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Educazione finanziaria: ottima, ma non è sufficiente
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Editoriale di Alessandro Pedone
16 giugno 2010 15:08
 
Il 9 Giugno scorso le principali Autorità di Vigilanza nel settore finanziario (Banca d'Italia, Consob, ISVAP, AGCM) hanno stipulato un protocollo d'intesa sull'educazione finanziaria.
L'educazione finanziaria è un po' come la “pace nel mondo”.
Tutti la vogliono, è impossibile non dichiararsi favorevoli, ma rimane sempre un'utopia.
Sia chiaro, niente di male (anzi, tutto di bene) nel perseguire con forza le utopie, ma parallelamente dobbiamo anche mettere in capo azioni pragmatiche più facilmente realizzabili.

Il principale problema dell'educazione finanziaria è semplice: la maggior parte di coloro che ne dovrebbero beneficiare, all'atto pratico, non la vogliono o non hanno gli strumenti culturali minimi per accedervi!
Mi rendo conto che questa affermazione può apparire singolare, specialmente se pronunciata da un'associazione di consumatori all'interno di un sito che ha proprio l'ambizione di fare un po' di informazione finanziaria (se non proprio educazione, che ci sembra una parola un po' troppo grossa...). Sarà singolare, è singolare, ma è vera. Non si può costringere le persone ad apprendere.
L'apprendimento, l'educazione, è qualcosa che può nascere solo in un clima di condivisione, specialmente in età adulta.
Dobbiamo accettare il fatto che una parte molto consistente di investitori semplicemente non vuole o non può apprendere. Le ragioni sono varie. Alcuni (troppi!) temono che la finanzia sia eccessivamente complessa e fuori dalla loro portata. Niente di più sbagliato, ma per loro è così. Altri non hanno veramente quel minimo di basi per poter affrontare un percorso di educazione finanziaria: il tema è spesso colpevolmente trascurato, ma in Italia il livello dell'analfabetismo è drammatico.
Sono circa 6 milioni le persone che non sanno leggere o non hanno alcun titolo di studio (neppure quello elementare!). Un interessante articolo del famoso linguista e politico Tullio De Mauro pubblicato sull' “Internazionale” ( n. 734, 6 marzo 2008) riporta un quadro drammatico derivante dall'ultima indagine internazionale sul livello di istruzione nei Paesi sviluppati. Secondo queste ricerche 5 italiani su 100, fra i 14 ed i 65 anni, non sanno distinguere una lettera da un'altra. Il dato, se possibile, ancora più drammatico è che ben 33 italiani su 100 non riescono a leggere e comprendere un testo appena articolato che riguardi fatti di interesse collettivo. Soltanto il 20% degli italiani, secondo questa indagine, “possiede gli strumenti minimi indispensabili di lettura, scrittura e calcolo necessari per orientarsi in una società contemporanea”.
In questo contesto, è evidente che i programmi di educazione finanziaria riguardano, potenzialmente, solo una minoranza.
Ciò non significa, sia chiaro, che non dobbiamo promuoverli ed anche incentivarli.
Ben vengano tutti i programmi di educazione finanziaria, dobbiamo però riconoscerne anche i limiti.
Cosa facciamo dei 4 italiani su 5 che, anche volendo, non potrebbero accedere ai programmi di educazione finanziaria?
Come abbiamo altre volte scritto (La tutela degli investitori passa dalla semplicità, non da una finta educazione), a nostro avviso, la strada più efficace passa attraverso le “opzioni standard”.
 
 
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