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'Paradise Papers'. Apple, Nike, Whirlpool e i loro sistemi per sfuggire al fisco
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Articolo di Redazione
8 novembre 2017 14:06
 
 Dopo le rivelazioni del coinvolgimento della politica e dell’economia offshore in America del Nord, insieme a dei ricchi proprietari di jet privati per non pagare l’Iva nell’Unione Europea, i “Paradise Papers”, inchiesta internazionale portata avanti congiuntamente dal Consorzio Internazionale dei giornalisti d’inchiesta (ICIJ) e circa un centinaio di media in tutto il mondo, ha coinvolto, da martedi’ 7 novembre, i complessi sistemi di ottimizzazione di molti dei piu’ grandi gruppi mondiali. Rete di societa’ di comodo, falle nelle legislazioni… queste rivelazioni mostrano l’inventiva e la reattivita’ degli studi specializzati di fronte all’evoluzione piu’ lenta delle legislazioni. In un articolo pubblicato sul quotidiano Le Monde, l’economista Gabriel Zucman stima in 60 miliardi di euro il mancato introito degli Stati europei in virtu’ dell’ottimizzazione fiscale delle multinazionali (120 miliardi includendo i privati).
Il sistema offshore di Whirlpool
E’ un vero sistema offshore che e’ stato costruito dal gruppo di elettrodomestici americano. Whirlpool, …, si e’ costruita una rete di numerose filiali senza uffici ne’ dipendenti ovunque nel mondo. Stato del Delaware in Usa, Bermude, isola Mauritius, Lussemburgo… Il gruppo, ha, a diverse riprese, utilizzato i servizi dello studio legale Appleby, che si e’ occupato delle formalita’, dell’iscrizione nel registro delle aziende tra i fornitori chiave in mano dei direttori prestanome. Grazie a questo, su poco piu’ di un miliardo di dollari di utili nel 2015, Whirlpool ha pagato solo 209 milioni di dollari di imposte grazie a differenti nicchie fiscali, un tasso molto inferiore a quello ufficiale del 35% applicabile normalmente in Usa.
Nike evita miliardi di euro di imposte attraverso i Paesi Bassi
Conosciuto nel mondo intero, tutti questi prodotti americani danno un risultato di circa 7,5 miliardi di euro all’anno con origine europea, Medio Oriente e Africa. Ma paga solo il 2% di imposte sui ricavi, ben lontano dal 25% di media delle imprese europee. Nike riesce a farlo dal 2014, facendo convergere tutti i sui introiti europei in una filiale dei Paesi Bassi -fatto non inusuale per una multinazionale- che paga ad un’altra filiale di Nike il diritto d’uso del marchio Nike, facendo crollare artificialmente i suoi profitti. La seconda filiale in seguito, ne approfitta grazie ad un buco della legislazione olandese (il CV-BV), secondo il quale il fisco olandese ritiene che la struttura debba essere tassata in Usa, mentre dalla sua parte, il fisco americano ritiene che debba essere nei Paesi Bassi. Risultato: Nike Innovate non paga un centesimo di imposte.
Questa legge olandese del CV-BV ha portato i Paesi Bassi ad essere indicati come un paradiso fiscale, pur se non si dice. Numerose multinazionali americane ne approfittano largamente, tant’e’ che il tutto continua ancora: il sistema prevede di terminare nel 2020.
Minacciata nella sua sede irlandese, Apple si incammina verso Jersey
Apple e’, ormai da qualche anno, nel mirino della Commissione europea e degli Stati membri per le sue pratiche fiscali, che gli permettono di pagare solo molte poche imposte sui suoi guadagni realizzati in Europa. Questo e’ quanto accaduto per diversi anni grazie all’installazione della sua sede in Irlanda ed ad una legislazione che non fa pagare imposte sui guadagni delle filiali irlandesi che si trovano ai margini dello Stato irlandese (il “doppio irlandese”) -una disposizione che Dublino ha abrogato nell’ambito delle sue riforme fiscali… ma che sara’ effettiva solo dal 31 dicembre 2020 per le filiali che hanno sede in un paradiso fiscale. L’analisi di “Paradise Papers” spiega come Apple si e’ messa in grado di trovare una nuova localita’ fiscalmente interessante, e discreta, per le sue filiali. Questa’ e’ finalmente l’isola anglo-normanda di Jersey, che e’ stata scelta grazie al suo tasso di imposizione fiscale sulle societa’ e per la sua assenza di scambi di informazioni con l’Irlanda. Un pegno di segretezza…
I profitti di Facebook fanno tappa sulle isole Caiman
Con la sua sede europea installata in Irlanda, Facebook poteva gia’ beneficiare di un tasso ridotto di imposta sulle societa’, a 12,5%… ma i suoi profitti vanno in realta’ alle isole Caiman, dove si e’ insediata Facebook Ireland Holdings, e dove non esistono imposte sulle imprese. Il Social network non possiede ufficio ed ha un solo obbligo: tenere delle riunioni degli azionisti e il consiglio d’amministrazione della filiale, con la presenza fisica dei dirigenti. Ma anche questo impegno sembra difficile da mantenere, come lo attestano i documenti dello studio di avvocati Appleby: gli amministratori americani di Facebook non devono quindi recarsi alle isole Caiman per i propri obblighi, testimonianza di una governance barocca per uno dei gruppi piu’ ricchi al mondo ….

(articolo di Alexandre Pouchard, pubbicato sul quotidiano le Monde del 08/11/2017)
 
 
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