La Suprema Corte di Cassazione, con la
sentenza n. 21344 del 30 luglio 2024, sembra voler mettere fine all’acceso dibattito - dottrinale e giurisprudenziale - che era sorto sulla interpretazione da dare
all’art. 120 TUB come modificato dalla legge n. 147/2013, sancendo il divieto di anatocismo bancario anche in assenza di delibera CICR sulle modalità e sui criteri per la produzione di interessi relativamente alle attività bancarie.
Nella fattispecie all’esame della Cassazione, la Corte d’Appello di Torino (confermando la sentenza emessa in primo grado dal Tribunale di Cuneo) aveva rigettato le domande formulate da un’associazioni di consumatori che avevano citato in giudizio numerosi istituti bancari chiedendo che venisse dichiarata “illegittima e contraria agli interessi collettivi dei consumatori ” la pratica bancaria di applicazione della capitalizzazione trimestrale degli interessi, con particolare riferimento al periodo successivo il 1° gennaio 2014.
Come noto, l’anatocismo costituisce una delle pratiche contestate delle Banche e consiste nel metodo di capitalizzazione composta con periodicità trimestrale degli interessi e delle altre competenze liquidate sul conto corrente.
Gli interessi e le altre competenze imputate vengono capitalizzate, ovvero sommate con il capitale prestato, a ogni chiusura trimestrale: i nuovi interessi vengono calcolati, quindi, non solo sul capitale prestato, ma anche sugli interessi e sulle competenze liquidate in precedenza.
L’effetto economico-contabile va a svantaggio del cliente, in quanto determina un notevole aggravio del costo reale sostenuto per il rimborso del credito erogato dalla Banca.
Con la novella legislativa n. 147 del 2013 - con cui è stato modificato l’art. 120, II comma, del TUB - è sembrato che il legislatore volesse sancire il divieto di anatocismo, inibendo qualsiasi capitalizzazione degli interessi a far data dal 1° gennaio 2014.
Ai sensi del suddetto articolo «Il CICR stabilisce modalità e criteri per la produzione di interessi nelle operazioni poste in essere nell’esercizio dell’attività bancaria,
prevedendo in ogni caso che:
a) nelle operazioni in conto corrente sia assicurata, nei confronti della clientela, la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori;
b) gli interessi periodicamente capitalizzati non possono produrre interessi ulteriori che, nelle successive operazioni di capitalizzazione, sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale».
Le modifiche, tuttavia, non si sono arrestate. Infatti, il comma è stato nuovamente “ riscritto ” dall’articolo 17-bis del D.L. 14 febbraio 2016, n. 18:
«Il CICR stabilisce modalità e criteri per la produzione di interessi nelle operazioni poste in essere nell’esercizio dell’attività bancaria, prevedendo in ogni caso che: a) nei rapporti di conto corrente o di conto di pagamento sia assicurata, nei confronti della clientela, la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori, comunque non inferiore ad un anno; gli interessi sono conteggiati il 31 dicembre di ciascun anno e, in ogni caso, al termine del rapporto per cui sono dovuti; b) gli interessi debitori maturati, ivi compresi quelli relativi a finanziamenti a valere su carte di credito, non possono produrre interessi ulteriori, salvo quelli di mora, e sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale; per le aperture di credito regolate in conto corrente e in conto di pagamento, per gli sconfinamenti anche in assenza di affidamento ovvero oltre il limite del fido: 1) gli interessi debitori sono conteggiati al 31 dicembre e divengono esigibili il 1° marzo dell’anno successivo a quello in cui sono maturati; nel caso di chiusura definitiva del rapporto, gli interessi sono immediatamente esigibili; 2) il cliente può autorizzare, anche preventivamente, l’addebito degli interessi sul conto al momento in cui questi divengono esigibili; in questo caso la somma addebitata è considerata sorte capitale; l’autorizzazione è revocabile in ogni momento, purché prima che l’addebito abbia avuto luogo».
A seguito di tale ultimo intervento normativo, è stata emanata la delibera CICR in data 3 agosto 2016.
Il legislatore sembra, quindi, reintrodurre il divieto anatocistico già dal 2013, specificando che il conteggio degli interessi deve rispettare la pari periodicità: il mancato tempestivo intervento del CIRC, avvenuto solo nell’agosto 2016 rispetto alla prima novella del 2013, ha tuttavia inevitabilmente creato un filone di contenzioso circa l’operatività o meno del suddetto divieto già a far data dal 1° gennaio 2014.
Dottrina e giurisprudenza si sono, infatti, chieste non soltanto se la nuova disciplina avesse effettivamente escluso la legittimità dell’anatocismo bancario, ma soprattutto se tale esclusione disposta già nel 2013 “… avesse effetto immediato o differito, dipendendo dall’adozione di una nuova delibera del Comitato Interministeriale per il credito e il risparmio avente ad oggetto la fissazione di modalità e criteri per la produzione di interessi”.
