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Risparmio gestito e investimenti finanziari: un problema etico e culturale
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Articolo di Roberto Cappiello
5 novembre 2008 0:00
 
Dopo alcuni anni dalla pubblicazione dei dati in tema di risparmio gestito a cura dell'ufficio studi di Mediobanca, dopo diversi crack finanziari fra i quali quello dell'Argentina, della Cirio e della Parmalat, dopo gli sconvolgimenti dovuti ai mutui sub-prime (ancora in atto), dopo una abbuffata esagerata di utili ai danni dei piccoli risparmiatori da parte delle banche, si comincia a prendere atto del fatto che nel nostro paese c'e' bisogno di: 1) piu' trasparenza nella definizione delle caratteristiche e nelle modalità di collocamento delle obbligazioni strutturate; 2) di uno sviluppo di una etica degli intermediari finanziari; 3) di una maggiore consapevolezza da parte degli investitori.
Le campane, per ora, cominciano a suonare tutte la stessa musica, mi riferisco alla Consob (Commissione Nazionale per le Società e la Borsa presieduta da Lamberto Cardia), l'Autorita' Garante per la Concorrenza ed il Mercato (Antitrust presieduta da Antonio Catricala') e La Banca d'Italia presieduta dal Governatore Mario Draghi. Sara' che si tratta di una conseguenza necessaria dovuta al recepimento della Direttiva 2004/39/CE denominata MIFID (Market in Financial Instruments Directive) che introduce importanti novita' nel settore, sara' perche' si vuole dare una soluzione al problema dell'industria del risparmio gestito, fatto sta che oggi i nodi sembrano essere venuti al pettine; staremo a vedere come saranno sciolti nel concreto.
Ma veniamo alla questione vera e cerchiamo di fare insieme alcune riflessioni.
Vi propongo qui di seguito una parte della Relazione annuale della Consob relativa all'anno 2006, pubblicata nel luglio 2007, che sintetizza molto bene i termini del problema, ma soprattutto ci offre lo spunto per le considerazioni che faremo successivamente. Scrive Cardia: Il settore dei fondi comuni registra una prolungata fase di difficolta' mentre aumenta il peso nel portafoglio dei risparmiatori di altre forme di investimento quali le polizze assicurative a contenuto finanziario e le obbligazioni bancarie, spesso caratterizzate da strutture complesse e di piu' difficile valutazione.
Questa evoluzione riflette, in larga parte, gli obiettivi delle reti distributive, che negli ultimi anni hanno visto privilegiare la vendita dei prodotti finanziari a piu' elevati margini di rendimento per i distributori e funzionali alle strategie di finanziamento dei gruppi di appartenenza. Gli alti costi di distribuzione riducono non solo il rendimento finale per gli investitori, ma anche le risorse destinabili all’innalzamento della qualità del servizio di gestione. L’applicazione della MiFID rappresenta un’occasione per gli intermediari di riconoscere che il miglioramento della qualita' dei servizi resi ai propri clienti rappresenta la principale opportunita' per realizzare profitti, in un quadro di mercato aperto alla competizione con soggetti appartenenti a sistemi gia' orientati a questi principi. La MiFID rimette alla responsabilita' degli intermediari le scelte organizzative per garantire trasparenza e correttezza nella gestione dei conflitti di interessi. In tale ambito dovranno operare incentivi ai dipendenti e dovra' essere curata al meglio la loro preparazione professionale, affinche' assumano comportamenti corretti e di elevata qualificazione; dovra' essere favorita la diffusione di una cultura aziendale orientata a uno sviluppo compatibile con la tutela degli interessi dei clienti. Le Autorita' sono chiamate a vigilare sulle scelte compiute. Un’area prioritaria per la Consob e' il miglioramento della trasparenza nella definizione delle caratteristiche e nelle modalita' di collocamento delle obbligazioni strutturate. In ogni caso, la piena conoscenza, da parte dell’investitore, dei profili di rischio associati a tali strumenti e' un’esigenza che deve essere assolta dall’intermediario. Allo sviluppo di un’etica degli intermediari devono corrispondere iniziative che, attraverso un’educazione al risparmio, aumentino la consapevolezza degli investitori e disincentivino comportamenti di “azzardo morale” (moral hazard). I risparmiatori italiani hanno infine bisogno di maggiori garanzie sull’efficacia delle sanzioni giuridiche e morali nei confronti di chi compie gravi violazioni. La continua e proficua collaborazione con l’Autorita' giudiziaria, attraverso un’attivita' coordinata nell’assunzione e gestione delle informazioni, ha portato in evidenza comportamenti gravemente lesivi delle regole”
