testata ADUC
Il microcredito tra luci e ombre
Scarica e stampa il PDF
Articolo di Rosa a Marca
17 gennaio 2011 19:52
 
Nel 1983 l'economista bengalese Muhammad Yunus fondò Grameen Bank, l'istituto specializzato nel microcredito. Quella che venne definita la banca dei poveri concede piccole somme alle persone senza mezzi, ma con qualche buona idea, perché possano avviare un'attività senza dover dare garanzie né pagare tassi esosi. In breve tempo sono sorte un po' ovunque nel mondo delle banche ispirate a quel modello, e per la sua formidabile idea, nel 2006 Yunus ha ottenuto il premio Nobel per la Pace. Mancano dati certi riguardo al sistema globale di microfinanziamento, ma grosso modo si sa che i percettori sono al 90% donne, che in tutto saranno 100 milioni, e le somme da restituire 65 miliardi di dollari Usa, che gli istituti di microfinanziamento (Mfi) sono 10.000, di cui mille già in grado di conseguire utili. Accanto ai microcrediti ci sono anche microassicurazioni e specifici strumenti per il risparmio.
Tutto bene, dunque? Non proprio e non in questo momento.
Il 14 gennaio, il più prestigioso giornale bengalese, The Daily Star, scrive che il Governo del Bangladesh ha allontanato Muhammad Yunus dal vertice della "sua" banca. E nulla come questa notizia dà l'idea della crisi in atto.
Su Yunus pesano sospetti di irregolarità denunciate da un'inchiesta televisiva in Norvegia. "Intrappolato nel microcredito" s'intitola il servizio del giornalista danese Tom Heinemann, secondo cui nel 1996 Yunus avrebbe stornato 7 miliardi di Taka bengalesi (74,5 milioni di euro) a favore di una sua azienda di servizi per la salute -soldi donati da Norvegia, Svezia, Olanda e Germania per finanziare prestiti attraverso la Greemen Bank. Il ministero delle Finanze bengalese annuncia che un comitato di cinque esperti indagherà sui tassi d'interesse praticati da Grameen Bank e sulle accuse di violazione delle regole nel trasferimento di fondi. L'indagine durerà almeno quattro mesi.
Ma non è tutto. Da alcune settimane in India ci sono Mfi finite nel mirino dopo che alcuni contadini superindebitati si sono tolti la vita. L'accusa è che abbiano erogato più crediti alla stessa persona e a tassi esagerati. Critiche sono state mosse anche alla più importante Mfi indiana, SKS Microfinance, che ha fatto il suo ingresso in Borsa a condizioni non proprio consone allo spirito originario. L'invito di personalità politiche ai poveri, di non restituire i soldi agli "squali del microcredito", sta dando i suoi frutti, e diverse Mfi sono sull'orlo del fallimento. La seconda per dimensione, Spandana, che per quindici anni ha avuto il 100% di restituzione dei soldi prestati, oggi è al 2%.

Il microcredito trasformato in un "sistema sanguisuga"? Per Mihir Bhatt, prestigioso capo dell'AIDMI (All India Disaster Mitigation Institute), la critica va presa sul serio. "E' importante capire se la microfinanza è divenuta una macchina per fare soldi o se serve ancora al suo obiettivo iniziale di ridurre la povertà". Un obiettivo attualissimo, considerato che la Banca Mondiale parla di 4 miliardi di individui costretti a vivere con meno di 4 Usd al giorno; di 2,7 miliardi di persone impossibilitate ad accedere ai normali servizi di finanziamento; di metà dei nuclei famigliari senza un conto in banca. Nessun altro sistema, come la microfinanza, è riuscito finora a combattere la povertà, sostiene Bhatt. E' per questo che andrebbe perseguito con la massima severità chi abusa scientemente del sistema.
Non è l'unico a pensarla così. L'Istituto Geografico dell'Università di Basilea lavora con Bhatt fin dal 2001, quando un terribile terremoto devastò lo Stato indiano del Gujarat. Un suo membro dice che nella zona terremotata, dove si è fatto funzionare il microcredito, la situazione socioeconomica dei più poveri è migliorata da prima del terremoto.
Ma erogare soldi non basta. Bisogna insegnare alla gente come si gestisce un credito. Ed è questo che non ha funzionato nello Stato dell'Andhra Pradesh, dove la furibonda concorrenza tra società eroganti ha portato a una situazione fuori controllo.
Secondo Bhatt, l'essenziale non è quanto sia alto il tasso d'interesse, ma chi ne approfitta. "Se gli interessi rientrano nelle casse delle Mfi come somma aggiuntiva, quel denaro tornerà ai poveri. Tutta un'altra storia, invece, se gli interessi elevati finiscono nelle tasche degli investitori privati".
Comunque si concluda l'indagine su Yunus, e al di là di incongruenze e malaffare di alcuni istituti, è sempre bene ricordare l'adagio: "Ciò che ha successo, ha anche nemici".
 
 
ARTICOLI IN EVIDENZA
 
ADUC - Associazione Utenti e Consumatori APS