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Anatocismo e termine per richiedere la restituzione. Novità nel decreto milleproroghe
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Articolo di Emanuela Sacchi *
4 marzo 2011 13:30
 
L’art.2, comma 61 del decreto cd. “milleproroghe”, convertito in legge 26.2.2011 n. 10, contiene l’interpretazione autentica dell’art. 2935 cod. civ. - a norma del quale il termine di prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere - e dispone testualmente che “in ordine alle operazioni bancarie regolate in conto corrente l'articolo 2935 del codice civile si interpreta nel senso che la prescrizione relativa ai diritti nascenti dall'annotazione in conto inizia a decorrere dal giorno dell'annotazione stessa” (il termine di prescrizione è di dieci anni).
Tale norma pone nel nulla la decisione delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (SS.UU. 2.12.2010 n. 24418), che aveva affermato il principio – per così dire opposto- e comunque più favorevole ai correntisti, secondo cui il termine di prescrizione, per le operazioni bancarie regolate in conto corrente, comincia a decorrere dal giorno della chiusura del rapporto e non dalla data dell’annotazione in conto.
Il problema interpretativo si era posto all’attenzione della giurisprudenza in quanto, a seguito dell’orientamento giurisprudenziale via via consolidatosi sino alla sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione del 4.11.2004 n. 21095, che ha statuito l’illegittimità della capitalizzazione trimestrale degli interessi (anatocismo, previsto dall’art. 1283 cod. civ.), i correntisti avevano instaurato numerose cause contro le banche dirette ad ottenere la restituzione di quanto dalle stesse illegittimamente addebitato a titolo di anatocismo; tuttavia gli istituti di credito avevano spesso eccepito la prescrizione del diritto alla restituzione, sostenendo che il relativo termine decennale cominciava a decorrere dal giorno dell’annotazione in conto e non dal giorno della chiusura del rapporto.
La recente sentenza della Corte di Cassazione del dicembre scorso, intervenendo su questo aspetto, aveva invece statuito il principio opposto, senz’altro più favorevole ai correntisti, in quanto faceva decorrere il termine decennale di prescrizione dalla data della chiusura del conto e non dal giorno dell’annotazione dell’addebito degli interessi.
Il legislatore ha invece ritenuto di intervenire in senso opposto introducendo la norma sopra richiamata, cosicché il giudice – di fatto –, a seguito dell’eccezione di prescrizione sollevata dagli istituti di credito, verificato che l’addebito contestato risale a oltre dieci anni prima l’introduzione della domanda giudiziale da parte del correntista, non potrà che dichiarare il credito restitutorio prescritto e, dunque, respingere la relativa domanda.
Occorre precisare che l’introduzione della domanda giudiziale interrompe il decorso del termine di prescrizione, per cui, se la domanda è stata proposta prima che siano trascorsi dieci anni dall’addebito degli interessi capitalizzati, il giudizio si concluderà – salva la peculiarità di ogni singolo caso – in senso favorevole al correntista.
Si evidenzia infine che il legislatore, nel tentativo di mitigare la portata di questa norma, ha inserito nella stessa la disposizione per cui “In ogni caso non si fa luogo alla restituzione di importi già versati alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto”.
Il sottosegretario all'Economia, Sonia Viale, ha riferito che seguirà una circolare del ministero diretta a chiarire che tale disposizione va intesa nel senso che i correntisti non sono tenuti a restituire alla banca gli importi che le medesime hanno già versato ai correntisti medesimi alla data di entrata in vigore del decreto legge e, allo stesso tempo, che la banca è tenuta a versare al correntista quanto dalla stessa dovuto per effetto della sentenza passata in giudicato prima della data di entrata in vigore della legge di conversione della presente legge, sebbene la banca non abbia ancora dato corso all’esecuzione spontanea della sentenza.
A dire il vero il correttivo preannunciato dalla Viale non pare di grande favore per i correntisti in quanto è molto probabile che le banche, che siano state condannate a restituire le somme ai propri correntisti con sentenza non ancora passata in giudicato, proporranno appello, con la sicurezza dell’esito positivo del giudizio di secondo grado.

* Avv. Emanuela Sacchi, foro di Milano
[email protected]
 
 
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