La prima considerazione e' che, contrariamente a quanto hanno scritto i giornali, la fuga dei risparmiatori italiani dai fondi comuni di investimento non e' dovuta alla penalizzazione del sistema di tassazione dei fondi italiani, bensi' alle politiche di gestione delle banche e delle reti di vendita che hanno indirizzato i risparmiatori verso polizze assicurative e obbligazioni bancarie (prodotti con piu' alti margini di profitto e minore assistenza post vendita).
La conferma la si puo' trovare nelle conclusioni del Rapporto del luglio 2008 del Gruppo di lavoro sui fondi comuni italiani, promosso dalla Banca D'Italia con la partecipazione di rappresentanti del Ministero dell'Economia e delle finanze, della Consob e dell'industria, in particolare vi si legge: “Dopo essere cresciuti a un ritmo molto sostenuto nella seconda meta' degli anni novanta, dall’inizio di questo decennio i fondi comuni italiani hanno registrato un persistente deflusso netto di risparmio: tra il 2000 e il 2007 i riscatti di quote hanno sopravanzato le sottoscrizioni per 153 miliardi, restando cospicui anche nei primi mesi del 2008; il patrimonio gestito si e' nel complesso ridotto di oltre un terzo. L’ampia contrazione dei fondi comuni italiani e' stata solo in parte compensata dalla crescente diffusione nel nostro Paese di fondi comuni esteri.
Il ridimensionamento del settore e' un caso unico tra i principali paesi europei. La quota di mercato dei fondi comuni di diritto italiano in Europa e' scesa dal 12 al 4 per cento. Nel portafoglio delle  famiglie italiane tra il 2000 e il 2006 il peso dei fondi comuni (italiani ed esteri) si e' ridotto di quasi 9 punti percentuali, all’8 per cento; sono nel contempo aumentati i pesi delle polizze assicurative e della raccolta bancaria (di circa 6 e 3 punti percentuali, rispettivamente).
Numerosi sono i fattori che hanno contribuito alla crisi del settore: asimmetrie regolamentari in materia di trasparenza e di regole di comportamento dei soggetti collocatori, che svantaggiano i fondi comuni rispetto, principalmente, alle polizze assicurativo-finanziarie e alle obbligazioni bancarie; l’assetto dell’industria, imperniato sull’integrazione verticale tra produzione e distribuzione, in cui le reti bancarie e assicurative svolgono un ruolo dominante in forza del fatto che esse sono il canale pressoche' esclusivo per la vendita al pubblico di prodotti finanziari; infine, un regime fiscale che penalizza i fondi italiani rispetto a quelli esteri. Queste caratteristiche dell’industria italiana del risparmio gestito, unitamente alla scarsa assistenza fornita ai clienti nelle scelte di investimento, hanno fatto si' che, da un lato, le SGR non abbiano avuto incentivi a innovare e migliorare i prodotti, dall’altro, la distribuzione abbia privilegiato prodotti meno trasparenti, che richiedono un minore impegno di gestione postvendita nelle relazioni con i clienti.
Tale scenario rende necessari interventi incisivi e tempestivi da parte sia delle Autorita' di settore sia delle societa' di gestione del risparmio e dei relativi gruppi di appartenenza.”
La seconda considerazione e' che se siamo finiti in questa situazione la colpa non e' solo dell'industria del risparmio gestito (banche, assicurazioni, promotori finanziari ecc), e' anche delle autorita' di vigilanza che si sono limitate a registrare l'andamento del mercato piuttosto che prevenire ed impedire comportamenti scorretti dovuti all'asimmetria informativa che caratterizza il settore, ed e' anche dei risparmiatori che si sono lasciati prendere la mano in momenti di euforia dei mercati.
Quella che ha riguardato il mercato del risparmio gestito in Italia e' stata una vera e propria sbronza seguita alle novita' introdotte dalla Legge n.1 del 2 gennaio 1991 (nascita delle SIM e dell'Albo dei Promotori Finanziari) e agli eventi che hanno preceduto l'entrata dell'Italia nella comunita' economica europea.
