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Rendimento reale e rendimento nominale: questi sconosciuti...
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Articolo di Nicola Zanella e Alessandro Pedone
28 ottobre 2008 0:00
 
E' impressionante osservare come troppo spesso non solo sprovvisti risparmiatori, ma anche persone piuttosto qualificate abbiano difficolta' nel relazionarsi con i concetti di "valore nominale" e "valore reale". 
L'effetto dell'inflazione nelle scelte economiche e finanziarie e’ molto rilevante, ma quasi sempre viene ignorato. Tutti tendono a ragionare in termini di valore nominale quando l'unica cosa che deve interessare ad un investitore e' il valore reale, cioe' il potere di acquisto del denaro. 
Puo' capitare cosi' che perfino sul Sole 24 di domenica 26 Ottobre 2008 appaia un articolo sulle obbligazioni legate all'inflazione nel quale l'autore (Marcello Frisone), che senza alcun dubbio ha una conoscenza di queste cose superiore alla media, espone una serie di considerazioni chiaramente fuorvianti su questo strumento relativamente nuovo. 
Nell'articolo in questione si legge: “dato che non si puo' sapere quale sara' l’inflazione durante la vita del titolo, e' impossibile determinare un rendimento certo ex-ante”. Fare un’affermazione simile significa porre l’attenzione sul rendimento nominale del titolo (conoscibile ovviamente solo ex-post) e perdere completamente di vista cio' che dovrebbe interessare ogni risparmiatore: il rendimento reale, meglio se al netto delle tasse. E' il rendimento reale che dovrebbe preoccupare i risparmiatori, non quello nominale. Anzi, il pregio di questi strumenti e' proprio quello di fornire una indicazione del rendimento “reale” che si verra' ad ottenere acquistando tali titoli. Il problema che magari bisognava sollevare dalle pagine del Sole 24ore e' che questo apprezzamento dovuto all’inflazione in alcuni paesi come l’Italia e' tassato, quindi il rendimento che danno le obbligazioni legate all'inflazione non e' proprio pari a quello reale, dato che contiene, tra gli altri, anche un premio per il rischio tasse sui guadagni attesi. 
L'articolo continua: “Al rendimento nominale infatti – quello garantito dalla cedola – andra' aggiunto il tasso di inflazione verificatosi durante la vita del titolo (ovvero durante il periodo di detenzione). Il rendimento a scadenza di queste obbligazioni quindi e' forzatamente una stima legata alle previsioni di inflazione futura
La frase e' tecnicamente sbagliata in primo luogo perche' si confonde il rendimento nominale con la cedola. Per rendimento nominale si intende una cosa precisa e cioe' il rendimento al lordo dell'effetto dell'inflazione. Per rendimento reale, invece, si intende il rendimento depurato dall'effetto dell'inflazione. Potremmo semmai dire che la cedola rappresenta una approssimazione accettabile del rendimento reale del titolo (al lordo delle tasse) nel caso in cui si acquisti a 100 e si porti a scadenza. 
A parte gli aspetti terminologici, la cosa che lascia perplessi della frase citata e' che ancora una volta si sottolinea come il rendimento (nominale) sia legato alle stime di inflazione futura, mentre il punto di forza di questi titoli e' proprio la loro capacita' di proteggere dall’inflazione inattesa. 
La difficolta' a relazionarsi con i concetti di rendimento reale e rendimento nominale viene palesata dal fatto che nell'articolo si scriva: “Per avere una stima del ritorno complessivo del titolo, al rendimento nominale del 3,15% andra' aggiunta la stima del tasso di inflazione medio annuo fino alla scadenza: con il 2% di inflazione la stima del rendimento reale sara' del 5,15%”. E ancora nella tabella si indica il rendimento effettivo a scadenza delle obbligazioni legate all'inflazione come “rendimento nominale”, e “il rendimento lordo complessivo pari a rendimento lordo nominale + inflazione attesa oggi”
Evidentemente il "rendimento reale" del titolo non sara' affatto del 5,15% (magari esistesse un titolo di stato che garantisca il 5,15% di rendimento reale!) poiche' per rendimento reale si intende appunto il rendimento effettivo al netto dell'inflazione. 
L'errore concettuale e' invece quello di sommare la cedola (chiamata impropriamente rendimento nominale) con l’inflazione attesa oggi. Si tratta, come gia' sottolineato, di un dato fuorviante.  
Il rendimento delle obbligazioni legate all'inflazione e' un ritorno reale fisso, mentre i cash flow distribuiti sono nominali. Il punto e' che questi cash flow, a differenza di quelli dei titoli tradizionali, hanno sempre lo stesso valore al netto dell’inflazione.
Il problema delle obbligazioni a tasso fisso tradizionali (come i BTP) e' proprio che non si puo' determinare, ex-ante, il valore reale (cioe' al netto dell'inflazione) dei flussi per l'impossibilita' di conoscere l'inflazione futura. E' per questo che nascono le obbligazioni legate all'inflazione. In questo articolo si fa passare per un punto di debolezza quello che in realta' e' il punto di forza delle obbligazioni legate all'inflazione, il tutto facendo una grande confusione proprio sul piano terminologico. 
Se anche la stampa specializzata arriva a pubblicare un articolo tecnico chiaramente errato come quello citato, cosa possiamo aspettarci dai comuni risparmiatori?
Torna in mente la proposta di un famoso economista vivente, Robert Shiller, che propone di cambiare l'unita' di misura nella quale si esprimono i prezzi. Il valore nominale della moneta e l'unita’ nella quale si esprimono i prezzi non devono necessariamente coincidere. 
Si potrebbe benissimo esprimere i prezzi in unita' di un paniere di beni (come fanno in Cile), in questo modo sarebbe di palmare evidenza che l'unica cosa che conta e' il valore reale, non il valore nominale. 
Probabilmente la proposta di Shiller non verra' realizzata a breve nei principali paesi industrializzati, non ci resta quindi che sperare che almeno i lettori di Aduc Investire Informati siano attenti ai rendimenti reali dei loro portafogli e non solo a quelli nominali. 
Noi ce la mettiamo tutta per sottolinearlo ogni volta che possiamo.

Allegato: Articolo Sole.JPG

 
 
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