’Italia tecnicamente non è più monopolista della valuta, cioè non emette più una sua moneta.
Premessa: un debito espresso nella valuta del suo monopolista è sempre sostenibile. Se io emettessi Luchi e contraessi un debito in Luchi, il mio creditore potrà sempre stare tranquillo perché sa che in ogni momento potrò ripagare quel debito con la mia stessa valuta. L’unico vincolo a questo fenomeno è rappresentato dall’inflazione (aumento del livello generale dei prezzi), che però oggi non è un problema per due motivi:
• Siamo in fase deflazionistica (il suo opposto, che è ben peggiore),
• L’inflazione agisce solo quando la domanda aggregata è superiore alla capacità produttiva, per la legge della domanda dell’offerta di cui ci siamo già occupati (e oggi la domanda di beni e servizi è vertiginosamente più bassa della nostra capacità produttiva, rappresentata per esempio dall’esercito di disoccupati che abbiamo in Italia). Per fare un esempio immediato, se c’è una sola bottiglia d’acqua e la vogliamo in dieci, il prezzo di quella bottiglia aumenterà e se l’aggiudicherà solo chi è disposto a pagare tale prezzo.
Quando il monopolista della valuta non è più lo Stato, ma una Banca Centrale (come nel nostro caso), allora diviene cruciale il ruolo del “Prestatore di Ultima Istanza”: cioè un meccanismo nel quale tale Banca Centrale si impegna a garantire per i debiti contratti dagli Stati Membri allo stesso modo con cui prima lo faceva lo Stato stesso. Se manca questa figura, allora effettivamente il debito di uno Stato potrebbe essere oggetto di speculazioni che lo conducano al default, perché non ci sarebbe nessuno a garantire l’emissione di quella valuta per ripagare il debito. Questo è uno snodo cruciale per evitare che quindi il debito diventi un problema. La Germania, tuttavia, in preda a traumi iper-inflazionistici del passato (le famose cariole piene di soldi per fare la spesa), non ha mai permesso che la BCE si accollasse questo ruolo. E questa è una questione tutta Europea, con vincoli prettamente politici, non economici. È da quest’idea che nasce il concetto secondo cui dobbiamo ridurre il debito a tutti i costi e tutto il pippone che dobbiamo sorbirci sui vincoli rigidissimi al deficit. Sembra un discorso molto teorico, ma nella pratica è da qui che nascono le politiche economiche: dalla Riforma Fornero al Jobs Act.
Tuttavia, per farvi un esempio, quando nel 2012 lo spread coi Bund Tedeschi (=differenza del tasso d’interesse, indice della rischiosità, tra un titolo tedesco ed uno Italiano) era arrivato alle stelle (per cui arrivò Marione Monti), a Draghi bastarono tre parole per porre fine alla crisi dei debiti sovrani: il famoso speech sul “whatever it takes”; cioè garantì che avrebbe fatto qualsiasi cosa per preservare l’euro, lasciando dunque intendere che avrebbe persino agito come prestatore d’ultima istanza se fosse stato necessario. Questo bastò agli investitori per stare tranquilli, gli interessi si calmierarono e le sue tre parole produssero un aumento del valore delle attività finanziarie detenute dagli investitori di circa 5.000 miliardi di euro. Con tre parole, Signori, tre parole. Il ruolo del garante è sempre fondamentale, che sia uno Stato con la lira o una Banca Centrale con l’euro, cambia poco. Dunque la domanda esistenziale che dovrebbe attanagliare il nostro sonno, almeno nei giorni pari, non è “Euro Sì o Euro No?”, ma è “Euro Come?”.
Un’altra cosa importante che dovete sapere è che il Debito Pubblico trova il suo corrispettivo nel Credito Privato (è mera contabilità pubblica, troppo spesso ignorata). Ogni debito di uno Stato è un credito – un’attività finanziaria o reale – di un privato investitore: dalla famiglia alla Banca. È la sua ricchezza. Non è un debito con la Bce o con un’entità sovrannaturale sconosciuta. Non è un debito con cittadini di pianeti lontani. È il debito che lo Stato ha con i suoi stessi cittadini. Voi direte: ma come, lo Stato che è composto da cittadini, ha un debito coi suoi stessi cittadini? Sì, perché senza questo meccanismo la moneta non nascerebbe affatto. Allora a questo punto vi chiederete una cosa che avete sempre dato per scontato: come nasce la moneta? Perché ci servono delle banconote per lavorare? Lo so, adesso si stanno attivando sinapsi cruciali. Questo potrebbe quindi essere argomento del prossimo articolo.
Tutto questo discorso, tuttavia, è basilare per ribaltare la visione che abbiamo di quello che le Teorie Economiche mainstream hanno dipinto come un mostro. Facendo leva sull’ignoranza di queste basi, si parla troppo spesso di competitività e di produttività nelle teorie economiche odierne. E come si diventa competitivi? Abbassando i salari. E come si diventa più produttivi? Lavorando di più.
Come amava ripetere il mio prof di latino: Cui prodest? A chi giova?
Non è mica cospirazionismo, è semplice conflitto tra interessi. In quattro parole: “it’s the economy, stupid” – diceva Clinton.
Quella stessa economy però insegnata in maniera sempre più parziale nelle Università della materia.
Università dominate nei programmi ministeriali da una sola teoria economica: quella mainstream (liberista, monetarista). Teoria, appunto, non legge naturale.
È come se chi facesse l’artistico studiasse solo ed esclusivamente l’impressionismo, senza mai guardare alle altre correnti che compongono la storia dell’arte e che esprimono tutti i modi diversi con cui guardare, interpretare ed immortalare il mondo.
Ripensare l’Economia, oggi è un dovere. Conoscerla, lo è ancora di più.
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