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Arbitro Controversie Finanziarie (ACF). Sintesi delle principali tematiche, settimana dal 10 al 14 Giugno 2024
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Articolo di Marco Solferini
14 giugno 2024 11:49
 
1) Decisione 7409/2024 e 7416/2024 - messaggistica via WhatsApp
Il Collegio ACF respingendo il ricorso con decisione 7409/2024 statuisce anche un parametro interessante per quanto riguarda l'utilizzo della messaggistica, nella specie WhatsApp tra il Cliente e il Consulente finanziario: "La Ricorrente, a fondamento della sua pretesa, ha prodotto un documento che, a suo dire, farebbe fede delle conversazioni intrattenute con il consulente, tramite WhatsApp. Tuttavia, a tale documento non può assegnarsi l’auspicata valenza probatoria per il fatto che esso non si sostanzia in una riproduzione fotografica delle conversazioni avvenute (vale a dire, non è costituito dagli screenshot tratte dal dispositivo elettronico), consistendo in una mera trascrizione, in separato file di testo, del relativo contenuto, autonomamente elaborato dalla Ricorrente medesima, così da non consentire di poter ritenere accertata né la paternità delle conversazioni, né la genuinità delle dichiarazioni rese dai soggetti coinvolti (in tal senso, cfr. Cass. Civ. n. 49016/2017). Pertanto, a tale documento non può essere attribuita ad avviso di quest’Arbitro idonea efficacia probatoria ai sensi dell’art. 2712 c.c."

Sempre sullo stesso tema un altra decisione ACF, la 7416/2024 in accoglimento di un ricorso (si rammenti che le due fattispecie non sono state decise esclusivamente sulla base delle argomentazioni inerenti alla messaggistica, essendo quest'ultima una criticità all'interno della strategia difensiva di due casi tra loro diversi) svolge alcune interessanti precisazioni sempre sul tema della chat via WhatsApp: "Quanto alla valenza probatoria delle riproduzioni dei messaggi nella chat, in ossequio al principio dell’atipicità delle prove e del libero apprezzamento del materiale istruttorio di cui all’art. 116 c.p.c., l’Arbitro ha ritenuto, fin dalle sue prime decisioni, che le trascrizioni di messaggi scambiati tramite WhatsApp, sebbene non configurabili quale documento avente piena efficacia di prova, trattandosi di conversazioni non estratte in forma conforme a quanto prescritto per i documenti “nativi digitali”, possono tuttavia costituire un elemento apprezzabile ai fini della soluzione della controversia e costituire, quanto meno, indizio attendibile della natura della relazione instauratasi tra il ricorrente ed il personale dell’intermediario (Decisione ACF n. 493)". Come pure procede il Collegio avendo cura di argomentare che: "L’Intermediario, dal canto suo, eccepisce che non vi è nessuna prova che i messaggi siano autentici e che comunque provengano dal consulente. Al riguardo, può rilevarsi che le date e gli orari dei messaggi sono compatibili con i log delle operazioni, allegati nel procedimento dallo stesso Intermediario, sicché, tenuto conto di tali evidenze e del profilo della Ricorrente, del quale non risultava alcuna esperienza pregressa in strumenti finanziari, pare al Collegio non verosimile che un’investitrice con il profilo della odierna Ricorrente possa aver sottoscritto in maniera del tutto autonoma e consapevole prodotti di investimento di elevata complessità e rischio, come quelli qui oggetto di contestazione". 