La Corte d’Appello di Torino, pur dando atto che la modifica legislativa avesse la finalità di evitare la produzione di interessi sugli interessi (e quindi l’accredito e addebito di interessi anatocistici), aveva tuttavia ritenuto che “il tenore letterale della norma fosse ambiguo ”, poiché il riferimento agli interessi periodicamente capitalizzati contenuto nella novella del 2013 sembrerebbe presumere l’applicazione - agli interessi stessi - di ulteriori interessi.
Il Giudice d’Appello aveva, poi, escluso che la mancata adozione della delibera da parte del CICR fosse irrilevante sul piano della regolamentazione della fattispecie in base alla motivazione che “… consentire agli operatori bancari di «procedere direttamente e in ordine sparso all’applicazione del divieto di anatocismo nei confronti degli utenti» avrebbe implicato l’attribuzione del potere dei singoli istituti bancari di sostituirsi al Comitato interministeriale, dando ingresso a soluzioni foriere di disparità di trattamento, con presumibile proliferare di contenzioso”.
La Corte di Cassazione, con la decisione oggi in esame, prende una posizione netta e, nonostante riconosca che il dato testuale dell’art. 120 TUB sia impreciso, ritiene che l’interpretazione letterale della norma non può che condurre al divieto assoluto di anatocismo; tale interpretazione - ad avviso della Corte - discende dalla chiara riformulazione dell’art. 120 TUB ad opera della legge n. 147 del 2013 che, rispetto alla formulazione del 1999, non contiene più il riferimento al compito del CICR di definire le modalità e criteri per “la produzione di interessi sugli interessi” ma si riferisce semplicemente alla “produzione di interessi”.
Precisa, poi, che tale interpretazione è “già suggerita dalla dominante dottrina e dalla prevalente giurisprudenza di merito” ed è coerente con la documentazione dei lavori parlamentari, in cui si dava conto dell’intendimento di mettere la parola fine al fenomeno dell’anatocismo, attraverso cui gli interessi capitalizzati in un dato periodo producono a loro volta interessi nei periodi successivi.
Afferma, quindi, la Corte che “Può ritenersi, in definitiva, che la norma in esame rappresenti solo un’anticipazione, formulata lessicalmente in modo sicuramente poco felice, del precetto, assai più puntuale, della successiva versione dell’art. 120, comma 2: quella introdotta dalla l. n. 49 del 2016, di conversione del d.l. n. 18 dello stesso anno, per cui gli interessi debitori maturati «non possono produrre interessi ulteriori» e vanno «calcolati esclusivamente sulla sorte capitale»”.
La lettera del secondo comma dell’art. 120 TUB, rende quindi palese come tale norma abbia introdotto un divieto assoluto di anatocismo, che discenderebbe dall’inequivoca previsione secondo cui “ gli interessi periodicamente capitalizzati non possono produrre interessi ulteriori ” accompagnata dalla specificazione secondo la quale “ gli interessi ulteriori, nelle successive operazioni di capitalizzazione, sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale ”.
Da tali premesse discende l’impossibilità, per le Banche, di continuare ad applicare la capitalizzazione degli interessi in conformità alla delibera CICR del 9 febbraio 2000 e ciò indipendentemente dall’intervento delle nuove disposizioni attuative che il CICR era incaricato di emanare e che sono state previste solo nel 2016.
Ciò in quanto, precisa la Corte, l’art. 120, comma 2, è stato “sostituito” dal comma 629 dell’art. 1 della legge n. 147 del 2013 e, attesa mancanza di una disciplina transitoria, deve considerarsi non più applicabile la delibera CICR del 9 febbraio del 2000 e ripristinato “… anche con riguardo ai contratti bancari, il divieto codicistico, posto dall’art. 1283 c.c., di applicare interessi anatocistici”.
Del resto, a fronte di una norma primaria “proibitiva della pratica anatocistica”, l’intervento regolamentare demandato al CICR risulta superfluo, a differenza di quanto avvenuto in forza della precedente versione dell’art. 120, comma 2 (quella introdotta dal d.lgs. n. 342 del 1999), in cui si necessitava dell’intervento di una disciplina di dettaglio da parte del Comitato per l’effettiva determinazione delle modalità e dei criteri per la produzione di “interessi sugli interessi”, divenuti illegittimi con la novella legislativa.
Sottolinea la Corte che “… stante il carattere assoluto del detto divieto, l’effetto, unitario, che le banche dovevano perseguire era quello di escludere l’applicazione di interessi anatocistici: e questo indipendentemente dagli accorgimenti che ogni istituto di credito era ovviamente libero di assumere per assicurare tale risultato”.
Da tali considerazione, la Corte fa dunque discendere il seguente principio “In tema di contratti bancari, l’art. 120, comma 2, t.u.b., come sostituito dall’art. 1, comma 628, l. n. 147 del 2013, fa divieto di applicazione dell’anatocismo a far data dal 1 dicembre 2014 e tale prescrizione è da ritenersi operante indipendentemente dall’adozione, da parte del CICR, della delibera, prevista da tale norma, circa le modalità e i criteri per la produzione di interessi nelle operazioni poste in essere nell’esercizio dell’attività bancaria”.
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A cura degli Avv.ti Antonino La Lumia e Claudia Carmicino (Lexalent), su IlSole24Ore del 27/08/2024
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