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Investire in obbligazioni: mini-guida anticonformista per il 2023
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Articolo di Alessandro Pedone
3 ottobre 2023 16:00
 
 
“Il movimento dalla certezza all'incertezza 
è ciò che noi chiamiamo paura.
Il movimento dalla certezza al 
non bisogno di certezza è Libertà” 
Libertà dal Conosciuto 
Jiddu Krishnamurti


Con l’innalzamento dei tassi d’interesse (sia a breve che a lungo termine) l’investimento in obbligazioni sta tornando “di moda”. Agli inizi della mia professione, prima della grande crisi finanziaria del 2008, la selezione delle obbligazioni spulciando per giorni e giorni centinaia di prospetti - specialmente quelle non negoziate nei mercati regolamentati - era una parte consistente del nostro lavoro. 
Paradossalmente, investire in obbligazioni - sul piano tecnico - è molto più complicato rispetto all’investimento azionario. Nel mondo obbligazionario c’è molta più apparente certezza, mentre nel mondo azionario l’incertezza è più evidente. Dal punto di vista dello strumento finanziario, le azioni sono molto più semplici da capire. Salvo qualche eccezione, le azioni sono tutte uguali. Rappresentano sempre capitale di rischio, si diventa soci dell’azienda e se ne condividono le sorti: tutti i profitti, ma anche il rischio di fallimento. 
Il mondo obbligazionario, invece, è molto più complesso. Ci sono numerosissime tipologie di obbligazioni diverse. Non solo perché diversi sono gli emittenti (questo è in comune con le azioni), ma proprio perché diverse obbligazioni prevedono regole diverse nella determinazione degli interessi e nelle modalità di rimborso del capitale. 
Questo articolo è rivolto agli investitori alle prime armi e non potrà scendere nei dettagli dei singoli argomenti che affronterà. Lo scopo è quello di presentare una panoramica generale del mondo obbligazionario come punto di partenza per ulteriori approfondimenti. Nel presentare questa panoramica, desideriamo introdurre alcuni concetti un po’ controcorrente (rispetto a ciò che comunemente si sente in giro nel mondo finanziario) sull’uso delle obbligazioni nei portafogli finanziari. 

Vari tipi di obbligazioni
L’unica cosa che accomuna tutte le obbligazioni è il fatto di essere dei contratti che prevedono il prestito di una certa somma di denaro in cambio del pagamento di una certa somma a titolo di interessi, somma che viene chiamata cedola. Alla data di scadenza viene restituito il capitale (salvo alcune eccezioni). Il prospetto che riporta tutte le regole del contratto definisce le modalità di restituzione del capitale (e le eventuali eccezioni) nonché il numero, la frequenza e l’importo delle cedole oppure le modalità con le quali tale importo è determinabile alle date di pagamento. 
All’interno di questo schema molto generale, esistono tipologie diversissime di obbligazioni. 
Le più comuni sono le obbligazioni a tasso fisso che sono le più semplici. 
In questo caso le cose importanti da sapere sono solo quattro: l’affidabilità dell’emittente, la durata dell’obbligazione, l’importo della cedola ed il prezzo di emissione (che in genere è lo stesso di rimborso, ma non sempre). 
La grande maggioranza dei titoli di stato sono di questo tipo. 
Partendo da questo caso più semplice, le cose si possono complicare moltissimo. Una piccola complicazione è rappresentata dalle obbligazioni a tasso variabile. In questo caso le cedole non sono fisse, ma possono aumentare o diminuire in base ad un parametro di riferimento che in genere è il tasso d’interesse interbancario più l’aggiunta di uno spread. 
In alcuni casi la cedola non esiste affatto. In questo caso il prezzo di emissione è più basso del prezzo di rimborso ed è come se la cedola venisse pagata tutta alla scadenza. In Italia l’esempio classico di questo tipo di obbligazione è il BOT, strumento molto diffuso alcuni decenni fa, a tal punto che gli italiani venivano chiamati BOT-people. Altre obbligazioni hanno la cedola e/o il capitale correlate all’inflazione. In modo simile alle obbligazioni a tasso variabile non si può sapere con certezza l’importo nominale che verrà restituito, ma si può sapere l’importo al netto dell’inflazione. In questi casi c’è un po’ di complessità legato all’applicazione dei coefficienti di inflazione e non è così semplice scegliere fra le varie opzioni possibili.
Ma le complicazioni possono essere ben più problematiche di così. 
Nel mondo delle obbligazioni bancarie esistono forme di obbligazioni che prevedono la possibilità di cambiare la tipologia della cedola nel corso del contratto ed anche la possibilità di anticipare la scadenza e rimborsare il capitale prima. In alcuni casi si arriva ad obbligazioni che prevedono clausole per le quali si può sospendere il pagamento delle cedole ed in alcuni casi anche del capitale al verificarsi di certe condizioni di bilancio senza per questo dichiarare il default. 
COSA SAPERE IN SINTESI: A meno che non si conosca già molto bene il tipo di obbligazione che stiamo scegliendo (come nel caso dei titoli di stato) è fondamentale leggere molto bene il prospetto informativo prima di sottoscrivere un’obbligazione e se non si comprendono bene tutti i dettagli è bene stare alla larga da questo genere di proposte.

