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L'industria del risparmio gestito ed il problema della consulenza
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17 aprile 2006 0:00
 
La lettera di Marco, l'assicuratore, e' la risposta hanno scatenato una serie di reazioni. Questa che pubblichiamo di seguito ci sembra molto interessante:

Buongiorno, vi seguo con interesse dalla fine del 2004 e vi stimo per il prezioso servizio di informazione finanziaria e di tutela dei consumatori / investitori che portate avanti.
Il recente carteggio tra Marco, l'assicuratore, e il Sig. Pedone mi ha invogliato a scrivervi, per farvi un osservazione che mi gira in testa da un po'.
Mi presento brevemente per dichiarare la mia situazione di "parte in causa": non ho trent'anni ma ho lavorato in diverse realta' del mondo finanziario, prima come promotore, poi un master, infine allo sviluppo prodotti di una banca e due assicurazioni. Insomma, non ho molta esperienza, ma ho le mie idee in materia.
Sono naturalmente d'accordo con voi che gli investitori risparmierebbero con una combinazione di strumenti finanziari puri rispetto ai prodotti finanziari venduti da banche e assicurazioni; sono d'accordo anche sul vostro comportamento in materia di consigli agli investimenti: non e' vero che date solo consigli negativi.
Mi dispiace invece il giudizio eccessivamente drastico che il Sig. Pedone fa dell'industria del risparmio gestito e dei prodotti assicurativi ramo vita. Non lo condivido e provo a spiegare brevemente perche':
- L'industria del risparmio gestito italiana e' relativamente giovane, i fondi comuni hanno 20 anni e le assicurazioni a carattere prevalentemente finanziario (le "linked") 10 anni; il settore ha ancora ampi margini di crescita, guardando anche alle abitudini di investimento in altri paesi europei; c'e' stato un notevole sforzo, soprattutto negli anni successivi al boom borsistico, di miglioramento qualitativo, sia in termini di trasparenza, sia di adeguatezza dell'offerta (legge sul risparmio, circ.551).
- Sicuramente ci sono molti aspetti da migliorare (piu' concorrenza, che non e' vero che non conti nulla in finanza -conta eccome!- meno situazioni di conflitto di interesse e un sistema di vigilanza piu' efficiente), soprattutto pero' c'e' un problema di rapporto con le reti e i canali di vendita perche' la produzione e' "ancillare" alla distribuzione, invece che al mercato finale, cosa da voi spesso denunciata giustamente (ad esempio, quando parlate delle commissioni di entrata e gestione) poiche' ne fa lievitare i costi.
Detto questo, secondo me, non vale la pena di bocciare senza appello tutta l'industria del risparmio gestito: ci sono punte d'eccellenza tra le SGR italiane e prodotti molto utili agli investitori anche nelle polizze vita (la rendita e le capitalizzazioni ce le dimentichiamo?!).

