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I costi dei fondi comuni di investimento
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Articolo di Cristina Ravanello e Giuseppe Fumagalli
10 giugno 2003 0:00
 
L'analisi dei costi di un fondo comune di investimento appare un momento fondamentale nella scelta del prodotto da sottoscrivere. tanto piu' che l'offerta e' sempre piu' omogenea. Del resto il mitico Sharpe (colonna portante delle moderne teorie sugli investimenti) alla domanda "Professore, quando Lei deve investire in un fondo di investimento, quale parametro considera?", rispose "I parametri sono molti, ma se ne dovessi scegliere uno ed uno solo, sceglierei sicuramente i costi!"
Primo passo e' sicuramente capire dove guadagna la societa' di gestione del risparmio (sgr) sui prodotti, ed in primo luogo e' bene distinguere tra costi occulti e costi dichiarati. Sui secondi non c'è problema, almeno sono dichiarati (sul prospetto informativo), ma i primi?

La grossa categoria di costi occulti e' data dalle commissioni di negoziazione. Normalmente le Sgr comprano e vendono titoli, spesso tramite societa' del gruppo, e su questo guadagnano. A tal riprova, un parametro molto utilizzato per la valutazione dei fondi in Usa e' dato dal turn-over di portafoglio: piu' volte e' girato il portafoglio, maggiori sono i guadagni.
Per i fondi dei fondi, e le gestioni patrimoniale di quote di fondi, i mancati guadagni (parziali) sulle operazioni di compra-vendita sono invece compensati dallo storno sulle commissioni di gestione: un "malpensante" potrebbe sospettare che le sgr selezionino i prodotti da inserire in portafoglio piu' in base alle aliquote di retrocessione concesse, che in base alle caratteristiche di gestione.

Per quanto concerne invece i costi dichiarati da prospetto possiamo suddividerli in: costi di ingresso o di uscita, costi fissi e costi annui.
Nei primi rientrano tutti quei costi sostenuti dal cliente al momento della sottoscrizione o del disinvestimento dal prodotto (ed e' utile comprendere tra questi anche i costi di switch -il passaggio tra un fondo e un altro): una breve disamina di questa categoria di costi relativamente ai soli fondi azionari di diritto italiano, ci dice che il costo medio di entrata e' compreso tra il 1.09% (minimi) ed il 3.51%(massimi), quello di uscita si assesta su livelli analoghi, mentre quelli di switch hanno una media del 0.94% per i Pic (investimenti in un'unica soluzione) e dello 0.50% per i Pac (investimenti rateizzati). La nota positiva e' che questi dati sono in netto calo rispetto ad alcuni anni fa.
Per quanto concerne le spese per diritti fissi, dobbiamo distinguere quelli relativi ai diritti fissi di switch (che sostituiscono le commissioni di switch) da quelli relativi alle operazioni di rimborso: e' bene comunque prestare attenzione perche' questi costi possono arrivare anche a 30¤ per operazione.
Infine i costi annui riconducibili alle commissioni di gestione, commissioni per la banca depositaria e commissioni di incentivo. Una nota: negli Usa, in un'ottica di maggiore trasparenza, sono esplicitati tutti i costi di commercializzazione e marketing (12-b1 fees).
Le commissioni della banca depositaria rappresentano i costi che il fondo sostiene per lasciare le disponibilita' liquide ed il deposito dei titoli presso un istituto di credito, al quale, secondo il testo unico dovrebbe spettare anche una funzione parziale di controllo sull'operato del fondo. Il che spiegherebbe, almeno in parte, questo costo. Peccato che nella stragrande maggioranza dei casi le banche depositarie facciano parte dello stesso gruppo della sgr (immaginate quale controllo possa essere effettuato). La commissione media per la banca depositaria, sempre relativamente ai fondi azionari di diritto italiano, e' dello 0.11% con un massimo del 1.5% per Kairos Partner Small Cap (anche se BPL Henderson non scherza con 1%), mentre pochi sono i fondi che non applicano tale commissione (61 su 584, pari al 10% circa, tra cui Unicredito e Azimut).
Con le commissioni di gestione si apre un dibattito infinito! Prima ancora di entrare in un'analisi quantitativa, parliamo del merito. E' giusto pagare commissioni di gestione? La logica ci porterebbe a sostenere che tali commissioni abbiano ragion d'essere in funzione dell'attivita' svolta dal gestore: se il fondo e' gestito attivamente, e' presumibile che richieda un'attivita' di ricerca e selezione da parte del gestore, e quindi la commissione e' legittima. Ma se il fondo e' gestito semplicemente replicando un indice di riferimento? La commissione di gestione dovrebbe essere esigua. Infatti negli Usa, dove il gestore deve dichiarare se gestisce in modo passivo o attivo (a breve anche in Italia), i fondi a gestione passiva hanno un costo annuo di gestione intorno allo 0.5%, ed e' in fase di ulteriore decremento alla luce della competizione subita da nuovi prodotti finanziari (leggi ETF).
Alla luce di queste considerazione possiamo notare che il costo medio di gestione e' del 1.77% (con un massimo del 3.5%), con solo 6 fondi (0.1%) senza commissione di gestione e con 18 fondi (3%, e tra questi alcuni fondi etici) con una commissione inferiore al 1%. L'analisi quantitativa dei fondi comuni azionari di diritto italiano pero' non testimonia che solo il 3.1% dei fondi e' gestito in modo attivo. Fate Voi!

