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Piano Finanziario "4You": le regole di condotta degli intermediari finanziari
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Articolo di Filippo Sartori e Remo Tarolli
18 giugno 2003 0:00
 
Ci e' stato chiesto di esprimere alcune riflessioni in merito alle regole comportamentali che gli intermediari finanziari devono rispettare nello svolgimento dei servizi di investimento e accessori. In particolare, avendo riguardo al Piano Finanziario denominato "4YOU" "proposto" dalla BANCA MONTE dei PASCHI di SIENA S.p.a. (d'ora in avanti, la BANCA).
Premettiamo, fin da subito, che non e' questa la sede piu' adatta per entrare nel merito finanziario dell'operazione. Peraltro, gia' da una prima lettura del contratto di riferimento e' agevole comprendere come il Piano Finanziario "4YOU" costituisca un un'operazione "strutturata" alquanto complessa e, in guisa, non adatta -almeno non sempre- ad investitori c.d. non professionali.
In veloce sintesi, con il piano finanziario in esame la BANCA concede ai clienti un finanziamento finalizzato all'acquisto di un 40%-60% del capitale finanziato in obbligazioni c.d. zero coupon non quotate, emesse dalla stessa BANCA o da banche del gruppo e il restante 60% - 40 % in quote di fondi comuni di investimento a rischio medio alto, istituiti dalla stessa BANCA.
A garanzia della restituzione del finanziamento, per l'acquisizione dei predetti strumenti finanziari e delle quote dei fondi comuni, la BANCA costituisce pegno su tali "titoli", seconda la normativa vigente.
Si tratta, dunque, di un "prodotto" composto da un servizio accessorio di "concessione di finanziamenti agli investitori per consentire loro di effettuare un'operazione relativa a strumenti finanziari, nella quale interviene il soggetto che concede il finanziamento" (art. 1, comma 6, lett. c) del D. lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 - c.d. TUF) e di un servizio di investimento di negoziazione di strumenti finanziari.

Le regole generali di comportamento dei soggetti abilitati: cenni
Cio' premesso, e' opportuno ricordare che nello svolgimento dei servizi di investimento e accessori, i soggetti abilitati "devono comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, nell'interesse dei clienti e per l'integrita' dei mercati" (art. 21, comma 1, lett. a) del TUF).
In particolare, l'art. 21, comma 1 prosegue stabilendo che "nella prestazione dei servizi di investimento e accessori i soggetti abilitati devono (.)":
- "acquisire le informazioni necessarie dai clienti e operare in modo che essi siano sempre adeguatamente informati";
- "organizzarsi in modo tale da ridurre al minimo il rischio di conflitti di interesse e, in situazioni di conflitto, agire in modo da assicurare comunque ai clienti trasparenza ed equo trattamento (.)".

