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L'ambiguo comportamento dei bond reali negli ultimi tre mesi
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Articolo di Nicola Zanella
15 gennaio 2009 0:00
 
La settimana dal 6 ottobre al 10 ottobre 2008 e’ stata una delle peggiori della storia del mercato azionario. Lo S&P 500 ha perso il 22,8%, il NIKKEY 225 il 24,33%, il FTSE 100 il 21,05% e il nostro MIBTEL il 21,2%. Proprio durante questa settimana horribilis, piu’ precisamente a partire dall’8 ottobre, i bond reali hanno cominciato a registrare forti perdite, entrando in un periodo di altissima volatilita’, rispetto ovviamente agli “standard” di questo tipo di mercato. Nei giorni compresi tra il 3 e il 7 novembre, 10 delle 14 obbligazioni indicizzate all’inflazione esaminate hanno toccato il minimo del periodo in esame (8 ottobre 2008 – 6 gennaio 2009). Di seguito nelle due tabelle mostro come di fatto si sono comportati i prezzi di queste obbligazioni in questo periodo per loro assai complicato e particolare; che quindi non puo’ rappresentare tali strumenti in condizioni di “normalita’”, ma che ci mette in allerta sugli eventuali rischi che di tanto in tanto possiamo incontrare investendo in questi titoli finanziari. Questa tabella contiene i dati relativi ai titoli di Stato italiani legati all’inflazione.
 
8-10-2008/6-01-2009 BTPI 15 ST10 BTPI 15 ST12 BTP 15 ST 14 BTPI 15 ST17 BTPI 15 ST19 BTP 15 ST23 BTP 15 ST35
rendimento gior. medio -0,0128 -0,0184 -0,0108 0,0160 0,0231 -0,0299 -0,1318
rendimento gior. max  0,6227 0,9615 1,1673 1,3761 2,2703 2,1452 3,7260
rendimento gior. min -0,8355 -1,7708 -1,4448 -3,4355 -3,4730 -4,2812 -3,8439
deviazione standard 0,2683 0,5020 0,5812 0,8870 1,1438 1,1706 1,4114
prezzo 8 ottobre 98,06 98,72 98,2 94,13 94,1 95,55 93,4
prezzo min 95,82 93,96 94,1 88,8 88,03 87,6 82
perdita max -2,28% -4,82% -4,18% -5,66% -6,45% -8,32% -12,21%
giorni per perdita max 38 19 19 19 19 19 35
 
 
Come si nota, in questi tre mesi cinque delle sette obbligazioni indicizzate all’inflazione hanno avuto un rendimento medio giornaliero negativo, spiegabile con il fatto che le quotazioni del sei gennaio 2009 sono minori di quelle dell’otto ottobre 2008. Inoltre si puo’ osservare come, soprattutto per i titoli a piu’ lunga scadenza, ci siano stati dei giorni con notevoli oscillazioni: ad esempio, il BTP 15 ST23 in un solo giorno ha perso il 4,28%. A partire dall’otto ottobre sono iniziati per queste obbligazioni dei giorni veramente di fuoco: cinque di loro in circa venti giorni di Borsa hanno perso fino all’8%. Il BTP 15 ST35 in 35 giorni di Borsa ha perso il 12,21%. 
Nella seguente tabella vi sono i dati dei titoli di Stato della zona euro quotati in Italia non emessi dall’Italia. Vi sono dunque le obbligazioni francesi, l’unica tedesca e l’unica greca.
 
