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La pensione tradita
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20 giugno 2007 0:00
 
A poche settimane dal termine per la scelta sul TFR (30 Giugno) il prof. Beppe Scienza, autore -fra l'altro- di uno dei libri di maggiore successo sugli investimenti finanziaria (Il Risparmio Tradito, Edizioni Libreria Cortina Torino) torna in libreria con un testo nel quale stronca i fondi pensione.
Dico subito che ammiro il prof. Scienza per la schiettezza con la quale sostiene le sue tesi che, nella grande maggioranza dei casi, condivido.
In questo specifico caso, condivido circa l'80% delle cose che scrive nel libro (la cui lettura, oltre che istruttiva e' anche gradevole, come per le altre sue opere) ma credo che in qualche caso abbia commesso lo stesso errore che fanno i venditori di prodotti di risparmio gestito. In qualche circostanza ha un po' torturato i numeri per fagli dire quello che gli interessava.
La tesi di fondo del libro, sfrondata dalle considerazioni piu' specifiche, e' senza dubbio condivisibile: attenzione, dice il prof. Scienza, lasciando il TFR per i fondi pensione, si lascia un investimento (forzoso, ma pur sempre un investimento) che ha regole certe e costi zero per un investimento i cui esiti sono incerti e i costi nient'affatto trascurabili. Verissimo.
Attenzione, le aziende che gestiranno questi soldi, fino ad oggi hanno fornito pessime prove di "abilita'" (almeno nel senso di far fruttare -per gli investitori- il denaro, hanno ottime abilita' sul fronte opposto). Verissimo.
Attenzione, la scelta di lasciare il TFR in azienda e' reversibile, quella di metterla nei fondi pensione no. Verissimo
Attenzione, non e' affatto vero che i mercati finanziari offrono sempre rendimenti piu' elevati del TFR. Verissimo.
Attenzione, le norme - soprattutto sul piano fiscale- che oggi incentivano i fondi pensione possono cambiare in futuro. Verissimo anche questo.
Insomma, moltissime delle argomentazioni del prof. Scienza sono condivisibili. La tesi che invece non convince e' quella della sostanziale irrilevanza dei benefici fiscali e del cosi' detto contributo datoriale (termine e' orribile, come evidenzia il Professore).
E' vero che queste agevolazioni possono essere riviste dai futuri governi, ma e' vero anche che allo stato attuale implicano vantaggi, a mio modesto giudizio,niente affatto trascurabili.
Per "smontare" i vantaggi dell'attuale struttura fiscale dei fondi pensione, il prof. Scienza fa una tabella nella quale dimostrerebbe che in 40 anni, la tassazione agevolata inciderebbe solo per lo 0,5% all'anno. Questi calcoli sono stati fatti ipotizzando che nei 40 anni il reddito del lavoratore in termini reali resti immutato. Crediamo che sia una ipotesi piuttosto irrealistica. Oggi, nell'esperienza comune, e' molto difficile che uno che entra nel mondo del lavoro per la prima volta prenda lo stesso stipendio di qualcuno che c'e' gia' da 40 anni. Mi sembra un classico esempio di "tortura" dei numeri per fagli dire quello che piu' ci fa comodo.
Analizzando la questione in modo piu' specifico e con casi piu' reali dobbiamo dire che le agevolazioni fiscali ci sono e sono anche consistenti, ma che non sono una buona ragione -da sola- per sottoscrivere i fondi pensione perche' -come tutto il resto- le agevolazioni fiscali non sono affatto certe e possono essere modificate in qualsiasi momento.
Un discorso simile deve essere fatto per i contributi che versa il datore di lavoro.
Anche qui, il peso di questi contributi dipende molto dal contratto e dalla specifica situazione del lavoratore (quanto manca per andare in pensione? quanto TFR deve versare?). Dire che, genericamente, sono irrilevanti (salvo per i casi dei dipendenti di Alitalia per i quali il contributo e' del 7%) e' un'affermazione -a mio modesto giudizio- un po' troppo semplicistica.
E' vero che una pessima gestione dei fondi pensioni puo' vanificare l'effetto di questo contributo, ma e' anche vero che in condizioni "normali" di mercato (condizioni cioe' nelle quali il fondo ha un rendimento pari alla media del mercato meno i costi intorno all'1% all'anno) questo contributo aggiuntivo ha maggiori probabilita' di tradursi in un vantaggio rispetto a quelle di essere vanificato dall'andamento negativo dei mercati (parliamo di probabilita', non di certezze!).
Prendiamo il caso di un lavoratore che puo' versare al suo fondo di categoria il TFR nella misura del 2% della retribuzione (tutto il TFR e' pari al 6,9%), se versa un contributo volontario pari al 1,3% riceve dall'azienda un ulteriore contributo pari al 1,9% (quasi il 100% del TFR versato al fondo). Come si fa a dire che in un caso del genere il contributo datoriale e' irrilevante?
Questi sono casi abbastanza comuni, non si parla del fondo pensione Alitalia...
Insomma, e' ovvio che la scelta fra TFR e fondi pensione e' una scelta fra "certo" per "incerto" (uso questi termini non in senso stretto, neppure il TFR ha un rendimento reale certo).
Questa scelta deve essere fatta in maniera molto consapevole.

Mi ricordo, ai tempi dell'OPS per i Bond Argentini che il prof. Scienza -correttamente sul piano tecnico-finanziario- sosteneva che bisognava aderire all'OPS della repubblica argentina. Su questo sito, noi, per una questione piu' "politica" (nel senso lato di questa parola) facevamo un discorso piu' articolato: usavamo la metafora del dilemma del prigioniero (tratta dalla teoria dei giochi che il prof. Scienza puo' certamente insegnarci) per sostenere che la scelta ottimale sul piano individuale puo' non essere la scelta ottimale per la collettivita'. Volevamo dire che sebbene sul piano tecnico scambiare i bond era la scelta piu' logica, sul piano piu' generale se l'OPS fosse fallita tutti ne avrebbero tratto un vantaggio perche' -come si e' dimostrato successivamente- il Governo argentino aveva le condizioni economiche per formulare un'offerta migliore.
Perche' ricordiamo questo episodio?
Perche' dalla lettura del suo ultimo libro, traggo l'impressione -probabilmente errata- che piu' che un'analisi puntuale dei vantaggi/svantaggi dell'adesione ai fondi pensione il prof. Scienza miri a contribuire al fallimento del sistema stesso dei fondi pensione perche' ritiene che, nel complesso, e' un sistema -al di la' dei casi specifici- che porta piu' danni che vantaggi ai lavoratori.

Anche a noi questo sistema non piace affatto. Avremmo preferito, di gran lunga, l'introduzione dei conti individuali pensionistici. Ovvero una sorta di deposito titoli individuale destinato al risparmio previdenziale per il quale vigono le stesse norme (fiscali e civili) dei fondi pensione, con la sola differenza che le scelte vengono fatte direttamente dal lavoratore.
Il problema e' che i politici (e di piu' i sindacalisti) credono che i lavoratori siano una massa di mentecatti che non sono in grado di gestire al meglio i loro soldi. Dal loro punto di vista, poi, questo sistema ha un grande difetto: ci guadagnano troppo poco tutti (sindacalisti e banche).
Quando tutto questo "bailame" sul TFR sara' finito, speriamo di poter avviare -anche con il contributo del prof. Scienza- una battaglia per l'introduzione in Italia dei conti pensionistici individuali.
 
 
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