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Un problema di "metodo"
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Articolo di Alessandro Pedone
18 gennaio 2008 0:00
 
Un gentile lettore ci scrive sollevando un problema molto significativo:
Sono "fondista" da oltre un ventennio e con questi prodotti ho gestito con alterni risultati i miei risparmi.
La recente comparsa degli etf ha creato una validissima alternativa ai fondi ma alcuni problemi permangono:
1)Sono assolutamente consapevole del ruolo parassitario svolto internazionalmente ed ancor piu' in Italia dai fondi comuni.
Il 90% o piu' dei fondi replica male ed a costi alti il mercato sottostante che ottiene puntualmente migliori risultati. Ovvio che quindi occorre cercare chi crea davvero valore in quel 10% di fondi ben gestiti. Vorrei una sua opinione sulla possibilita' di selezionare tali prodotti.

2) Selezionare i prodotti per merito puo' servire a migliorare la redditivita' del portafoglio che peraltro potrebbe essere "misto" ovvero rappresentato da etf e fondi comuni "brillanti". Il problema dei problemi e' pero' il metodo ,ovvero come gestire il mix di prodotti selezionati, perche' ai fini dei risultati conta enormemente il rispetto di una disciplina stabilita ex ante onde non subire passivamente ed in preda all'emotivita' le inevitabili crisi dei mercati.
Poco importa che un etf rende piu' di un fondo comune se poi viene movimentato con timing errati (uscire ai massimi e vendere ai minimi).
Insomma, prendendo a prestito un paragone "gastronomico": se e' cruciale selezionare buoni ingredienti e' altrettanto vitale conoscere la ricetta e i tempi di cottura per ottenere un buon piatto altrimenti anche il miglior filetto finisce in pattumiera.
Questi sono i temi che vorrei veder sviluppati in futuro in Aduc.


La prima domanda che ci pone il lettore e' se noi crediamo che sia possibile selezionare il 10% dei fondi comuni d'investimento ben gestiti. La diatriba e' di quelle di lunga data e difficile da districare. Come spesso accade in finanza, non possono esserci risposte definitive. Possiamo dire la nostra, personalissima, opinione. Dovremmo pero' prendere in prestito una famosa battuta di Toto': "qui lo dico, e qui lo nego". Noi crediamo che una parte minoritaria di fondi comuni d'investimento possa essere uno strumento d'investimento sensato e quindi da valutare. Si tratta di una minoranza che noi stiamo essere inferiore al 5%. L'investitore che fa questa scelta, pero', si assume un rischio superiore (il rischio "gestore") ed un onere maggiore dovuto alla necessita' di controllare periodicamente che il fondo scelto rimanga nei parametri che ne hanno determinato la scelta.
Abbiamo richiamato la battuta di Toto' perche' noi non vorremmo, da questo sito, dare il messaggio di andare a ricercare "i migliori fondi". Si tratta di un messaggio che puo' essere fuorviante per la maggior parte dei nostri lettori. Per quella piccola parte, a cui lei probabilmente appartiene, che vuole provare a fare fund-picking posso consigliare il bel lavoro realizzato da Paolo Sassetti, analista finanziario indipendente, che si chiama "Judo Finanziario". In quel CD, Sassetti illustra alcune tecniche di selezionare dei fondi.
Per completezza dovremmo anche dire che ci sono autorevolissime tesi che sostengono che la selezione dei fondi sia tempo perso poiche' sarebbe impossibile fare alcuna previsione sui fondi ipoteticamente "migliori".
Una cosa e' certa, se si crede nella ipotetica capacita' di un gestore di fare meglio della media del mercato, come prima cosa si dovrebbe scegliere quei gestori che, quantomeno, fanno una vera gestione attiva (sbagliando o meno). Per verificare che il gestore fa una reale gestione attiva ci sono delle tecniche abbastanza semplici da applicare. Nel piccolo sottoinsieme di gestori che fanno una vera gestione attiva, si dovrebbero selezionare quelli che fanno meglio della media del mercato e qui casca l'asino, perche' noi crediamo che sia molto difficile, se non impossibile, farlo e qui ci colleghiamo alla seconda domanda, la piu' interessante.