2) Decisione 7410/2024  – eredità degli investimenti - difetto di legittimazione dopo la ripartizione.
Il ricorso parzialmente accolto con la decisione 7410/2024 affronta la circostanza in cui la tutela dei diritti inerenti il rapporto di investimento di cui si discute (l’eredità del de cuius) è stata oggetto di divisione.
Il punto in diritto è il seguente: "come questo Collegio ha già avuto modo di rilevare (cfr. decisioni n. 1913 del 10 ottobre 2019, n. 1167 del 5 dicembre 2018), se, da una parte, il credito risarcitorio del de cuius non si ripartisce di diritto pro quota tra i coeredi al momento dell’apertura della successione, ma cade in comunione con l’effetto che, sino al momento della divisione ereditaria, ciascuno dei coeredi è legittimato ad agire nell’interesse della comunione indivisa, potendo dunque pretendere il pagamento dell’intero credito - coerentemente con quanto affermato nella giurisprudenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (cfr. sentenza n. 24657 del 28 novembre 2007) – dall’altra, dopo la divisione ereditaria, la comunione è definitivamente cessata e ciascun titolare è, pertanto, unico legittimato a esercitare i diritti conseguenti alla titolarità del rapporto giuridico". 

3) Decisione 7411/2024 - inammissibilità ultradecennale - informativa resa in qualità di emittenti - obbligo di forma scritta per contratto quadro e ordini telefonici - intensa attività pregressa di compravendita speculativa
La Decisione 7411/2024 respinge il ricorso e di per se stessa non presenta elementi di novità se non la possibilità di vedere in un'unica decisione il respingimento formulato più che giustamente da parte del Collegio su di una pluralità' di elementi che non dovrebbero più essere oggetto di ricorsi dal sentore di chiara temerarietà. Questo ci offre almeno la possibilità di riepilogare alcuni passaggi affinché altri non commettano gli stessi (ormai noti) errori.
Comincia così l'Arbitro: "Deve, anzitutto, ritenersi fondata l’eccezione di inammissibilità del ricorso limitatamente agli investimenti ultradecennali, vale a dire effettuati in data antecedente il decennio dalla presentazione del ricorso: trattasi, specificatamente, di inammissibilità per difetto di competenza di quest’Arbitro, che – ai sensi dell’art. 4, comma 3-bis, del Regolamento ACF (adottato con delibera n. 19602 del 4 maggio 2016 e modificato con delibera n. 21867 del 26 maggio 2021) – può conoscere “esclusivamente di controversie relative a operazioni o comportamenti posti in essere entro il decimo anno precedente alla proposizione del ricorso”. 
E successivamente il Collegio è costretto a precisare che: "Con orientamento univocamente costante, questo Collegio ha, infatti, rilevato in sede di esame di analoghe fattispecie, che rimangono escluse dalla propria 10 competenza le controversie relative a violazioni dell’articolo 94 del T.U.F. e, più in generale, quelle attinenti all’informativa resa al mercato in qualità di emittenti i titoli interessati, stante il chiaro disposto dell’art. 4, comma 1, del Regolamento ACF, che circoscrive l’ambito di operatività dell’Arbitro alle sole controversie tra investitori e intermediari relative alla violazione da parte di questi ultimi degli obblighi di diligenza, correttezza, informazione e trasparenza previsti nell’esercizio delle attività disciplinate nella parte II del T.U.F" 
Si passa quindi ad altre due eccezioni infondate tale per cui: "Per quanto riguarda l’asserita mancanza di validi ordini di acquisto occorre, innanzitutto, evidenziare che l’obbligo di forma scritta a pena di nullità riguarda solo il contratto quadro, e non già i singoli ordini di investimento, la cui validità non soggiace ad alcun vincolo di forma, a meno che ciò non sia stato espressamente previsto dalle parti (Decisione n. 6364 del 3 marzo 2023). Inoltre, con riferimento agli ordini impartiti telefonicamente, è stato più volte evidenziato che un’ipotesi di nullità per carenza di forma scritta degli ordini, relativi a singole operazioni, può configurarsi solo nel caso in cui le parti abbiano esse convenzionalmente previsto, per l’appunto, la forma scritta a pena di nullità degli ordini impartiti (Decisione n. 6265 del 19 gennaio 2023)".
Così pure, riguardo alle operazioni poste in essere e fermo restando che l'Intermediario si è difeso eccependo la nullità selettiva: "In particolare, le operazioni contestate – come si evince dall’“Operatività su dossier” documentata dall’Intermediario, relativa al periodo dal 2009 al 2012 – risultano in linea con una intensa ulteriore operatività di chiara intonazione “speculativa” su azioni di vari emittenti, posta in essere dai Ricorrenti nel corso degli anni. Da tale operatività si evince che essi ben conoscevano le caratteristiche delle azioni quale tipologia di strumenti finanziari, potendone dunque cogliere anche le relative implicazioni in termini di rischio correlato, come d’altronde testimonia la loro operatività complessiva". 