Ma la cosa piu' importante e' che non e' assolutamente vero che non c'e' servizio (oltre a quello di manipolazione delle menti) nel risparmio gestito e nelle polizze vita, come affermato dal Sig. Pedone. Il risparmio gestito, infatti, permette una valida diversificazione anche per investimenti di piccolo importo, cosa molto importante e di cui gli italiani si sono resi conto ultimamente investendo tutti i risparmi di una vita magari in un bond argentino o della Parmalat, in azioni della Cirio, Bipop Carire o della Fiat! Le polizze "linked", seppur migliorabili sotto vari aspetti, hanno in se' caratteristiche di protezione del capitale e di asset management difficilmente replicabili da un investitore medio.
E' un utopia quella di pensare che tutti gli investitori italiani diventino perfettamente informati sulla finanza e abbiano anche il tempo di gestire autonomamente i propri investimenti! Se devo esser utopico preferisco pensare ad un industria del risparmio gestito che diventi nel tempo efficiente e che operi nell'esclusivo interesse del cliente. Se l'informazione critica, salutare ed auspicabile, diventa terrorismo psicologico, l'unico risultato e' un aumento vertiginoso delle giacenze nei conti correnti e depositi.
Per questo il tiro al bersaglio all'intero settore fatto dal Sig. Pedone, visto che occasionalmente mi pare travalichi il suo prezioso ruolo informativo, mi pare francamente esagerato ("distruzione enorme di risparmio", "vera e propria patrimoniale"); ma, forse, tanto ingiustificato non lo e': mi viene da pensare che una certa arroganza intellettuale che si somma all'interesse nel promuovere il ruolo dei consulenti finanziari indipendenti, possa produrre questa veemenza.
Allora parliamone apertamente della consulenza finanziaria, non buttiamo la' frasi come "se consigliato bene", "semplice consulenza onesta"; parliamo pero' anche della parcella che un professionista affermato, come mi pare sia Lei, fa pagare ad una persona che si fa dare qualche semplice ed onesto consiglio, oppure del pericolo, al quale si espone l'ignaro investitore, di incontrare veri e propri imbroglioni, che una professione non pienamente regolamentata come quella del consulente comporta.
Pensa davvero che sia alla portata di un piccolo investitore la parcella di un consulente?, o che un costo medio su cinque anni di polizza del 3% sia superiore alla parcella di una consulenza lunga un lustro (più i costi di transazione e intermediazione) su un investimento di 10.000 euro?!
Per chiudere provo a trovare un esempio che spero il Sig, Pedone accetti: se una persona si vuole comprare un vestito, puo' andare nel grande magazzino e sceglierselo secondo i propri gusti, oppure puo' andare da un sarto famoso in una via del centro, che glielo fa su misura con i migliori tessuti. Quella persona deve essere libera di scegliere, valutando attentamente quanta importanza da al vestito che sta comprando.

Distinti saluti,
Umberto


Gentile sig. Umberto
in primo luogo grazie di questa interessante lettera.
Cerco di rispondere in maniera sintetica (sebbene sia un logorroico congenito).
Mi sembra di capire che su molte cose siamo d'accordo, salvo sul giudizio complessivo che si fornisce alla cosi' detta "industria" del risparmio gestito e delle possibili soluzioni per i "malcapitati" (questo l'aggiungo io...) clienti.

Condividiamo, o almeno cosi' mi e' parso di capire, uno dei problemi centrali, ovvero il fatto che la "produzione" e' un settore subordinato alla distribuzione.
Condivido il fatto che, anche in Italia esistono punti di eccellenza anche fra le SGR. Il problema e' che sono assolutamente marginali (specialmente in termini di massa gestita). Condivido anche il fatto che le rendite e le capitalizzazioni sono strumenti che hanno la loro utilita'. Pero' mi chiedo: quanti sono gli assicuratori che allo scadere di una classica polizza mista propongono la conversione in rendita e/o il differimento? La risposta la conosce da solo.

Lei sostiene che il "servizio" dell'industria del risparmio gestito consiste nella possibilita' di diversificare il portafoglio anche con importi minimi. E qui terminano le cose che condividiamo. Oggi la diversificazione e' una "commodity". Un tempo poteva essere vero, ma oggi e' possibile acquistare panieri di titoli (gli ETF) praticamente di tutti i tipi con costi bassissimi.
La diversificazione non e' un servizio che puo' essere fatto pagare il 3% all'anno.

Il servizio di protezione del capitale di alcuni prodotti potrebbe essere un servizio interessante se non fosse progettato, nella maggioranza dei casi, in modo ingannevole.
I gestori avrebbero anche tanti altri servizi da poter offrire.
Se vogliamo fare un discorso piu' ampio, possiamo dire che il lavoro dei gestori di portafoglio potrebbe anche essere assai utile, sia al mercato che ai singoli investitori ma non nell'attuale situazione italiana. Io non credo che la gestione passiva del portafoglio sia la soluzione teoricamente migliore in assoluto. Credo pero' che nella situazione attuale sia la scelta piu' razionale che puo' fare un investitore mediamente informato.