La disposizione teste' richiamata non e' una disposizione meramente programmatica, ma self executive: si tratta di una norma direttamente applicabile (dai giudici e dall'Autorita' di Vigilanza), a prescindere dalla genericita' della sua formulazione.
La dottrina e' giunta a tale conclusione, nonostante la Relazione governativa al Decreto Eurosim attribuisse espressamente alla norma in questione carattere programmatico (1). Sebbene, infatti, spetti alla Consob, ai sensi dell'art. 6, comma 2 del TUF, il compito di specificare i doveri fiduciari celebrati dall'art. 21, comma 1, lett. a), fornendo quindi all'Autorita' giudiziaria dei piu' precisi parametri valutativi ai fini dell'attribuzione -alla parte lesa- di un eventuale rimedio, cio' non esclude la possibilita' per le stesse corti di "sanzionare" civilmente eventuali violazioni dei doveri fiduciari suddetti, e cio' a prescindere dalla specificazione degli stessi ad opera della Commissione.
Alla medesima conclusione puo' giungersi con riferimento all'erogazione di sanzioni amministrative da parte della Consob che, ai sensi dell'art. 190 del TUF, puo' comminare sanzioni pecuniarie (da uno a cinquanta milioni) agli intermediari -ai soggetti in posizione "apicale"- in caso di violazione delle obbligazioni fiduciarie ex art. 21.
I criteri generali contenuti nella norma in esame costituiscono, quindi, "canoni di comportamento immediatamente precettivi, anche a prescindere dalla loro sussunzione e specificazione in norme regolamentari", e di conseguenza rivestono "si' la funzione di norme di indirizzo, ma anche di chiusura dell'ordinamento (.)" (2).
Il concetto di diligenza di cui all'art. 21 del TUF si riferisce, naturalmente, alla "diligenza del buon professionista" e non a quella del "buon padre di famiglia". Pertanto, anche se non menzionata espressamente, la professionalita' contrassegna la modalita' di comportamento degli intermediari, precisando il significato della diligenza.
A conferma di cio', puo' essere richiamato l'art. 23, comma 6 del TUF che, nell'ambito dei giudizi di risarcimento dei danni cagionati al cliente, impone agli intermediari di provare di aver agito con la specifica diligenza richiesta.
E', quindi, al concetto di diligenza professionale che possono ricondursi, ad esempio:
i) l'obbligo di acquisire le informazioni necessarie dai clienti e operare in modo che essi siano sempre adeguatamente informati (art. 21, comma 1, lett. b) del TUF);
ii) l'obbligo di svolgere una gestione indipendente, sana e prudente e adottare misure idonee a salvaguardare i diritti dei clienti sui beni affidati (art. 21, comma 1, lett. e) del TUF);
iii) l'obbligo di organizzarsi in modo tale da ridurre al minimo il rischio di conflitti di interesse (art. 21, comma 1, lett. c) del TUF).

Alune regole in tema di diligenza
Il principio di diligenza trova, inoltre, specificazione nelle regole di comportamento elaborate dalla Consob con il Regolamento n. 11522/98.
Possono, infatti, considerarsi espressione di tale dovere:
- l'obbligo di operare in modo indipendente e coerente con i principi e le regole generali del Testo Unico (art. 26, comma 1, lett. a);
- l'obbligo di rispettare le regole di funzionamento dei mercati in cui operano (art. 26, comma 1, lett. b);
- l'obbligo di operare al fine di contenere i costi a carico degli investitori e di ottenere da ogni servizio d'investimento il miglior risultato possibile, anche in relazione al livello di rischio prescelto dall'investitore (art. 26, comma 1, lett. f);
- l'obbligo di esecuzione tempestiva degli ordini impartiti dagli investitori (art. 26, comma 1, lett. d);
- l' obbligo di acquisire una conoscenza degli strumenti finanziari, dei servizi nonche' dei prodotti diversi dai servizi di investimento, propri o di terzi, da essi stessi offerti, adeguata al tipo di prestazione da fornire, -c.d. know the securities rule o know your merchandise rule- (art. 26, comma 1, lett. e);
- l'obbligo di informarsi sulla situazione finanziaria dell'investitore, -c.d. know your customer rule- (art. 28, comma 1, lett. a);
- l'obbligo di astenersi dall'effettuare con o per conto degli investitori operazioni non adeguate per tipologia, oggetto, frequenza o dimensione,-c.d. suitability rule- (art. 29, comma 1);
- l'obbligo di eseguire le negoziazioni alle migliori condizioni possibili con riferimento al momento, alle dimensioni e alla natura delle operazioni stesse,- c.d. best execution rule- (art. 32, comma 3) etc.

L'equo trattamento
All'obbligo dell'intermediario di agire con diligenza, si accompagna quello di agire con correttezza (honeste agere), ovvero di comportarsi in modo leale ed equo. In termini generali, "equo trattamento" significa che l'intermediario non deve abusare della fiducia ripostagli dal cliente; detto altrimenti, il primo non deve porre in essere un'operazione finalizzata a privilegiare il proprio interesse o quello di un altro cliente, a discapito del secondo (3). Quest'interpretazione sembra confermata anche dal Regolamento Consob, il quale all'art. 26, comma 1, lett. c) dispone che: "Gli intermediari autorizzati, nell'interesse degli investitori e dell'integrita' del mercato mobiliare (.) si astengono da ogni comportamento che possa avvantaggiare un investitore a danno di un altro". La "cura dell'interesse del cliente" (strumentale, si intende, all'integrita' del mercato) e', quindi, l'obiettivo primario che il principio della correttezza mira a raggiungere.
Tale criterio e' intimamente connesso al principio della correttezza-trasparenza, in base al quale gli intermediari finanziari sono gravati:
i ) dell'obbligo di redigere i contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento in forma scritta e di consegnarne un esemplare al cliente (art. 23 TUF );
ii) dell'obbligo di operare in modo che i clienti siano sempre adeguatamente informati (art. 21, comma 1, lett. b) TUF);
iii) dell'obbligo di consegnare agli investitori il documento sui rischi generali degli investimento in strumenti finanziari (art. 28, comma 1 del regolamento Consob n. 11522/98);
iii) dell'obbligo di non effettuare o consigliare operazioni (.) se non dopo aver fornito all'investitore informazioni adeguate sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni della specifica operazione o del servizio, la cui conoscenza sia necessaria per effettuare consapevoli scelte di investimento o disinvestimento (art. 28, comma 2 del regolamento Consob n. 11522/98); etc.