La relazione inversa prezzo/rendimento
Il concetto chiave da capire nel mondo delle obbligazioni a tasso fisso - quelle più diffuse -  è che il prezzo si muove in direzione inversa rispetto all’andamento dei tassi di mercato. Se i tassi salgono, i prezzi scendono e viceversa. Più lunga è la durata media finanziaria (duration) dell’obbligazione e più forte sarà il movimento di prezzo, a parità di variazione degli interessi. 
Una “regola del pollice” che si può utilizzare per stimare, a spanne, di quanto può oscillare il prezzo di un'obbligazione è quello di moltiplicare la durata media finanziaria (1) del titolo,  per la variazione dei tassi che ci si attende, in percentuale. Facciamo un esempio. Il prezzo di un’obbligazione con una durata media finanziaria di 5 anni scenderà di circa il 5% se vi è una diminuzione dei tassi dell’1%. Se l’obbligazione avesse una durata media finanziaria di 10 anni, il prezzo scenderebbe all’incirca del 10%. 
Matematicamente le cose sono molto più complicate di così, ma questa “regola del pollice”  fornisce un'indicazione ragionevolmente affidabile della tendenza che possiamo aspettarci. 
Si può comprendere come obbligazioni molto lunghe, come quelle a 20 o 30 anni, siano strumenti particolarmente rischiosi perché in 20 anni una variazione del 2-3% dei tassi è una cosa abbastanza normale. Ipotizziamo di acquistare un’obbligazione con una durata media finanziaria di 20 anni,  dopo 5 anni i tassi sono saliti del 3%, l’obbligazione avrà una durata media finanziaria di 15 anni e quindi avrà un prezzo inferiore di circa il 45%! Da notare che  il 3% di differenza dei tassi potrebbe essere dovuto - parzialmente -  anche ad una variazione del merito di credito, non solo alla normale evoluzione dei tassi di mercato. Si pensi ad esempio al caso dell’Italia quando ebbe il famoso “spread” con il BUND tedesco, che all’epoca era indicato tutte le sere al telegiornale, superiore al 500 punti (cioè al 5%). 
In questo 2023 la tentazione di allungare molto le duration del portafoglio è forte e potrebbe farsi ancora più forte in futuro. Le banche centrali hanno fatto capire che i rialzi sulla parte breve della curva potrebbero essere terminati, ma questo non garantisce in nessun modo che lo siano i rialzi a lungo termine. Mettere in portafoglio obbligazioni a lunghissimo termine dovrebbe essere una decisione presa solo da investitori molto preparati. Essi dovrebbero avere una strategia chiara, inclusa una pianificazione su cosa fare se il tempismo non fosse corretto.
Molti investitori alle prime armi commettono l'errore di pensare che, se non vendono l'obbligazione e la portano a scadenza, possono ignorare le variazioni di prezzo. Pensano che riceveranno sempre lo stesso capitale pattuito all'inizio. Questo è vero, ma se il mercato offre tassi di interesse più alti rispetto a quando l'obbligazione a tasso fisso è stata acquistata, c'è una ragione. Se non beneficiamo di questo aumento, probabilmente subiremo una perdita in termini di rendimenti reali (al netto dell'inflazione), anche se non in termini di rendimenti nominali.
Gli investitori alle prime armi spesso si fermano alle apparenze e ragionano in termini di rendimenti nominali. Tuttavia, ciò che dovrebbe interessare un investitore non è il numero che vede sull'estratto conto. Ciò che conta veramente è quanti beni e servizi può comprare con quel numero, rispetto a quelli che poteva comprare prima dell'investimento.
COSA SAPERE IN SINTESI: Investire a tasso fisso a lunga scadenza comporta sempre un notevole rischio. Durante la vita dell'obbligazione, c'è il rischio di vendere in perdita. Anche alla scadenza, c'è il rischio di non aver protetto il capitale dall'inflazione.

