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MyWay collocati fuori sede da promotori. Il problema dell'art. 30 comma 6 era stato rilevato anche dall'Ombudsman Bancario
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1 novembre 2004 0:00
 
Dal Giugno 2003 l'Aduc ha fatto presente che sui contratti MyWay collocati da promotori finanziari la banca ha commesso un errore formale. Il diavolo, come si dice, fa le pentole ma si dimentica di fare i coperchi. E' quello che e' successo a Banca 121 Promozione Finanziaria S.p.A. nella redazione dei contratti MyWay.
L'articolo 30 del d.lgs 58/98, al comma 6, infatti, prevede che "L'efficacia dei contratti di collocamento di strumenti finanziari o di gestione di portafogli individuali conclusi fuori sede ovvero collocati a distanza ai sensi dell'articolo 32 e' sospesa per la durata di sette giorni decorrenti dalla data di sottoscrizione da parte dell'investitore. Entro detto termine l'investitore puo' comunicare il proprio recesso senza spese ne' corrispettivo al promotore finanziario o al soggetto abilitato; tale facoltà e' indicata nei moduli o formulari consegnati all'investitore."
Questo "cavillo" non e' di poco conto perche' il successivo comma, il settimo, prevede che: "L'omessa indicazione della facolta' di recesso nei moduli o formulari comporta la nullita' dei relativi contratti, che puo' essere fatta valere solo dal cliente."
In "Banca 121 promozione finanziaria" si sono resi conto che la questione e' molto seria. Infatti, col contratto "4You" (identico al MyWay, ma predisposto dopo) sono corsi ai ripari. A pagina 2 del nuovo contratto fra le premesse hanno aggiunto "Io sottoscritto dichiaro: di essere informato che -ai sensi dell'art. 30 comma 6 del D.Lgs. 58/98- l'efficacia delle proposte contrattuali di collocamento di strumenti finanziari effettuate fuori sede e' sospesa per la durata di sette giorni decorrenti dalla data di sottoscrizione da parte dell'investitore".
Purtroppo per la Banca (e per fortuna dei migliaia di sottoscrittori) questa indicazione non compare in nessuna parte del contratto MyWay.
I sottoscrittori di tale contratto che hanno firmato fuori dalla sede della Banca attraverso un promotore finanziario possono esercitare la facolta' di annullare il contratto. L'Aduc ha predisposto una lettera tipo reperibile sul suo sito Internet per esercitare questa facolta', al seguente indirizzo: clicca qui
Questa lettera tipo e' stata utilizzata ormai da migliaia di sottoscrittori del piano MyWay.

Gli avvocati del Monte dei Paschi di Siena, nei vari processi in corso sostengono che questa facolta' sarebbe indicata nel retro del modulo allegato al prospetto informativo dei fondi comuni d'investimento, che sarebbe a sua volta allegato al contratto. Si tratta, evidentemente, di una posizione ridicola.

La pronuncia dell'Ombudsman Bancario
Cio' che e' "simpatico" e' che perfino l'Ombudsman Bancario si era pronunciato su questo problema affermando che la clausola del diritto di recesso doveva imperativamente essere contenuta nel contratto per il prodotto finanziario in quanto tale. Per chi non lo sapesse, l'Ombudsman Bancario e' un organismo voluto dalla Banca d'Italia e dall'ABI (Associazione Banca Italiana) per cercare di dirimere in via stragiudiziale le controversie fra cliente e banche (maggiori informazioni qui: clicca qui. Si tratta di un organismo sostanzialmente di emanazione bancaria che quando puo' cerca di evitare di dare torto alle banche. Molte volte ci riesce con comici arzigogoli da veri azzeccagarbugli.
Il pronunciamento sul MyWay e' un esempio abbastanza clamoroso di questo suo modo di operare. Riportiamo integralmente il pronunciamento espresso nel 2002 a seguito del Reclamo n.2483/2001

