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Il Big Mac index è affidabile?
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Articolo di Redazione
18 luglio 2018 11:32
 
  Creato nel 1986 dalla rivista britannica The Economist, l’indice Big Mac è uno strumento interattivo, aggiornato ogni sei mesi, che permette di confrontare delle valute. Utilizza come riferimento il prezzo del famoso panino di McDonald’s, considerato come un prodotto universale, essendo questo franchise americano presente in più di 120 Paesi.
Il suo calcolo è basato sulla teoria della parità di potere d’acquisto (PPA). In base a questa teoria, il prezzo di uno stesso bene dovrebbe essere simile ovunque nel mondo. Tutti i prezzi rilevati sono convertiti in dollari americani, secondo il tasso di cambio in vigore. Al fine di stabilire un tasso di cambio “implicito”, secondo la rivista britannica, il prezzo (nella valuta originaria) del Big Mac in ciascuno dei Paesi, è semplicemente diviso per il prezzo del panino in Usa. Questo tasso di cambio “implicito” è confrontato con il tasso di cambio in vigore. Se il tasso di cambio “implicito” calcolato per un Paese è superiore al tasso di cambio in vigore tra il dollaro americano e la valuta di questo Paese, questo significa che la moneta di questo Paese è sopravvalutata in rapporto al dollaro americano.
Grazie ai dati messi a disposizione da The Economist, al 1 luglio, “un panino Big Mac costa in media 5,51 dollari americani in Usa contro 4,04 euro in media nella zona euro”. Secondo il metodo di calcolo dell’indice, il tasso di cambio “implicito” è di 1,36 (5,51/4,04). La differenza tra questo tasso di cambio “implicito” e il tasso di cambio in vigore (1,17) “suggerisce che il dollaro è sopravvalutato del 16,4% in rapporto all’euro”, secondo il settimanale britannico. “Un Big Mac costa il 16% in più in Usa (4,70 euro) che nella zona euro (4,40 euro), secondo il tasso di cambio in vigore”.
 
Seguendo questo indice, bisognerebbe che un euro sia cambiato a 1,36 dollari americani perché il Big Mac costi lo stesso prezzo nella zona euro e in Usa. Tuttavia, a luglio un euro viene cambiato a 1,17 dollari americani. L’euro è quindi sottovalutato del 16% in rapporto al dollaro americano. Secondo l’economista Karine Daniel, “l’interesse di un moneta sottovalutata è di proporre dei prezzi relativamente più bassi e quindi di facilitare l’esportazione del bene”.
Questo indicatore è affidabile?
L’indice Big Mac è considerato come un indicatore serio per confrontare le monete tra loro: è stato notoriamente oggetto di decine di lavori universitari. Tuttavia, la precisione di questo indicatore è criticata, princpalmente in virtù del fatto che non prende in considerazione le differenze del costo del lavoro tra i Paesi più ricchi e i Paesi più poveri, dove i salari sono più bassi.
“Questo indice, anche aggiustato, resta fragile”
Per rispondere a queste critiche, The Economist mette a disposizione, dal 2011, un indice corretto che prende in considerazione il prodotto interno lordo (PIL) per abitante. Rendendo compatibile la differenza di PIL per abitante tra due zone geograficamente studiate, il Big Mac “dovrebbe costare il 22% in meno in Usa (4,30 dollari americani contro 5,51), e il dollaro sarebbe sottovalutato del 5% in rapporto all’euro”, spiega il settimanale britannico.
“Questo indice, anche aggiustato, resta fragile, perché tutti i Paesi non applicano la stessa fiscalità a questo prodotto, e gli usi e costumi in merito alla ristorazione rapida sono diversi rispetto alle regioni del mondo”, dice Karine Daniel. Il prezzo del famoso hamburger dipende “soprattutto” dalla politica commerciale della multinazionale americana, “il margine di McDonald’s può essere diverso secondo il Paese dove ha sede il ristorante in franchise o secondo la sua presenza temporale in questo Paese, per esempio”, conclude l’economista.
Esistono altri strumenti di comparazione del livello di vita?
“Sarebbe più pertinente confrontare il prezzo di un servizio che non fosse delocalizzabile, come un taglio di capelli, aggiunge Karine Daniel. Il parrucchiere, è un servizio territoriale presente ovunque nel mondo e molto legato alla nozione di offerta e domanda. E’ un indice molto performante per comparare il livello di vita tra i Paesi”.
Esistono altri strumenti per confrontare il livello di vita tra i Paesi. L’edizione 2018 dello studio “Price and Earnings” delle banche di investimenti UBS AG, permette di conoscere il numero di ore di lavoro che si impiegano in media per offrire un Big Mac o un iPhone X in 70 città attraverso il mondo. L’organizzazione di cooperazione e sviluppo economico (OCSE) dispone di uno strumento statistico che permette di misurare le differenze di potere d’acquisto tra i 36 Paesi membri di questa organizzazione internazionale.

(articolo di Thibaut Faussabry, pubblicato sul quotidiano Le Monde del 18/07/2018)
 
 
 
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