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Comunicato 
16 marzo 2003 0:00
 

Quello che "ilSole24ore" non fa dire sulla gestione attiva dei fondi comuni
Firenze 16 Marzo 2003 - A leggere le pagine della stampa finanziaria, non si comprende se i giornalisti economici scrivano perche' sono disinformati o per qualcos'altro. Il principale quotidiano finanziario italiano, "ilSole24ore", sembra che dia un colpo al cerchio ed uno alla botte.
Un esempio si trova nella prima pagina della sezione "Risparmio & Famiglia" dell'edizione odierna del quotidiano. Carlo Festa, curatore della pagina, nel descrivere i risultati disastrosi della gestione attiva del risparmio (il 79% dei fondi ha fatto peggio dei benchmark dichiarati) ha equilibrato questo dato oggettivo con riquadri nei quali si spiega che "Lo stock picking fa la differenza" e che "Una gestione attiva puo' aiutare a vincere". Informazioni alquanto discutibili, anche perche' non ci sono osservazioni sul confronto con i benchmark dichiarati.
Non si ricorda, ad esempio, che i fondi comuni sono stati nel 2002 largamente meno investiti dei propri benchmark e che incorporano i crediti d'imposta per effetto dell'andamento negativo del mercato. Nella pagina in questione, non si parla del fatto che le societa' di gestione si scelgono benchmark piu' facili da battere rispetto a quelli puri del mercato (che devono includere anche i dividendi, visto che i fondi li percepiscono), e che nonostante questo la stragrande maggioranza non riesce a battere neppure i benchmark "fasulli" che si scelgono.
Tiziano Bellemo (del San Paolo W.M.), intervistato dal nostro Carlo Festa, giustifica il fatto che la sua societa' ha battuto i benchmark solo nel 6,1% dei casi, dicendo che i loro benchmark fino ad ottobre dello scorso anno erano "puri" (cioe' erano al 100% azionari ed includevano i dividendi). Carlo Festa non ha niente da obiettare rispetto a questa giustificazione? Non poteva essere evidenziato, ad esempio, che non e' il massimo aver modificato i benchmark puri e che, in un anno di forte discesa dei mercati azionari, gli stessi benchmark puri sarebbero stati piu' facili da battere (e non viceversa) per effetto della liquidita' in portafoglio e dei crediti d'imposta?
Ma Carlo Festa fa dire al suo intervistato, Dario Frigerio (presentato come esperto, ma che e' l'amministratore delegato di una societa' di gestione, quindi parte in causa), qualcosa di ancor piu' discutibile, senza replicare. "Non e' semplice battere il benchmark: ma solo grazie a una gestione attiva ben fatta e' possibile. La gestione passiva e' invece strutturalmente sotto benchmark a causa dei costi che si devono sostenere per il ribilanciamento continuo del portafoglio". Frigerio rigira le carte in tavola. I costi di gestione (che nei fondi a gestione attiva sono decine di volte superiori rispetto ai fondi passivi) sono proprio la ragione per la quale e' sbagliato puntare sulla gestione attiva.
Infine, nel riquadro "Lo stock picking fa la differenza", si avalla l'idea che un professionista sia in grado di selezionare dei buoni titoli da mettere in portafoglio. Che questo non sia cosi', e' dimostrato dai dati presentati nella stessa pagina. Per ogni gestore che fa una scelta di portafoglio che risulta essere vincente, c'e' un gestore che fa la scelta che risulta essere perdente. E' un fatto casuale, ma nel fare questa selezione si spendono un sacco di soldi che vengono, comunque, pagati dal sottoscrittore del fondo.
W. Sharpe (premio Nobel che ha dato il nome al famoso indice di Sharpe), ha dimostrato inequivocabilmente (ed in modo semplice), che mediamente ogni euro investito con una gestione attiva e' destinato a fare peggio del mercato.
Perche' "ilSole24ore" avvalla la tesi della gestione attiva?
Alessandro Pedone, consulente Aduc per gli investimenti finanziari
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