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CLASS ACTION. UNA LEGGE CHE SCIMMIOTTA QUELLA AMERICANA MA CHE E' MOLTO DIVERSA E INTERNA ALLE LOGICHE DEGLI ASSETTI DI POTERE
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Comunicato 
21 luglio 2004 0:00
 

Firenze, 21 Luglio 2004. La Camera ha approvato a larghissima maggioranza la legge che istituisce la cosiddetta Class Action, cioe' l'azione collettiva di risarcimento. Ora il progetto passa al Senato, e sincerametne ci auguriamo che i senatori trovino il tempo per capire cosa veramente stanno per introdurre nel nostro ordinamento. Perche' non bastano due paroline magiche oggi molto in voga (consumatori e "class action) a credere che stia operando per il bene della collettivita'. Occorre guardare i contenuti e l'operativita' rispetto a cio' di cui presumibilmente il nostro Paese ha bisogno,
Gli aspetti piu' gravi, a nostro avviso sono i seguenti:
- La legittimazione ad agire e' solo per quelle associazioni di consumatori che fanno parte del Consiglio presso il ministero delle Attivita' Produttive, che vengono presentate come le piu' rappresentative. Di questo Consiglio l'Aduc non ne ha mai fatto parte per scelta, e ne ha contestato l'esistenza fin dalla sua costituzione: si tratta di un organismo diretto dalla principale controparte dei consumatori (il ministero), che di fatto eroga una sorta di finanziamento pubblico ai suoi componenti per il fatto stesso di esistere (come il finanziamento pubblico ai partiti), organico alla legge italiana che, invece di affidare diritti al singolo cittadino consumatore, li affida alle associazioni. Un luogo in cui ci sentiremmo sinceramente a disagio. Riguardo alla rappresentativita', e' tutta da capire, in quanto, per esempio, in questo Consiglio ci sono anche associazioni presenti in una sola citta'. Si tratta, a nostro avviso, non di una discriminazione in base alla rappresentativita' (che, magari, potrebbe deciderlo il giudice analizzando la richiesta specifica e non la storia del soggetto che gliela presenta), ma politica: rispetto al fatto che si faccia parte della consorteria presso il ministero e che se ne accettino le logiche e le spartizioni. Cioe', per chiedere giustizia, non basta essere cittadini, ma occorre aver dato dimostrazione di fedelta' ad una politica piuttosto che un'altra.
Quindi chi vorra' adire una class action, sara' obbligato ad iscriversi ad una di queste associazioni del ministero. Non potra', per esempio, costituire un'associazione o un comitato ad hoc, per lo specifico caso, ma dovra' economicamente contribuire al sostentamento di una di queste associazioni mantenute (politicamente ed economicamente) dal ministero.
- gli eventuali effetti della prescrizione grazie alla class action, ricadranno solo sugli iscritti alla specifica associazione che l'ha promossa. Non e' una novita' per il sistema giustizia del nostro Paese, dove ogni causa e' un pianeta a se stante e, al massimo, puo' costituire un precedente che, un ulteriore giudice adito, potrebbe considerare per una nuova sentenza. Ma lo spirito della class action Usa non e' proprio questo, e continuare ad indicarla col nome inglese piuttosto che con l'italiano "azione collettiva", puo' dare adito a piu' di un'aspettativa sbagliata, disinformazione e fraintendimento. Perche', per esempio, la class action contro la Parmalat che noi abbiamo promosso presso il tribunale di New York e che e' stata accettata, se i giudici si esprimeranno a favore delle nostre tesi, il risarcimento del danno non sara' solo per gli iscritti all'Aduc, ma per tutti coloro (azionisti e obbligazionisti) che, avendone diritto, ne faranno richiesta. Una bella differenza con il meccanismo della class action italiana, perche' tiene conto dell'applicazione della giustizia a tutti gli aventi diritto, non solo a chi e' stato piu' bravo e piu' attento e si e' iscritto all'associazione giusta nel momento giusto. Ma, probabilmente, per il nostro legislatore la giustizia non e' uguale per tutti, ma solo per chi si fa valere.
Vincenzo Donvito, presidente Aduc
 
 
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