"Espone il ricorrente che il 5 aprile 2001 aveva dato disdetta - tramite richiesta anticipata per telefax e poi inviata con lettera raccomandata - dal piano finanziario "My ." sottoscritto il precedente 28 marzo; sebbene "la data di partenza del piano" fosse il 30 aprile, gli erano state ugualmente addebitate le relative rate mensili. Richiede, pertanto, la "sospensione degli addebiti" ed il rimborso delle somme addebitate.
Replica la banca che, essendo stato il contratto perfezionato "fuori sede" il 27 marzo 2001, il termine di sette giorni stabilito per il recesso era scaduto il successivo 3 aprile; precisa inoltre, che il predetto rapporto e', allo stato, ancora in essere.
Dalla documentazione esibita dalle parti, il Collegio accerta che il ricorrente il 27 Marzo 2001 ha sottoscritto il piano finanziario "My ." il quale prevedeva la concessione di un finanziamento dell'importo complessivo di Lit 52.003.000 al tasso del 5,70% da restituirsi in rate mensili di Lit. 450.000 a decorrere dal successivo 30 aprile; tale finanziamento era finalizzato all'acquisto d'obbligazione European Investment Bank e di quote del fondo comune d'investimento ". Concentrato" contestualmente acquisite dalla banca in pegno a garanzia del finanziamento stesso. Accerta, in particolare, il Collegio che la clausola negoziale per la quale il contratto di collocamento di strumenti finanziari concluso fuori sede e' sospeso per la durata di sette giorni decorrenti dalla data di sottoscrizione da parte dell'investitore, non risulta inserita nell'ambito del testo contrattuale in oggetto, essendo riportata solo nel "Prospetto informativo" del menzionato fondo che il ricorrente ha dichiarato di accettare. Osserva il Collegio che tale clausola limita la sua efficacia al rapporto di partecipazione al fondo, per cui non risulta rispettato, per il "piano finanziario" nel suo complesso considerato, il dettato dell'art. 30, comma 6, del d. Lgs. 24 Febbraio 1998, n. 58 per il quale la facolta' dell'investitore di recedere "senza spese ne' corrispettivo al promotore finanziario o al soggetto abilitato" entro sette giorni a decorrere dalla data di sottoscrizione deve essere "indicata nei moduli o formulari consegnati all'investitore".

Dopo una premessa del genere ci si aspetterebbe che l'Ombudsman Bancario rilevasse anche il disposto del comma 7 dello stesso articolo e condannasse a restituire le somme pagate al cliente ma. il cliente non aveva chiesto di rendere nullo il contratto bensi' di recedere dallo stesso! Ecco trovata la scusa giusta. "Essendo la norma in questione imperativa" - dice l'Ombudsman Bancario - "vige il principio di integrazione automatica del contratto ai sensi dell'art. 1339 cc; pertanto, nella fattispecie, la disdetta avrebbe dovuto essere inviata entro il 3 aprile 2001".
Questi dell'Ombudsman Bancario sono dei geni, a loro modo. Pur di non dare ragione al cliente le studiano tutte. Giuridicamente l'argomentazione e' ineccepibile. Il cliente non ha esercitato la facolta' di cui al comma 7 dell'art. 30, ma ha solo chiesto il recesso. L'Ombudsman Bancario e' stato quindi chiamato a pronunciarsi sul recesso ed essendo la norma del comma 6 imperativa, anche se non c'e', per gli effetti del recesso, e' come se ci fosse.

La cosa interessante, in tutto questo, e' che perfino l'Ombudsman Bancario, a prescindere dall'esito del ricordo per il caso specifico, ha riconosciuto che nel caso del MyWay "non risulta rispettato, per il "piano finanziario" nel suo complesso considerato, il dettato dell'art. 30, comma 6, del d.Lgs 24 Febbraio 1998, n. 58". Vedremo quando si pronunceranno i Tribunali.
 
 
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