Il processo di convergenza verso l'euro ha determinato il passaggio da una situazione di alti tassi e di alta inflazione ad una di bassi tassi e bassa inflazione. Una vera e propria rivoluzione che ha fatto perdere di vista il mercato dei titoli di Stato che ormai davano rendimenti risicati rispetto a quelli a cui tutti eravamo abituati, anche se in termini reali era cambiato poco. Da li vi e' stato un graduale travaso di risparmio dai titoli di stato ai fondi comuni di investimento, ai famosi reverse floater e altre diavolerie finanziarie che hanno riservato tantissime delusioni e perdite ai loro sottoscrittori. Il crescente travaso di capitali verso gli investimenti azionari sia direttamente che tramite i fondi, unitamente ad una congiuntura favorevole dei mercati dovuta anche ai bassi tassi di interesse che favorivano gli indebitamenti, ha condotto gli ingenui, sprovveduti ed inesperti risparmiatori italiani verso la prima grande bolla speculativa del ventesimo secolo, la bolla Hi-tech e dei mercati azionari, a “piedi uniti”.       
La terza considerazione riguarda il moral Hazard (azzardo morale) anche questa documentata. Basta leggere la relazione dell'Ufficio studi di Mediobanca. Il moral hazard e' una delle due distorsioni tipiche che si possono avere in una situazione di asimmetria informativa, l'altra e' la selezione avversa (adverse selection).
In sostanza se io devo sottoscrivere un fondo comune di investimento e non ne so nulla, la controparte potra' indirizzarmi verso la sottoscrizione del prodotto che fa piu' comodo a lei, e gli riuscira' tanto meglio quanto meno informazioni ho a riguardo (adverse selection). Questa forma di distorsione si realizza nella fase precedente alla sottoscrizione del contratto. Una volta sottoscritto il contratto, se io non sono in grado di controllare l'operato della societa' di gestione del fondo, ne direttamente ne indirettamente (attraverso dei professionisti esperti ed indipendenti o attraverso le autorità di vigilanza), non saro' mai in grado di capire se la SGR sta facendo il lavoro per cui le pago laute commissioni o se fa finta.
Questo tipo di distorsione si realizza in tutti i settori, tutte le volte che c'e' una controparte che conosce molto bene cio' che sta vendendo e una che deve comprare e ne sa poco o nulla. Si puo' avere anche se e' il compratore ad avere piu' informazioni, ad esempio se si acquista un oggetto di antiquariato da uno che non ne conosce il valore. Il problema e' molto importante soprattutto quando si tratta di settori particolarmente delicati e sensibili quali appunto il risparmio, la salute e gli alimentari per citarne alcuni.
Ecco allora la logica conclusione a cui si arriva, in attesa di provvedimenti normativi che avviino un processo di rinnovamento del settore, secondo le linee sopra esposte, e' necessario cominciare a studiare e a lavorare nel proprio piccolo per aumentare il proprio livello di conoscenza e di consapevolezza, sia che siamo risparmiatori che addetti ai lavori.
Ricordiamoci che le banche sono degli istituti privati che svolgono attivita' di impresa, e che la loro attivita' consiste nell'acquistare denaro da chi ce l'ha e nel venderlo a chi ne ha bisogno, il tutto distribuendo il rischio sul mercato. Infatti per secoli le banche hanno preso denaro sulla fiducia e prestato denaro a rischio, svolgendo un importante funzione sociale. Il problema e' nato quando esse hanno cominciato ad essere piu' avide perseguendo una politica di massimizzazione del profitto (pagando meno interessi possibile a chi gli portava i soldi) e facendosi pagare il piu' possibile da chi glieli chiedeva) scaricando il rischio sul mercato e polverizzandolo fra i piccoli risparmiatori ignari. Si veda in proposito La Paura e La Speranza di Giulio Tremonti (Mondadori editore).
Piu' noi ci rifiutiamo di capire e meno rendono, se siamo risparmiatori; viceversa piu' costano, se dobbiamo indebitarci.           
Vi propongo di seguito alcuni dati per darvi un'idea dei numeri che riguardano l'industria del risparmio gestito e della enorme torta di cui stiamo parlando:
CHI FA PERDERE PIU' SOLDI?  

Crack obbligazionari   Danni provocati
Anno 2001 Argentina - 5,6 Miliardi di euro
  Per mancata adesione - 1,6 Miliardi di euro
Anno 2002 Cirio - 0,7 Miliardi di euro
Anno 2003 Parmalat - 3,1 Miliardi di euro
Totale   - 11 Miliardi di euro
Risparmio gestito   Danni provocati
 
Ogni anno
Fondi, gestioni, previdenza privata, obbligazioni strutturate ecc  
-20 Miliardi di euro (*)
     
  (*) Ultimi anni, 2% di circa 1.000  miliardi gestiti. Fonte: seminario su Risparmio tradito e previdenza traballante a cura del prof.  Beppe Scienza   
 
 
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