A questo punto e' necessaria una considerazione piu' approfondita. Vista l'importanza (e l'entita') delle commissioni sino a qui considerate, appare evidente l'importanza di identificare un indice sintetico del costo del fondo, tale indice e' identificato dal TER (Total Expense Ratio). Che cosa ci dice questo indice leggendo nei meandri dei prospetti informativi, sulla globalita' dei fondi comuni italiani? Da una elaborazione di dati del Corsera emerge che il TER annuo medio e' stato del 1.46% nel 2002 (contro un 1.82% nel 2001). Forse quello che piu' spaventa non e' tanto il TER medio dei fondi azionari (Cisalpino Azionario 3.34% o Cisalpino Indice al 2.77%, si e' proprio vero!), quanto il TER dei fondi obbligazionari che raggiunge anche 1% (per non parlare dei Fondi su Obbligazioni di Paese Emergenti o Obbligazioni Corporate). D'altro canto la polemica innestata dallo stesso Corsera (pago delle commissioni per avere performance negativa) appare non molto appropriata. Infatti tutti questi costi prescindono dalla performance del prodotto e/o del mercato di riferimento, ma sono motivati da costi comunque sopportati dalle sgr. Possiamo discutere e criticare tali costi per tutti i motivi che abbiamo sopra enunciato, ma non certo per il fatto di non essere commisurati alle performance.
Infatti per remunerare la bravura del gestore ci sono appositi costi: le commissioni di incentivo, che abbiamo appositamente lasciato per ultimo.
Le commissioni di incentivo hanno l'obiettivo proprio di dire: caro gestore, sei stato bravo per questo ti meriti un guadagno extra!.
In primo luogo chiariamo che il gestore sara' stato bravo se riuscira' a battere l'indice di riferimento del fondo, pertanto dovremmo aspettarci che le commissioni di incentivo (o performance) siamo commisurate allo stesso parametro. In altre parole, un investitore che investe, ad esempio, in un fondo azionario americano, e' disposto a pagare una commissione extra se il gestore ha battuto il mercato americano (rappresentato ad esempio dallo S&P500), non certo se ha battuto l'indice obbligazionario europeo 3 mesi. Sembra tanto strano? Non lo è. Molti fondi comuni azionari utilizzano come parametro per definire la commissione di performance, gli indici obbligazionari, quali l'Euribor a 3 mesi (Mediolanum) o ad 1 anno (Bpl Henderson), oppure il ML Euro Government bond (Ducato), altri ancora definiscono parametri misti come ad esempio 10% Bot e 90% indice azionario.
Ad onor del vero per fare una disamina coerente e' necessario valutare anche il valore utilizzato per calcolare le commissioni, che puo' variare dallo 0.1% al 35%.
In sintesi dobbiamo ammettere che il 30% di un parametro adeguato non e' obbligatoriamente piu' basso di un 3% di un parametro non adeguato. Sicuramente un parametro adeguato e' coerente, ma non per questo meno costoso.
E' bene aggiungere che una variabile fondamentale per definire l'incidenza della commissione di incentivo sul rendimento totale del fondo, e' anche la periodicita' con la quale questa commissione e' prelevata: sicuramente un prelievo giornaliero, soprattutto su parametri non adeguati, ha un'incidenza superiore, rispetto a prelievi annuali. Questo perche' i fondi azionari sono soggetti ad una volatilita' maggiore giorno per giorno.
A titolo di cronaca, e per concludere, facciamo notare che la Consob ha recentemente vietato il prelievo di commissioni di incentivo a fronte di performance negative: meno male almeno quello!
 
 
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