8-10-2008/6-01-2009 BTANei LU 10 GGBei LU 25 OATei LU 12 OATei LU 15 OATei LU 20 OATei LU 32 DBRei AP 16
rendimento gior. medio 0,0008 -0,2270 0,0076 0,0651 0,0385 0,0385 0,0612
rendimento gior. max  1,1412 4,2506 1,2683 1,9382 2,1782 6,5814 2,1466
rendimento gior. min -0,7512 -3,3053 -1,1685 -1,1960 -2,6370 -4,3243 -1,7791
deviazione standard 0,2320 1,3256 0,4647 0,6242 0,9213 1,5831 0,6914
prezzo 8 ottobre 99,57 99,37 104,2 96,63 98,98 115,9 96,11
prezzo min 97,66 86,45 100,17 92,39 93,22 104,3 91,67
perdita max -1,92% -13,00% -3,87% -4,39% -5,82% -10,00% -4,62%
giorni per perdita max 37 60 23 22 20 20 18
 
Come per i bond reali italiani, si nota immediatamente come solo il titolo di Stato greco abbia avuto negli ultimi tre mesi un rendimento medio giornaliero negativo. Questo pero’ non vuole dire che gli altri titoli non abbiano sofferto in questo periodo, dato che significa solamente che i loro prezzi sono risaliti dai livelli del mese di ottobre. Infatti, se il GGBei LU25 greco ha perso in 60 giorni di Borsa il 13%, l’OATei LU 32 in 20 giorni di Borsa ha perso il 10%. Quest’ultimo titolo ha registrato inoltre la peggior oscillazione negativa giornaliera del periodo: in un solo giorno ha lasciato sul terreno il 4,32%. 
La conclusione che si puo’ trarre da questi dati e’ che anche questa tipologia di strumenti finanziari puo’ essere soggetta a notevole volatilita’ e quindi a quello che viene definito rischio di mercato, soprattutto in un contesto macroeconomico che “sembra” non essere favorevole a questo tipo di strumenti.
Questo strano comportamento dei titoli legati all’inflazione e’ stato per la maggior parte degli operatori del settore inaspettato e quindi difficilmente prevedibile; nonostante questo, gia’ dalla fine di ottobre, molti commentatori del mercato consigliavano di non investire in titoli legati all’inflazione o di vendere le quote in portafoglio per un “flight to quality” indirizzato alle obbligazioni di Stato convenzionali. 
In effetti, alla luce di quanto accaduto nelle settimane precedenti, alcuni si sono spinti ad affermare come lo scenario economico che ci attendeva/attende per i mesi futuri sia il peggiore possibile per questa tipologia di obbligazioni, dato che con una recessione iniziata in Usa piu’ di un anno fa e un probabile (ormai certo) rallentamento dei prezzi al consumo, con lo spettro addirittura di una “scomoda” deflazione, non e’ lecito attendersi nulla di buono. 
Sono state diverse le ipotesi sulla caduta violenta delle quotazioni dei titoli indicizzati all’inflazione in quel mese horribilis di ottobre. Pregevoli commentatori come Marco Liera sulle pagine del PLUS24 del Sole 24 ore in data 8 novembre e poi il bollettino mensile della BCE di Novembre pubblicato il 13 novembre hanno ipotizzato che il vistoso calo delle quotazioni sia stato dovuto alle vendite di operatori a leva (hedge fund) che avevano scommesso precedentemente sulla crescita del tasso di inflazione o comunque maggiore di quello implicito nel differenziale tra i rendimenti dei titoli tradizionali e le obbligazioni indicizzate, ma a causa della grave crisi finanziaria e del rallentamento dell’economia, hanno dovuto riformulare le loro attese di inflazione e modificare la loro allocazione tattica. 
Ricordo infatti che le obbligazioni legate all’inflazione hanno permesso di creare nuove strategie agli operatori di mercato, potendo scommettere anche sull’inflazione. Se un investitore volesse prendere posizione sul tasso di inflazione futuro, e se in particolare si aspettasse un’inflazione maggiore di quella attesa, dovrebbe comprare obbligazioni indicizzate all’inflazione e vendere allo scoperto quelle tradizionali. 
Al contrario se si attendesse un rallentamento dei prezzi, dovrebbe vendere allo scoperto i bond reali e comprare le obbligazioni convenzionali. 