Gli investitori non professionali
Come noto, la portata applicativa della maggior parte delle regole di condotta richiamate e' circoscritta alle fattispecie in cui la controparte contrattuale dell'intermediario non sia un operatore qualificato. E, come noto, per operatori qualificati (investitori professionali) si intendono "gli intermediari autorizzati, le societa' di gestione del risparmio, le SICAV, i fondi pensione, le compagnie di assicurazione, i soggetti esteri che svolgono in forza della normativa in vigore nel proprio Stato d'origine le attivita' svolte dai soggetti di cui sopra, le societa' e gli enti emittenti strumenti finanziari negoziati in mercati regolamentati, le societa' iscritte negli elenchi di cui agli articoli 106, 107 e 113 del decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385, i promotori finanziari, le persone fisiche che documentino il possesso dei requisiti di professionalita' stabiliti dal Testo Unico per i soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo presso societa' di intermediazione mobiliare, le fondazioni bancarie, nonche' ogni societa' o persona giuridica in possesso di una specifica competenza ed esperienza in materia di operazioni in strumenti finanziari espressamente dichiarata per iscritto dal legale rappresentante" (art. 31, comma 2 regolamento Consob n. 11522/98).
Esclusivamente in tale evenienza dunque non si applicheranno le stringenti regole comportamentali. Infatti, solo nei rapporti tra intermediari autorizzati e operatori qualificati "non si applicano le disposizioni di cui agli articoli 27, 28, 29, 30, comma 1, fatta eccezione per il servizio di gestione, e commi 2 e 3, 32, commi 3, 4 e 5, 37, fatta eccezione per il comma 1, lettera d), 38, 39, 40, 41, 42, 43, comma 5, lettera b), comma 6, primo periodo, e comma 7, lettere b) e c), 44, 45, 47, comma 1, 60, 61 e 62".

Il caso di specie; alcune considerazioni
Fatte queste brevi premesse di carattere generale e' opportuno verificare se nella fattispecie sottoposta alla mia attenzione la BANCA abbia rispettato la normativa di settore.
A tale quesito non e' facile dare una risposta univoca, essendo necessario verificare nel dettaglio i singoli rapporti con i clienti interessati. Peraltro, si possono fare, almeno in prima battuta, alcune considerazioni di ordine tecnico inerenti ad alcuni profili del "prodotto" "offerto" agli investitori, alla luce delle contestazioni che da piu' parti sono state sollevate.