Ma veniamo al cuore delle sua lettera. Lei, sostanzialmente, mi accusa di voler promuovere occultamente la consulenza finanziaria indipendente attraverso un attacco ingiustificato all'intera industria del settore.
La sua critica e' comprensibile, ma non coglie nel segno.
Piu' volte abbiamo scritto in questo sito (e per questo siamo stati criticati anche da alcuni consulenti finanziari indipendenti, d'ora in poi CFI) che lo scopo di questo sito e' mostrare come con un po' di informazione si possa fare da soli, senza il supporto di nessun professionista. Neppure dei CFI.
Siamo stati i primi a consigliare i lettori di stare molto attenti a CFI perche' attualmente non esistono sostanzialmente forme di controllo nei confronti di questi professionisti.
E' evidente che il costo della vera consulenza, quella indipendente, non e' sostenibile per portafogli modesti.
Ma la soluzione, per questi portafogli, non e' certo quella di rimpinguarli di prodotti inefficienti.
Noi sosteniamo che chiunque, con un po' di buona volonta', puo' acquisire quel minimo di informazione necessaria per costruirsi, da soli portafogli finanziari piu' efficienti rispetto a quelli che, mediamente, verrebbero proposti dalle reti di distribuzione di servizi finanziari.

Lo scopo di Aduc-Investire Informati e' proprio quello di aiutare il "fai-da-te" che non sia il "trading-on-line".
Sappiamo benissimo che e' utopistico pensare che tutti gli investitori acquisiscano quel set di informazioni minimo per fare da soli. Sarebbe bello se l'industria del risparmio gestito diventasse efficiente ed operasse nell'interesse dei clienti.
Questo avvera' solo ed esclusivamente se sara' conveniente per l'industria stessa.
Fino a quando i clienti non si renderanno conto che, nel 95% dei casi, vengono presi in giro e che esistono soluzioni alternative alla loro portata piu' efficienti, l'industria del risparmio gestito continuera' a sfornare prodotti inutilmente costosi e rischiosi.

La soluzione e' sempre e solo quella: i clienti devono essere informati. Parliamoci chiaro. Anche i clienti hanno le loro responsabilita'.
L'esempio del sarto e del grande magazzino, a mio modesto avviso, non e' calzante.
Il vero problema, nel settore degli investimenti, e' che esiste un enorme asimmetria informativa fra domanda ed offerta. Se io devo comprare un vestito e non ho grandi conoscenze in materia, posso comunque cavarmela. Potro' spendere di piu' o di meno, ma comunque il mio scopo lo raggiungo. Nel campo degli investimenti, le cose sono diverse.
Mediamente, gli investitori, non hanno la piu' pallida idea del tipo di prodotto/servizio faccia al caso loro.
Non si tratta di sceglierlo in una "sartoria" o in un "grande magazzino". Il problema e' che no sanno se vogliono un "cappotto" o una "t-shirt", per restare al suo esempio.
Tutti gli investitori vogliono "guadagnare", ma non comprendono che il rendimento ed il rischio sono due facce della stessa medaglia e non comprendono il concetto stesso di rischio finanziario.
Non si pongono, quindi, il problema dei propri obiettivi finanziari perche' danno per scontato che l'obbiettivo e' "guadagnare", cosa che non serve a nulla in fase di scelta.
Nessuno perde del tempo ad educare gli investitori anche perche' all'industria del risparmio gestito conviene avere a che fare con investitori inesperti.
Insomma, acquistare prodotti finanziari efficienti e' qualcosa che e' alla portata di tutti. Non e' qualcosa da "alta sartoria". Si puo' fare a partire da poche centinaia di euro, non milioni di euro e non servono neppure i consulenti finanziari indipendenti.
E' sufficiente dedicare un po' di tempo a studiare la cosa.
 
 
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