4) Decisione 7414/2024 - ordine di disinvestimento tramite raccomandata AR
Con la decisione 7414/2024, il Collegio pur respingendo il ricorso ha modo di fare chiarezza su un aspetto che potrebbe essere d'interesse e cioè l'invio della raccomandata AR come mezzo per comunicare la volontà del Cliente di procedere ad un disinvestimento; sul punto l'Arbitro, respingendo le teorie dell'Intermediario, osserva che: "la scelta del Ricorrente di inviare la richiesta di rimborso delle quote dei fondi tramite raccomandata a.r. non può ritenersi inidonea a sostanziare un valido ordine di disinvestimento per il sol fatto che essa non era espressamente prevista nel contratto quadro".

5) Decisione 7415/2024 - generica proposta di investimento adeguata al profilo - ragione più liquida
Sul punto il Collegio con decisione 7415/2024 accoglie il ricorso dopo aver valutato e introdotto e correttamente come anzitutto: "la doglianza relativa all’adeguatezza degli investimenti risulta, in applicazione del principio della ragione più liquida, già di per sé dirimente ed assorbente di qualsiasi altra questione" dettaglia maggiormente la propria decisione sostenendo fra l'altro che: "le descritte proposte – caratterizzate da formule generiche e standardizzate, nelle quali si rinvengono anche motivazioni alternative evidentemente funzionali ad un utilizzo generalizzato delle stesse e disancorato rispetto al singolo caso – non forniscono, a ben vedere, alcun dettaglio o specifico riferimento alle valutazioni concretamente svolte sul profilo dei Ricorrenti. Né esse individuano le ragioni particolari per cui gli investimenti oggetto delle stesse, che pure dai relativi KIID presentavano un livello di rischio significativo (pari, nella prima, rispettivamente, a 4, 5 e 6 e, nella seconda, a 3), fossero adeguati al profilo moderato risultante dalla profilatura, né, nonostante detto grado di rischio degli strumenti, spiegano perché il 9 livello di rischio associato al portafoglio rientrava, comunque, nello scaglione moderato".
E successivamente con ottimo raccordo motivazionale l'Arbitro precisa che: "esse non possono ritenersi conformi alla normativa di settore, da rinvenirsi nelle disposizioni dell’art. 41, comma 1, del Regolamento Intermediari n. 20307/2018, il quale impone agli intermediari che prestano il servizio di consulenza l’obbligo di fornire ai clienti al dettaglio, su supporto durevole e prima che la transazione sia effettuata, una dichiarazione di adeguatezza che specifichi la consulenza prestata e indichi perché essa corrisponda alle preferenze, agli obiettivi e alle altre caratteristiche del cliente. E non sono neppure conformi al comma 3 del medesimo articolo, che rinvia all’art. 54, paragrafo 12, del Regolamento (UE) 2017/565, secondo cui gli intermediari “presentano al cliente al dettaglio una relazione che comprende una descrizione generale della consulenza prestata e del modo in cui la raccomandazione fornita sia idonea per il cliente al dettaglio, inclusa una spiegazione di come risponda agli obiettivi e alle circostanze personali del cliente in riferimento alla durata dell’investimento richiesta, alle conoscenze ed esperienze del cliente e alla sua propensione al rischio e capacità di sostenere perdite”. 
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