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CLASS ACTION: SE LA FANNO E SE LA CANTANO. UNA LEGGE NON PER I CONSUMATORI MA INTERNA ALLE LOGICHE DEGLI ASSETTI DI POTERE
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Comunicato 
13 luglio 2004 0:00
 

Firenze, 13 Luglio 2004. Sembra -mai il condizionale dovrebbe avere piu' valore come in questo caso- che la legge che dovrebbe istituire la class action sia in dirittura d'arrivo, per giungere poi in Aula. Ora e' all'esame della commissione Giustizia dopo alcune modifiche introdotte.
La piu' importante, e positiva, e' che questo tipo di giudizio potra' essere esperito, oltre che nei contratti conclusi con formulari o moduli, anche contro le banche, le assicurazioni e le finanziarie in materia di credito al consumo, servizi di investimento e di gestione collettiva del risparmio. Nella lettura politica che si puo' dare della vicenda, vuol dire che a banche, assicurazioni e finanziarie (che in un primo tempo erano state escluse) qualcuno ha deciso di far pagare lo scotto delle diverse porcherie fatte in questi ultimi anni e di quelle ancora in corso.
Ma questa proposta, purtroppo, sta marciando per divenire inutile per i consumatori e armonica alla razionalizzazione delle logiche interne agli assetti di potere.
La legittimazione ad agire e' solo per quelle associazioni di consumatori che fanno parte del Consiglio presso il ministero delle Attivita' Produttive, che vengono presentate come le piu' rappresentative. Di questo Consiglio l'Aduc non ne ha mai fatto parte per scelta, e ne ha contestato l'esistenza fin dalla sua costituzione: si tratta di un organismo diretto dalla principale controparte dei consumatori (il ministero), che di fatto eroga una sorta di finanziamento pubblico ai suoi componenti per il fatto stesso di esistere (come il finanziamento pubblico ai partiti), organico alla legge italiana che, invece di affidare diritti al singolo cittadino consumatore, li affida alle associazioni. Un luogo in cui ci sentiremmo sinceramente a disagio. Riguardo alla rappresentativita', e' tutta da capire, in quanto, per esempio, in questo Consiglio ci sono anche associazioni presenti in una sola citta'. Si tratta, a nostro avviso, non di una discriminazione in base alla rappresentativita' (che, magari, potrebbe deciderlo il giudice analizzando la richiesta specifica e non la storia del soggetto che gliela presenta), ma politica: rispetto al fatto che si faccia parte della consorteria presso il ministero e che se ne accettino le logiche e le spartizioni. Cioe', per chiedere giustizia, non basta essere cittadini, ma occorre aver dato dimostrazione di fedelta' ad una politica piuttosto che un'altra.
Quindi chi vorra' adire una class action, sara' obbligato ad iscriversi ad una di queste associazioni del ministero. Non potra', per esempio, costituire un'associazione o un comitato ad hoc, per lo specifico caso, ma dovra' economicamente contribuire al sostentamento di una di queste associazioni mantenute (politicamente ed economicamente) dal ministero.
Ma siccome la beffa poteva risultare incompleta, ecco che l'altra novita' del disegno di legge e' che gli eventuali effetti della prescrizione grazie alla class action, ricadranno solo sugli iscritti alla specifica associazione che l'ha promossa. Non e' una novita' per il sistema giustizia del nostro Paese, dove ogni causa e' un pianeta a se stante e, al massimo, puo' costituire un precedente che, un ulteriore giudice adito, potrebbe considerare per una nuova sentenza.
Ma lo spirito della class action Usa non e' proprio questo, e continuare ad indicarla col nome inglese piuttosto che con l'italiano "azione collettiva", puo' dare adito a piu' di un'aspettativa sbagliata, disinformazione e fraintendimento. Perche', per esempio, la class action contro la Parmalat che noi abbiamo promosso presso il tribunale di New York e che e' stata accettata, se i giudici si esprimeranno a favore delle nostre tesi, il risarcimento del danno non sara' solo per gli iscritti all'Aduc, ma per tutti coloro (azionisti e obbligazionisti) che, avendone diritto, ne faranno richiesta. Una bella differenza con il meccanismo della class action italiana, perche' tiene conto dell'applicazione della giustizia a tutti gli aventi diritto, non solo a chi e' stato piu' bravo e piu' attento e si e' iscritto all'associazione giusta nel momento giusto. Ma, probabilmente, per il nostro legislatore la giustizia non e' uguale per tutti, ma solo per chi si fa valere.
A chi servira' questa procedura? Non certo ai consumatori, ma solo ad alcuni gruppi di potere per meglio rafforzarsi. Eh si', proprio "se la fanno e se la cantano".
Vincenzo Donvito, presidente Aduc
 
 
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