Rischio emittente e tassazione
Le obbligazioni possono essere emesse da vari enti, che vanno dagli stati - dai meno affidabili, come l'Argentina che ha fallito più volte, ai più affidabili come gli Stati Uniti d'America - agli enti pubblici sovranazionali, fino alle aziende di vario tipo, tra cui gli istituti finanziari, soprattutto le banche, sono particolarmente prolifici.
Il prezzo di un'obbligazione non varia solo in base ai tassi di interesse, come abbiamo discusso nel paragrafo precedente, ma anche in base al grado di affidabilità che il mercato attribuisce alla solvibilità dell'emittente. Naturalmente, se il mercato ha dei dubbi sulla capacità dell'emittente di rimborsare il debito con gli interessi, il prezzo delle sue obbligazioni inizierà a scendere, e viceversa.
Esistono società tradizionali, come Moody's, Standard & Poor's e Fitch, che assegnano un giudizio di affidabilità all'emittente, un giudizio noto come rating. Tuttavia, la crisi finanziaria del 2008 ha dimostrato quanto poco affidabili possano essere questi giudizi. Nonostante ciò, non siamo riusciti a trovare un'alternativa migliore. Una delle molte incongruenze del mondo finanziario è che gli operatori continuano a prendere sul serio questi giudizi, quasi come se la crisi del 2008 non fosse mai avvenuta.

La considerazione fondamentale che un investitore non particolarmente esperto dovrebbe fare è che non è mai consigliabile investire in singole obbligazioni, diverse dai titoli di stato di paesi affidabili, con importi superiori all’1% del proprio capitale. Il rischio di mancato rimborso raramente è compensato dal rendimento netto dell’obbligazione.
Se un investitore è disposto ad accettare un rischio così elevato, sarebbe più conveniente investire in azioni.
Ricordiamo che, dal punto di vista fiscale, in Italia, l’investimento in titoli di stato è tassato al 12,5%, a differenza del 26% delle obbligazioni aziendali. Questa differenza di tassazione comporta che, per ottenere lo stesso tasso netto, l’obbligazione aziendale deve offrire un tasso nettamente superiore. Più alti sono i rendimenti dei titoli aziendali (sui quali si applica la tassazione al 26%), più grande dovrà essere la differenza con i rendimenti dei titoli di stato (sui quali si applica la tassazione al 12,5%) per rendere i rendimenti netti equivalenti.
Quando i rendimenti erano molto bassi, questa differenza non era così rilevante. Ad esempio, se un’obbligazione aziendale aveva un rendimento dell’1%, il titolo di stato, per avere lo stesso rendimento netto, doveva avere una cedola dello 0,85%, solo lo 0,15% in meno.
Oggi, se un’obbligazione aziendale ha un rendimento del 5%, un titolo di stato con un rendimento lordo del 4,25% - lo 0,75% in meno! - avrà comunque lo stesso rendimento netto.
Se i tassi delle obbligazioni aziendali dovessero raggiungere il 7%, la differenza di rendimento lordo che rende equivalenti i due tassi netti sarebbe addirittura dell’1%!
È molto improbabile che un’obbligazione aziendale abbia un rendimento superiore allo 0,75% rispetto ad un titolo di stato senza comportare anche rischi significativamente superiori. Per questa ragione, per un investitore individuale, non ha molto senso investire in obbligazioni bancarie o di altre aziende e correre rischi che non possono essere compensati da adeguati rendimenti netti a causa della diversa tassazione. Se si desidera correre rischi significativi di mancato rimborso, sarebbe più logico investire in azioni e ottenere rendimenti significativamente più elevati rispetto alle obbligazioni.
COSA SAPERE IN SINTESI: a meno che tu non sia un investitore particolarmente esperto, non ha senso investire in singole obbligazioni diverse dai titoli di stato di paesi affidabili.