Le decisioni di investimento dei fondi in quelle settimane di ottobre possono spiegare almeno in parte la caduta delle quotazione dei bond reali. Sostanzialmente, l’incremento di offerta di questi titoli non e’ stato controbilanciato dalla domanda dai veri investitori di lungo periodo, ossia i fondi pensione, per i quali le obbligazioni legate all’inflazione sono il migliore strumento per far combaciare gli attivi e i loro passivi. 
Personalmente sono convinto che anche la liquidita’ minore del mercato dei bond reali rispetto a quello dei titoli tradizionali abbia contribuito alla discesa dei prezzi di queste obbligazioni. 
Ad ogni modo, il rendimento vicino al 3% che molti bond reali offrivano a fine ottobre era certamente molto allettante, soprattutto per degli investitori di lungo periodo preoccupati di mantenere il potere d’acquisto dei loro risparmi nel corso del tempo. 
Quindi nonostante il recente andamento dei prezzi dei titoli indicizzati all’inflazione e le “attese” di una “probabile” deflazione, a fine ottobre ritenevo conveniente acquistare titoli agganciati all’inflazione. 
Sia perche’ un tasso reale del 3% e’ in linea con quello ottenuto in molti paesi negli ultimi secoli, sia perche’ ritenevo e ritengo ancora, a tre mesi di distanza, che il comportamento dei prezzi delle obbligazioni indicizzate all’inflazione in questi mesi sarebbe stato tutto fuorche’ facilmente prevedibile, direi piu’ precisamente ambiguo. Un rallentamento economico unito ad un raffreddamento dei prezzi al consumo porta ad una scenario in cui e’ assai complicato prevedere quale asset class rendera’ meglio, in particolare se i bond reali o le obbligazioni tradizionali a tasso nominale. Tra i contesti macroeconomici possibili in cui ci possiamo trovare, uno in cui gli agenti economici hanno aspettative di bassa inflazione futura, in cui vi e’ una certa riluttanza ad investire nel mercato del capitale di rischio, e con tassi nominali che si abbassano grazie alla politica monetaria delle banche centrali aggressiva, non mi delude poi tanto. 
E’ facile parlare ex-post, ma il comportamento dei titoli agganciati all’inflazione nei mesi seguenti al calo di ottobre, confermano la mia analisi. Come visto in precedenza, otto dei quattordici titoli quotati in Italia hanno visto i loro prezzi salire dal “minimo” di ottobre e addirittura superare i livelli del 6 ottobre. Gli altri, tranne il titolo emesso dalla Grecia, sembrano in grado di ritornare ai livelli “pre-crash”, essendo molti vicini a quei prezzi. 
Ad inizio ottobre per tutti era quasi impossibile prevedere la caduta delle quotazioni dei bond reali nelle settimane a venire, ed impossibile prevedere l’andamento dei corsi nei mesi successivi in quel contesto macroeconomico che si andava a delineare. 
Il taglio dei tassi da parte delle banche centrali ha portato all’aumento delle quotazioni dei bond reali, rendendo il comportamento di questi titoli ex-post “abbastanza” decifrabile, ma ex-ante, ossia da ottobre, dire come si sarebbero comportati i bond reali, meglio ancora, quale tra i titoli convenzionali e quelli indicizzati avrebbero dato i rendimenti maggiori, sarebbe stato assai complicato. 
 
Nicola Zanella, 26 anni, e’ un ricercatore finanziario. I suoi interessi di ricerca sono: la teoria dei mercati efficienti, la finanza comportamentale, l’equity premium e l’equity premium puzzle, la prevedibilita’ delle serie azionarie, l’effetto di diversificazione temporale delle azioni, l’asset allocation e le obbligazioni indicizzate all’inflazione. E’ autore dei papers pubblicati nel sito di Investire Informati di Aduc dal titolo “Le obbligazioni indicizzate all’inflazione, 2008”; “La distribuzione di probabilita’ dei ritorni azionari futuri sara’ la medesima del passato?, 2008”. Puo’ essere contattato all’indirizzo E-mail: n.zanella (c-h-i-o-c-c-i-o-l-a) aduc (p-u-n-t-o) it, oppure usando la form per le domande
 
 
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