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Consulenti finanziari: ha vinto (per il momento) la lobby del conflitto d'interessi, hanno perso i risparmiatori che saranno ingannati
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Editoriale di Alessandro Pedone
23 dicembre 2015 18:34
 
 La legge di stabilità è ormai stata approvata e con essa è passato il colpo di mano della lobby del conflitto d'interessi bancario che è riuscita, ancora una volta, ad aggiungere confusione ai risparmiatori, penalizzando i consulenti finanziari indipendenti e favorendo i venditori di prodotti finanziari.

Per chi non avesse seguito le “puntate precedenti”, l'argomento di cui stiamo parlando è l'albo unico dei consulenti finanziari che riunisce in un gran calderone venditori di prodotti finanziari e consulenti e società di consulenza indipendenti. Sarebbe come fare un albo unico tra farmacisti e medici. Tra chi deve vendere e chi deve consigliare. E' semplicemente assurdo solo pensarlo.

Ma poiché il potere è nelle mani delle banche, cioè di chi vende, e non certo di chi consiglia, i promotori finanziari hanno voluto strafare ed in questo calderone utile solo a confondere i risparmiatori hanno voluto cambiarsi il nome ed hanno preteso di cambiarlo anche ai consulenti finanziari indipendenti.

Il promotori finanziari, nelle norme europee, si chiamano “agenti collegati” (tied-agent). In Italia ormai da molti anni, si chiamano “promotori”, appunto perché il loro compito è promuovere i prodotti e servizi finanziari della società per la quale hanno un mandato. Anche il servizio di consulenza finanziaria che la banca può erogare, ovviamente precisando i conflitti d'interessi collegati a quel servizio, non viene eseguito dal “promotore finanziario”, quest'ultimo è il tramite, colui che materialmente tiene i rapporti con il cliente, ma il servizio viene erogato dalla società mandante. I promotori finanziari, quindi, non sono consulenti, sono agenti di commercio.
Ma questo ruolo, a loro, sta stretto. Vogliono sentirsi liberi professionisti, perché l'attività di vendita li sminuisce ed hanno quindi preteso di cambiare nome.
Grazie alla legge di stabilità passata ieri 22 dicembre, all'interno del nuovo albo unico dei consulenti finanziari, i promotori finanziari verranno chiamati “consulenti finanziari abilitati all'offerta fuori sede” con un palese inganno per i risparmiatori.
Lo ripetiamo affinché sia chiaro: i promotori finanziari non fanno consulenza finanziaria direttamente, ma vendono il servizio di consulenza erogato dalla banca. E' assolutamente fuorviante chiamarli consulenti finanziari.

Ma c'è di più! I promotori finanziari hanno preteso, in particolare attraverso il coriaceo deputato Giulio Cesare Sottanelli, presidente di una banca e agente assicurativo, che fosse tolta la parola “Indipendente” dal nome della sezione che raccoglierà i veri consulenti finanziari, quelli, appunto, indipendenti che non hanno alcun mandato dalle banche e che erogano direttamente il servizio di consulenza finanziaria.
Dopo vari tira e molla è passata la dizione “consulenti finanziari autonomi” che chiaramente significa poco e non fa comprendere la vera caratteristica distintiva di questi liberi professionisti, cioè l'indipendenza dal sistema bancario che è normativamente prevista.
Ironicamente, questi professionisti – per legge - non possono avere rapporti con il sistema bancario neppure attraverso familiari (e di questi tempi la cosa può far sorridere) però il Parlamento ha preferito non scrivere nel nome dell'albo che sono “Indipendenti”.
La cosa paradossale è che diversi deputati che erano in commissione bilancio erano convinti che fosse passata la dizione “Indipendenti”. Perfino per l'ufficio studi della Camera, nel documento di sintesi degli emendamenti passati, ha scritto ai deputati che era passata la dizione “Indipendenti”.
In realtà nel testo è presentato poi in aula c'è finita la dizione “Autonomi”.
Insomma, l'ennesimo pasticcio contro gli interessi dei risparmiatori i quali dovranno distinguere i veri consulenti finanziari da quelli che si chiamano così ma sono in realtà agenti collegati.

Il Governo avrebbe tutte le carte in mano per fare chiarezza perché ha una delega dal Parlamento per recepire la nuova direttiva comunitaria MIFID 2 sui servizi d'investimento. In Europa c'è un fulgido esempio di come si potrebbe applicare questa direttiva a vantaggio degli investitori: il Regno Unito. In questo Paese, dopo una seri di scandali legati alla vendita di prodotti pensionistici con costi assurdi, hanno distinto in maniera netta la consulenza finanziaria indipendente dall'attività di vendita di prodotti finanziari. Si chiama RDR (Retail distribution review). Il risultato è stato che i finti consulenti finanziari sono praticamente spariti e sono aumentati moltissimo i veri consulenti finanziari, quelli indipendenti, portando ad una notevole diminuzione dei margini di ricavo per il sistema bancario.
Questa ipotesi è vista come il fumo negli occhi dal sistema finanziario italiano e dai promotori finanziari che dicono che questa norma è stata fallimentare perché ha diminuito molto la consulenza finanziaria ed aumentato le operazioni fatte in modalità “execution only”, cioè senza la “consulenza”. Quello che loro vedono come un insuccesso è in realtà la prova del successo della normativa inglese, perché la consulenza che è sparita non é consulenza, ma solo un modo per aumentare i margini che vanno al sistema finanziario. Riuscirà il Governo Renzi a fare la cosa giusta? Le premesse sono pessime e non ci lasciano ben sperare.
 
 
 
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