Singoli titoli, panieri di titoli, valuta
Quando si considerano titoli di stato di paesi affidabili, denominati nella propria valuta, può avere senso investire in singoli titoli rispetto a panieri di titoli come gli ETF. Questo perché si possono gestire le varie scadenze e non si pagano commissioni. La diversificazione diventa particolarmente utile quando esiste un rischio significativo di default.
Investire in obbligazioni attraverso gli ETF offre comunque alcuni vantaggi, che diventeranno più chiari nell'ultimo paragrafo quando discuteremo il ruolo delle obbligazioni nei portafogli di investimento.
A seconda dell'obiettivo dell'investimento, può essere utile investire in un ETF legato all'indice Bloomberg Barclays Global Aggregate Index se l'investitore desidera un'esposizione all'intero mercato obbligazionario mondiale. Per un piccolo investitore, replicare da solo un'asset-class così vasta è praticamente impossibile. In questo caso, potrebbe valere la pena pagare la commissione di gestione dell'ETF. Tuttavia, salvo rare eccezioni, non è mai consigliabile pagare commissioni di gestione per un fondo obbligazionario a gestione attiva.
L'uso di ETF obbligazionari può essere sensato anche in un contesto di ribasso dei tassi prolungato, poiché gli ETF hanno una duration tendenzialmente costante; quindi si beneficia maggiormente del rialzo dei prezzi delle obbligazioni dovuto all'abbassamento dei tassi d'interesse.
Quando si tratta di asset-class obbligazionarie così vaste, è necessario considerare anche l'esposizione valutaria. Se si usano singoli titoli di stato, non ha molto senso acquistare titoli in valuta estera, poiché la funzione principale delle obbligazioni in un portafoglio è ridurre le oscillazioni del portafoglio stesso. Introdurre le oscillazioni valutarie in uno strumento che dovrebbe servire a ridurre le oscillazioni è un controsenso.
Tuttavia, se si desidera un'esposizione a tutte le obbligazioni del mondo con un indice globale, bisogna decidere se proteggersi dalle oscillazioni del cambio. Questa copertura di solito ha un costo e non ci sono prove accademiche convincenti a favore della copertura o del contrario.
Nel breve termine, coprire o non coprire il cambio può comportare variazioni significative; nel lungo termine, la differenza è data solo dal costo della copertura, che è anch'esso incerto, poiché è legato al differenziale dei tassi che non è prevedibile.
COSA SAPERE IN SINTESI: Usando titoli di stato, la cosa più semplice è costruirsi un piccolo giardinetto di singoli titoli, con più scadenze e comprando le scadenze più lunghe man a mano che scadono le prime. Gli ETF vanno bene se proprio si vuole investire nell’asset-class obbligazionaria nel suo complesso, oppure in una fase di chiara riduzione dei tassi prolungata. 

Come usare le obbligazioni in portafoglio?
Concludiamo con le riflessioni più importanti ed anche più controverse dell’articolo. 
Come usare le obbligazioni in portafoglio? 
Molti colleghi potrebbero - legittimamente - non concordare con le seguenti conclusioni e mi farebbe piacere confrontarmi pubblicamente sul mio profilo LinkedIn per valutare i rispettivi punti di vista. 
L’arte di prendere buone decisioni finanziarie consiste in una sapiente mescolanza di tecnica e psicologia. 
Vi è un uso funzionale e uno disfunzionale delle tendenze psicologiche degli investitori. L’uso disfunzionale è quando si fa una scelta che riduce significativamente i rendimenti attesi per ottenere in cambio un vantaggio che è solo apparente, tale vantaggio in genere è una illusione di certezza oppure una di guadagno. 
L’uso funzionale della psicologia in finanza si ottiene quando si sfrutta una distorsione psicologica, come i conti mentali, per rendere l’inevitabile incertezza psicologicamente più sostenibile e consentirci di massimizzare il rendimento atteso rispetto a quello che diversamente non sarebbe stato psicologicamente sostenibile. 
Nella maggioranza dei casi, le obbligazioni nei portafogli finanziari vengono utilizzate in modo disfunzionale per tentare di avere delle certezze che nella maggior parte dei casi sono solo apparenti. 
Dal mio punto di vista, esistono solo due utilizzi sensati delle obbligazioni. 

