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Fondi comuni d'investimento: il problema del credito d'imposta
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Articolo di Alessandro Pedone
29 aprile 2009 0:00
 
Come è noto, i fondi comuni d'investimento italiani hanno una tassazione diversa da quelli di diritto estero. Per non scendere in tecnicismi, in sostanza, nei fondi italiani le tasse vengono pagate direttamente dal fondo e non vengono calcolate sull'effettivo guadagno realizzato dal sottoscrittore. 
Molti sottoscrittori di fondi pagano, indirettamente, tasse anche su guadagni mai realizzati, o perfino a seguito di perdite.  Tutto ciò è evidentemente ingiusto. Il problema è sul tavolo da anni e ne abbiamo parlato altre volte. 
In questo articolo desideriamo porre l'accento su una conseguenza di questo perverso meccanismo che costituisce oggi una notevole zavorra per molti fondi comuni d'investimento, in particolare azionari: un motivo in più per starne alla larga.
 
L'ultimo tracollo dei mercati ha portato molti fondi comuni (in particolare quelli azionari) ad avere una quota di credito d'imposta significativa (o MOLTO significativa). 
Cosa significa questo, in pratica? Proviamo a chiarirlo con un esempio. 
Immaginiamo che un fondo comune abbia 100 milioni di euro di patrimonio. 
Se il fondo guadagna 10 milioni dai propri investimenti avrà un incremento del valore del fondo pari a 8,75 milioni portando il valore del fondo da 100 milioni a 108,75 milioni, poiché il fondo ha pagato 1,25 milioni di capital gain (il 12,5% di 10 milioni). 
Qualora, invece di guadagnare 10 milioni il fondo dovesse perdere 10 milioni, il patrimonio del fondo diventerebbe di 91,25 milioni. 
Tale patrimonio sarebbe composto per 90 milioni in titoli e per 1,25 milioni in "Risparmio di imposta" (come viene chiamato nei resoconti dei fondi).
In questo esempio, il patrimonio del fondo è composto per il 98,6% in titoli e la restante parte è un patrimonio fittizio, perché costituito da un futuro possibile risparmio d'imposta. 
Torniamo ad ipotizziamo adesso che i 90 milioni di titoli abbiano un rendimento di 10 milioni (l'11% circa). In questo caso il fondo dovrebbe pagare 1,25 milioni di imposte, ma non li pagherà perché usa il credito (il quale viene azzerato) ed il fondo si troverà ad avere di nuovo 100 milioni di patrimonio, tutto reale. 
 
Domandiamoci adesso cosa accade se il fondo ha un 15% di "Risparmio di imposta" in pancia. 
Solitamente i fondi comuni tengono un 5/10% di liquidità per far fronte ai rimborsi (può essere anche maggiore se ritengono di fare market-timing). Sommando le due cose, tra un quinto ed un quarto del patrimonio non viene investito. Ciò significa che se il mercato di riferimento del fondo guadagna il 10% - e se anche il gestore riuscisse, al netto di tutti i costi, a replicare il guadagno del  mercato – il fondo nel suo complesso guadagnerebbe solo l'8%. 
Ma il problema è ancora più grave. Se il fondo possiede una quota rilevante di credito d'imposta, quando le richieste di riscatto sono maggiori dei versamenti (ipotesi molto probabile poiché quando i mercati vanno male i riscatti sono forti) per poter liquidare ai sottoscrittori anche la parte del credito d'imposta i fondi devono vendere una parte di titoli maggiore rispetto a quella corrispondente all'incidenza della quota sul patrimonio del fondo. 
Così facendo, il peso percentuale del credito d'imposta diventa sempre più alto. 
Anche qui facciamo un esempio. 
Ipotizziamo che il fondo abbia 100 milioni di valore di cui 15 come credito d'imposta. Il fondo riceve 40 milioni di richieste di riscatto. Il fondo deve vendere 40 milioni di titoli ed il suo patrimonio diventa 60 milioni di cui 15 come credito d'imposta. Prima dei riscatti il credito d'imposta pesava per il 15%. Dopo i riscatti il credito d'imposta pesa per il 25%.
Che rendimento devono avere i 45 milioni rimanenti per compensare tutto il credito d'imposta? Per compensare 15 milioni di credito d'imposta è necessario realizzare 120 milioni di plusvalenze che su 45 milioni rappresenta il 266%. 
E' da sottolineare che, poiché fra credito d'imposta e liquidità naturale si raggiunge il 35%, solo il 65% del patrimonio, nell'esempio, è investita in azionario. Nel caso in cui il mercato di riferimento avesse un rendimento del 100% il fondo potrebbe avvantaggiarsene solo per il 65%.
Si può ipotizzare che i numeri appena espressi rappresentino esempi non realistici e che normalmente il peso del credito d'imposta sui fondi azionari sia trascurabile. 
Non è affatto così!
Sono frequenti i casi di fondi comuni azionari che hanno crediti d'imposta superiori al 15%. Ho personalmente analizzato fondi che hanno oltre la metà del patrimonio come credito d'imposta!
E' evidente che non ha alcun senso investire, o continuare ad investire, in questi fondi.
E' vero che talvolta i gestori, per tentare di ridurre il problema utilizzano derivati, ma l'utilizzo di strumenti derivati non è affatto privo di costi e di rischi.
Come Aduc Investire Informati da tempo sosteniamo che nella grande maggioranza dei casi investire in fondi comuni a gestione attiva è sconsigliabile. Nel caso di fondi comuni con forti crediti d'imposta vi è un'ulteriore – pesante – ragione. 
 
 
 
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