I DOVERI INFORMATIVI
In primo luogo, e' indubbio che la regola della trasparenza non puo' ritenersi esaurita dalla consegna di un contratto scritto "sovente con minuscoli caratteri", dal prospetto informativo inerente agli strumenti finanziari "offerti", ovvero dal documento sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari.
Tali obbligazioni, infatti, devono essere considerate esclusivamente come una delle tante tecniche utilizzate dall'ordinamento giuridico per colmare il gap informativo tra le parti; e non, quindi, come una "diabolica" presunzione di consapevolezza del risparmiatore.
Si deve, pertanto, escludere che il mero rispetto da parte dell'intermediario dell'obbligo in questione trasformi -miracolosamente- il cliente non professionale in investitore consapevole, capace di tutelare da se' il proprio interesse, ed, in ultima analisi, in grado di assumersi i rischi dell'investimento compiuto.
"L'intermediario deve comunque assicurare all'investitore la propria assistenza e la propria guida nella scelta delle operazioni da compiere, anche al di la' delle asettiche e standardizzate informazioni riportate nel documento" (4). Per tale via, anche in questa fase del rapporto continueranno ad applicarsi le clausole generali della buone fede, della correttezza e della professionalita', cosi' da imporre all'intermediario una generica obbligazione di rivelare al risparmiatore tutti gli elementi utili ai fini della conclusione del contratto. Obbligazione che, peraltro, e' specificata all'art. 21, comma 1 del TUF, la' dove stabilisce che gli intermediari finanziari devono acquisire le informazioni necessarie dai clienti e operare in modo che essi siano sempre adeguatamente informati, e ribadita all'art. 28, comma 2 del Regolamento Consob n. 11522/98, il quale prevede che i soggetti abilitati "(.) non possono effettuare o consigliare operazioni (.) se non dopo aver fornito all'investitore informazioni adeguate sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni della specifica operazione o del servizio, la cui conoscenza sia necessaria per effettuare consapevoli scelte di investimento o disinvestimento".
Beninteso: la conoscenza in questione non si traduce in una mera conoscibilita', ma in una conoscenza effettiva; e cio', ad esempio, in quanto il nuncius dell'intermediario, ovvero il promotore finanziario, ai sensi dell'art. 96, comma 3, dello stesso Regolamento deve verificare che il cliente "(.) abbia compreso le caratteristiche essenziali dell'operazione proposta, non solo con riguardo ai relativi costi e rischi patrimoniali, ma anche con riferimento alla sua adeguatezza in rapporto alla situazione dell'investitore".
Sicche' non sembra del tutto fondata la considerazione - adottata dalla BANCA - in base alla quale "i prodotti in questione hanno un'impostazione formale e contrattuale aderente alle normative vigenti (.)"
Cio', si intende, non e' sufficiente per addurre che la BANCA, nel caso specifico, non abbia rispettato le obbligazioni de quibus. Sara' infatti l'Autorita' giudiziaria che dovra', eventualmente, accertare fattispecie per fattispecie l'inadempimento contestato. Peraltro, trattandosi di un Piano Finanziario alquanto complesso, gli obblighi informativi in esame devono essere interpretati in modo particolarmente stringente. Sicche' la BANCA, eventualmente citata in giudizio, dovra' dimostrare l'effettiva conoscenza maturata dal cliente-attore del prodotto di riferimento. E cio' in quanto, come ben noto, il legislatore delegato del 98 ha introdotto nel settore finanziario una "regola di giudizio" in base alla quale "nei giudizi di risarcimento dei danni cagionati al cliente nello svolgimento dei servizi di investimento e di quelli accessori, spetta ai soggetti abilitati l'onere della prova di aver agito con la specifica diligenza richiesta". Tale prova sembrerebbe alquanto complessa in considerazione del fatto che, sulla base delle informazioni a nostra disposizione, e' gia stata accertata, in determinate circostanze, dall'Autorita' Garante della Concorrenza e del Mercato, un'ipotesi di "pubblicita' ingannevole". In altri termini, non sembra che siano state rispettate (almeno non sempre) quelle basilari regole precontrattuali necessarie affinche' un investitore non professionale maturi una consapevole scelta di investimento.

IL CONTENIMENTO DEI COSTI A CARICO DEGLI INVESTITORI
Tra le regole di condotta degne di nota, e' opportuno rimarcare, in questa sede, la norma in base alla quale gli intermediari sono gravati dall'obbligo di operare al fine di contenere i costi a carico degli investitori e di ottenere da ogni servizio d'investimento il miglior risultato possibile, anche in relazione al livello di rischio prescelto dall'investitore (art. 26, comma 1, lett. f) del Regolamento Consob n. 11522/98).
In merito, sembra esserci una querelle tra Associazioni di categoria e la BANCA. Si tratta di un profilo tecnico di agevole valutazione che, se provato (sulla base di una perizia), darebbe logo ad un inadempimento contrattuale del soggetto abilitato.
"La norma contempla due profili tra loro collegati - i 'costi' a carico degli investitori e il 'risultato' ottenuto dalla prestazione del servizio (.)".
Tale norma va interpretata nel senso "di ritenere che essa impedisca agli intermediari di adottare comportamenti che, di per se', abbiano quale unico scopo l'addebito di oneri o costi a carico del cliente, senza apprezzabili utilita' per quest'ultimo, ovvero che generino costi od oneri non trasparenti per il cliente stesso. Se cosi' intesa, la norma si raccorda alla piu' generale disciplina del conflitto di interessi, e del comportamento corretto e trasparente, che informano l'intera disciplina della prestazione dei servizi di investimento" (5).