Un metodo d'investimento
Il lettore ha compreso una lezione assolutamente centrale degli investimenti finanziari.
Una volta evitate le mille trappole tese agli investitori dall'industria del risparmio gestito, resta il problema di capire quanto azionario mettere in portafoglio e come eventualmente modificarlo in funzione sia dell'andamento del mercato che delle esigenze personali (ad esempio: si stabilisce un 30% di azionario, ma dopo 3 anni, in funzione dell'andamento del mercato ce ne troviamo il 40%, che fare? Oppure: abbiamo bisogno di disinvestire una grossa fetta del patrimonio: che vendiamo?). Una volta stabilita la percentuale della componente azionaria c'e' il problema della tipologia di scelte ed -eventualmente- del timing
Si tratta di problemi che potremmo definire di strategia d'investimento.
La prima cosa da sapere, in tema di strategia d'investimento, e' che non esiste quella corretta ex- ante. Nessuna teoria finanziaria fino ad oggi ha prodotto (e forse mai protra' farlo) tesi che consentano di dire con certezza che una strategia d'investimento sia certamente migliore rispetto ad un'altra.
La finanza e' il regno dell'incertezza.
Senza dubbio, una strategia (qualunque essa sia) e' meglio di nessuna strategia, ma mille strategie sono peggio di nessuna strategia.
Solitamente gli investitori oscillano tra i due opposti: 1) investono senza alcuna strategia, affidandosi alle circostanze (i consigli di presunti esperti, l'ultima lettura, ecc.); 2) adottano una strategia salvo adottarne una opposta appena le cose vanno diversamente da come ipotizzavano/speravano.
Entrambe le strade portano certamente, col tempo, a perdere soldi.

Una strategia deve portare ad identificare essenzialmente quando/cosa comprare e quando/cosa vendere.
La base di una qualunque strategia deve essere un "ragionamento" e qualunque "ragionamento" si base su alcuni presupposti.
Nel caso degli investimenti finanziari, prima di identificare una strategia e' necessario che l'investitore si faccia la propria convinzione su come e perche' i prezzi delle attivita' finanziarie si muovono. Da questa convinzione deriva il proprio approccio ai mercati finanziari.
Poiche' i mercati finanziari sono fatti da essere umani e questi ultimi sono profondamente mutevoli, non sara' mai possibile stabilire con certezza come e perche' si muovono i prezzi delle attivita' finanziarie. Nessuna strategia, quindi, sara' quella giusta in assoluto (come abbiamo gia' detto).
Se un investitore e' convinto, ad esempio, che i prezzi tendano a seguire, piu' o meno correttamente, i fondamentali dell'economia, potra' provare ad utilizzare una strategia basata su questa convinzione (vendere quando il prezzo teorico e' piu' alto di quello effettivo e viceversa). Altri investitori possono ritenere che il legame con i fondamentali dell'economia sia troppo labile e che sia preferibile osservare l'andamento dei prezzi e da questo far derivare delle scelte di acquisto vendita (c.d. "analisi tecnica"). Altri investitori ancora possono ritenere che i mercati finanziari siano sostanzialmente imprevedibili e da questa convinzione derivano strategie ancora diverse (creare il portafoglio essenzialmente in base al rapporto rischio/rendimento).
Personalmente, mi riconosco nella terza categoria: io ritengo che sostanzialmente i mercati finanziari siano imprevedibili, ma credo anche che il modello tradizionale di rischio/rendimento sia essenzialmente scorretto. Preferisco quindi un approccio ai mercati di tipo "sistematico" basato su regole di entrata uscita essenzialmente di tipo statistiche basate sull'osservazione di alcune correlazioni che assumo poter essere valide anche in futuro. La base dell'approccio e' essenzialmente controllare il rischio, prima ancora di puntare al rendimento. In termini calcistici: primo, non prendere goal.
Cio' non significa, pero', che il mio approccio sia il migliore possibile ne' che questo sito voglia consigliare questo approccio a tutti gli investitori. Come gia' detto, e' fondamentale che una strategia sia perseguita fino in fondo. Se un investitore non e' convinto di una strategia, e' facile che alla prima difficolta' l'abbandoni. E' meglio utilizzare una strategia in teoria meno corretta (se mai fosse possibile fare una graduatoria) ma nella quale si crede, piuttosto che utilizzare la strategia piu' corretta ma nella quale non si crede fino in fondo. Ovviamente, qualunque strategia, oltre che basarsi sulla propria "visione" relativa ai mercati finanziari deve basarsi anche (direi principalmente) sulle specifiche caratteristiche dell'investitore sia in termini di necessita' finanziarie che di propensione. Si pensi ad esempio all'eterna "lotta" fra contrarian e trend follower. I primi ritengono che la cosa importante sia comprare quanto tutti vendono, i secondi fanno esattamente l'opposto. Entrambi possono aver ragione (e questo e' quello che fa esistere il mercato). E' prima di tutto una questione di propensione individuale. C'e' chi ha la psicologica per comprare quando tutti vendono e tenere duro se per un periodo di tempo la scelta fatta puo' apparire perdente. Per essere contrarian ci vuole, prima di tutto, "il fisico".
Essere trend follower e' piu' facile inizialmente, ma piu' difficile perche' e' necessario saper vendere il perdita (cosa che il contrarian mai farebbe). Anche in questo caso, si tratta, prima di tutto di una questione di propensione.

Non e' possibile, quindi, poter scrivere articoli su questo sito che consiglino un certo tipo di strategia perche' la strategia corretta dipende prima di tutto dall'investitore.
Questo sito si pone, prima di tutto, un obiettivo piu' modesto: evitare le trappole dell'industria del risparmio gestito. Non e' tutto, lo sappiamo benissimo, ma non e' neppure poco.
 
 
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