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Un altro nodo da sciogliere: per i pronti contro termine è necessario il deposito titoli?
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Articolo di Marianna D'Alessandro
20 ottobre 2011 9:47
 
I pronti contro termine sono una tipologia contrattuale molto diffusa per l'impiego della liquidità a breve termine utilizzata come alternativa ai Bot o ai conti deposito vincolati. Le operazioni di pronti contro termine si realizzano attraverso l'acquisto a pronti da parte del cliente di un certo numero di titoli (solitamente titoli di Stato e obbligazioni non convertibili) di proprietà della banca e la contestuale vendita a termine degli stessi ad un prezzo prestabilito. Il rendimento è quindi dato semplicemente dalla differenza tra prezzo di vendita e prezzo di acquisto (ossia dallo scarto tra prezzo a termine del titolo e prezzo a pronti).
 
La manovra economica estiva impatta su questi strumenti su due fronti.
 
Il primo è l'incremento dell'aliquota di imposizione fiscale che passa dal 12,5% al 20% a partire dal 1 gennaio 2012. Questo aspetto lima la competitività di questi titoli rispetto ai conti deposito. Infatti a partire da gennaio del prossimo anno i due strumenti subiranno lo stesso trattamento fiscale e quindi i pronti contro termine, per remunerare la loro maggiore rischiosità, dovranno offrire un rendimento maggiore rispetto ai conti deposito. A questo proposito ricordiamo che mentre i conti di deposito sono garantiti dal Fondo interbancario di tutela dei deposito, i pct non hanno questo tipo di garanzia ed espongono l'investitore al rischio di insolvenza dell'emittente, tanto più se l'operazione ha come sottostante obbligazioni bancarie emesse dallo stesso gruppo.
 
Il secondo aspetto della manovra che impatta sui pronti contro termine è l'incremento del bollo sul deposito titoli. E' qui la questione diventa più controversa: per i pct è necessario il deposito titoli?
Non esiste una specifica imposizione normativa ne tantomeno le banche hanno attuato nel tempo un comportamento univoco. Da un'indagine del sole24ore è emerso che buona parte della banche intervistate richiede l'apertura di un deposito titoli, per altre invece è sufficiente avere un conto corrente e per alcune non è necessario avere nessun altro rapporto aperto con la banca.
L'interpretazione iniziale dell'ABI, di cui alla circolare tributaria n. 13 del 29 luglio 2011, prevedeva che «la strada che dovrebbe garantire maggiore neutralità rispetto alle scelte degli investitori appare essere quella di computare ai fini della verifica delle soglie solamente quegli strumenti finanziari per i quali effettivamente sussiste un obbligo normativo che ne imponga il deposito presso l'intermediario». La successiva circolare 40/E del 4 agosto dell'Agenzia delle Entrate non ha dettato chiarimenti circa gli strumenti.
Volendo addentrarci in tecnicismi potremmo trovare ragioni sia a favore che contro l'iscrizione dei pct nel deposito titoli. Più semplicemente, appurato che nel contratto di pronti contro termine la proprietà del titolo si trasferisce dalla banca al cliente, rimane aperta la questione relativa all'effettiva disponibilità del sottostante da parte del cliente. Ossia il cliente può vendere i titoli oggetto del contratto reintegrandoli prima della scadenza del contratto? Se a questa domanda si da una risposta affermativa allora ha una logicità aprire un dossier titoli, viceversa non pare esservi una necessità in tal senso. Nei fogli informativi analizzati, relativi all'offerta di pct da parte di alcune banche, non si fa menzione di questa evenienza.
Il segretario generale di Assosim, Gianluigi Gugliotta, prescindendo da queste ultime considerazioni ha dichiarato che nei pct la banca finanziata, pur perdendo la proprietà dei titoli, continua a detenerli e si impegna a custodirli per conto del cliente, e che questo qualifica il rapporto di deposito (con conseguente applicazione del bollo o superbollo a secondo degli importi). Se il singolo titolo sottostante, invece, non è correttamente individuato (non viene specificato l'Isin nel contratto) non si perfeziona il deposito e quindi verrebbero meno i relativi obblighi fiscali.
 
Non ci resta che attendere un'ulteriore specifica da parte delle Agenzia delle Entrate. Se questa decreterà l'obbligo di includere i pct nel deposito titoli bisognerà vedere come si comporteranno quelle banche per le quali fin'ora non era necessario aprirlo: se limiteranno la loro offerte di pct, se si accolleranno la spesa fiscale oppure se lo scaricheranno interamente sul cliente.
In quest'ultimo caso (per importi superiori € 50.000,00) vi sarebbe una maggiore onerosità dei pronti termine rispetto ai conti di deposito (per i quali, in realtà, nella maggior parte dei casi non è dovuta nemmeno l'imposta di €34,00 che resta a carico della banca).
Maggiore onerosità che in realtà può facilmente essere evitata, infatti dato che per l'individuazione dello scaglione occorre tener conto dell’importo del deposito alla data di chiusura del periodo rendicontato, basta stipulare pct che scadano prima di tale data, in maniera tale da escluderli dalla computazione. In questo senso ovviamente scegliere una periodicità di rendicontazione semestrale o meglio ancora annuale facilita il tutto.
 
 

 
 
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