IL CONFLITTO DI INTERESSI
L'operazione finanziaria in esame e' stata posta in essere in conflitto di interessi! Le obbligazioni zero coupon sono, infatti, state emesse dalla BANCA o da una banca del gruppo e le quote dei fondi comuni di investimento si riferiscono a fondi istituti dalla stessa BANCA.
Anche sul punto la BANCA ha rispettato, da un punto di vista formale, la normativa di settore. In particolare, e' stata osservata la disposizione che grava gli intermediari autorizzati dell'obbligo di "non effettuare operazioni con o per conto della propria clientela se hanno direttamente o indirettamente un interesse in conflitto, anche derivante da rapporti di gruppo, dalla prestazione congiunta di piu' servizi o da altri rapporti di affari propri o di societa' del gruppo, a meno che non abbiano preventivamente informato per iscritto l'investitore sulla natura e l'estensione del loro interesse nell'operazione e l'investitore non abbia acconsentito espressamente per iscritto all'effettuazione dell'operazione" (art. 27, comma 2 del Regolamento Consob n. 11522/98).
E' opportuno ricordare, solo a titolo indicativo, che "ove gli intermediari autorizzati, al fine dell'assolvimento degli obblighi di cui al precedente comma 2, utilizzino moduli o formulari prestampati, questi devono recare l'indicazione, graficamente evidenziata, che l'operazione e' in conflitto di interessi (art. 27, comma 3 del Regolamento Consob n. 11522/98).
Anche in tale frangente il rispetto formale degli obblighi regolamentari non e' sufficiente per ritenersi rispettata la disciplina in tema di conflitto di interessi. Infatti, lo stesso art. 21, lett. c) del TUF impone agli intermediari finanziari, "in situazioni di conflitto", di "agire in modo da assicurare comunque ai clienti trasparenza ed equo trattamento (.)".
In termini generali, si e' detto, "equo trattamento" significa che l'intermediario non abusi della fiducia ripostagli dal cliente; La "cura dell'interesse del cliente" (strumentale, si intende, all'integrita' del mercato) e', quindi, l'obiettivo primario che il principio dell'equo trattamento mira a raggiungere.
Tale clausola rileva a prescindere dal rispetto degli altri elementi (formali); infatti, e' (da sola) in grado di colpire il comportamento dell'intermediario: impeccabile da un punto di vista formale, ma sanzionabile da un punto di vista sostanziale.
In altri termini, se l'intermediario ottiene il consenso espresso e "consapevole" del cliente (informato) con lo strumento autorizzatorio, ma non persegue l'interesse di quest'ultimo, avvantaggiando se' o un terzo, sara' comunque responsabile (6).