La prima funzione è quella di garantire le spese certe o di creare una riserva per le spese incerte che conferisce tranquillità psicologica all'investitore. In sostanza, nessun investitore dovrebbe investire in strumenti il cui esito è per natura incerto, come l'azionario, se prima non ha coperto tutte le spese previste nell'arco di 5-10 anni, più una riserva per gli imprevisti ragionevolmente ipotizzabili. Questa parte del portafoglio può essere chiamata “investimenti”, ma la sua funzione non è quella di far crescere il capitale, al massimo è quella di farlo svalutare il meno possibile. Per svolgere questa funzione, l'unica tipologia di obbligazioni che ha senso includere nel portafoglio sono i titoli di stato di paesi affidabili o enti sovranazionali. La durata delle obbligazioni dovrebbe essere tendenzialmente a breve termine o con una scadenza comparabile alla data della spesa certa futura.

La seconda funzione delle obbligazioni riguarda il portafoglio dedicato agli investimenti. Un portafoglio al 100% azionario è psicologicamente insopportabile per la maggior parte degli investitori. Inoltre, nei momenti in cui i mercati azionari sono presi dal panico, avere una riserva di liquidità da utilizzare per comprare a prezzi stracciati è un vantaggio eccellente che può compensare l'assenza di rendimento per tutto il tempo in cui quella parte del portafoglio è investita in titoli di stato. Ci sono due vantaggi nell'acquistare durante i momenti di panico: il primo è il rendimento che deriva dall'acquisto, ma il vantaggio più importante è che aver riservato una parte del portafoglio appositamente per questo è la migliore assicurazione contro il rischio di vendere nei momenti sbagliati. La seconda funzione delle obbligazioni in portafoglio, quindi, è quella di rendere psicologicamente accettabile il grado di incertezza del portafoglio azionario. Non ha senso cercare di massimizzare il rendimento di questa componente introducendo altri livelli di incertezza. Anche questa componente obbligazionaria dovrebbe essere composta, idealmente, solo da titoli di stato di paesi affidabili.
La funzione di far crescere il capitale nel lungo termine è svolta in modo molto più efficiente dall'azionario, rispetto a qualsiasi altro tipo di obbligazioni, comprese le obbligazioni aziendali, quelle ad alto rendimento, dei paesi emergenti, ecc. Se ci pensiamo, un'azione non è altro che un'obbligazione senza scadenza a cedola variabile. Usando un gioco di parole, si può affermare che le obbligazioni con il rendimento atteso più alto sono le azioni.
Un portafoglio con molte obbligazioni diverse dai semplici titoli di stato, dal mio punto di vista, è un chiaro indice di un investitore ancora largamente inconsapevole che sta tentando una mediazione inefficiente tra rendimento e certezza. 
Dove si ricerca la certezza, non può esserci rendimento. Il rendimento è il prodotto dell'incertezza. L'investitore che ha rinunciato alla necessità di certezze negli investimenti (grazie alla pianificazione delle sue scelte finanziarie nel corso degli anni attraverso un progetto di investimento) è pronto a ottenere rendimenti significativi dagli investimenti. Tuttavia, non sarà certamente attraverso obbligazioni aziendali ad alto rendimento dei paesi emergenti, indicizzate a questo o quel particolare indice (o altre complicazioni simili), che li otterrà. I rendimenti nei mercati finanziari provengono fondamentalmente dai profitti derivanti dalla crescita delle aziende quotate. Questa è la fonte di rendimento, tutto il resto è solo una costosa utopia che costringe a sacrificare una parte significativa del rendimento nella ricerca illusoria di certezze.


 

Note (1)
La durata media finanziaria, chiamata anche duration, è una misura che indica in quanto tempo si ottiene il rimborso del capitale investito. Si calcola facendo la media, ponderata per l’importo, di tutte le scadenze dei pagamenti previsti dal titolo obbligazionario. Facciamo un esempio: ipotizziamo una obbligazione che dura tre anni ed ha una cedola del 5% che scade ogni anno. La durata media finanziaria non è di 3 anni, perché dei 115 euro che prevede di rimborsare, 5 hanno scadenza ad un anno, 5 anno scadenza a due anni e 105 hanno scadenza a 3 anni. La durata media ponderata delle tre scadenze, quindi è circa 2,87 anni e non 3. Nel caso delle obbligazioni senza cedola (dette anche zero-coupon), ovviamente, la durata media finanziaria e la scadenza coincidono, ma per le obbligazioni con cedole, più numerose, più grandi e più frequenti sono le cedole e più grande sarà la differenza fra la scadenza e la durata media finanziaria, o duration. 
 
 
 
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