L'ADEGUATEZZA DELLE OPERAZIONI
Si e' avuto modo di ricordare che, ai sensi dell'art. 28, comma 1, lett. a) del Regolamento n. 11522/98, prima dell'inizio della prestazione dei servizi di investimento e accessori "gli intermediari autorizzati devono chiedere all'investitore notizie circa la sua esperienza in materia di investimenti in strumenti finanziari, la sua situazione finanziaria, i suoi obiettivi di investimento, nonche' circa la sua propensione al rischio".
Con tale prescrizione, la Consob celebra dunque nel nostro ordinamento la nota know your customer rule. La raccolta delle informazioni de quibus dovrebbe avvenire, di regola, nell'ambito di un incontro personale e diretto con l'investitore, e cio' in considerazione del fatto che la fase antecedente all'instaurazione del rapporto tra le parti ha carattere "interattivo", e che solo per tale via si puo' conoscere effettivamente il cliente.
Per garantire maggior snellezza al rapporto tra le parti e consentire all'intermediario, senza sopportare eccessivi costi, di adempiere all'obbligo di dotarsi di procedure idonee a ricostruire le modalita', i tempi e le caratteristiche dei comportamenti posti in essere nella prestazione dei servizi (art. 56, comma 2, lett. a) del Regolamento Consob n. 11522/98) la Consob, in sede di interpretazione autentica, ha legittimato l'utilizzo di moduli prestampati per reperire le informazioni in esame; e cio', naturalmente, sul presupposto che vi sia stata comunque una preventiva interazione tra le parti e che le informazioni siano state raccolte prima dell'inizio della prestazione del servizio (7).
Anche in tale frangente, vanno quindi pienamente rispettati i principi della professionalita', della buona fede e della correttezza: le informazioni sul cliente, ad esempio, devono essere costantemente aggiornate in pendenza del rapporto, alla luce dell'operativita' dello stesso cliente e di ogni altra notizia rilevante(8).
Cio' premesso, e' agevole comprendere come il particolare dovere informativo suddetto sia strumentale all'applicazione di un'altra nota conduct of business rule. Si tratta, della c.d. suitability rule o suitability doctrine. In merito, l'art. 29, comma 1 del Regolamento n. 11522/98 prevede che gli intermediari autorizzati sono gravati dall'obbligo di astenersi dall'effettuare con o per conto degli investitori operazioni non adeguate per tipologia, oggetto, frequenza o dimensione.
Ne deriva, quindi, che la c.d. know your customer rule e' funzionale alla regola sulla adeguatezza delle operazioni: l'intermediario puo' astenersi dall'effettuare con o per conto degli investitori operazioni "non adeguate", solo se conosce specificamente l'esperienza degli stessi clienti nel campo degli investimenti in strumenti finanziari, la loro situazione finanziaria, i loro obiettivi di investimento e la loro propensione al rischio.
Di fronte al rifiuto del cliente di fornire le informazioni richieste (rifiuto che ai sensi dell'art. 28, comma 1, lett. a) del Regolamento Consob deve risultare dal contratto o da apposita dichiarazione sottoscritta dall'investitore), la suitability rule non si disapplica del tutto: gli intermediari autorizzati dovranno comunque tenere conto, ai fini dell'adempimento dell'obbligo sulla adeguatezza delle operazioni, di ogni altra informazione disponibile in relazione ai servizi prestati(9)
. La dottrina in esame assoggetta gli intermediari al dovere positivo di interpretare le preferenze di investimento dei risparmiatori in termini di trade-off rischio/rendimento, alla luce delle personali esigenze degli stessi.
Cio' premesso, e assunta l'avversione al rischio dell'investitore, e' agevole comprendere la policy di fondo del dovere in esame. Si tratta del tentativo di proteggere il risparmiatore da un rischio non necessario connesso all'attivita' di investimento.
Naturalmente, come e' palesato all'art. 29, comma 3 del Regolamento Consob n. 11522/98, gli intermediari, quando ricevono da un investitore (o suggeriscono a costui) disposizioni relative ad una operazione non adeguata, lo informano di tale circostanza e delle ragioni per cui non e' opportuno procedere alla sua esecuzione. Se, tuttavia, l'investitore intenda dare corso all'operazione, gli intermediari possono eseguirla a condizione che venga impartito un ordine per iscritto ovvero, nel caso di ordini telefonici, qualora l'ordine venga registrato su nastro magnetico o su altro supporto equivalente, in cui sia fatto esplicito riferimento alle avvertenze ricevute.
Da un punto di vista giuridico il concetto fondante la suitability doctrine e' quello della diligenza professionale. L'intermediario sara' quindi responsabile per il compimento di un'operazione non adatta, qualora non abbia utilizzato tutti i mezzi e gli accorgimenti necessari per attuare il tipo d'attivita' in cui e' ravvisabile la soddisfazione dell'interesse dell'investitore.
Da un punto di vista tecnico, e' il "rischio" l'elemento piu' idoneo a dare significato al concetto di diligenza nell'ambito della suitability doctrine. Si tratta di un elemento facilmente valutabile dall'intermediario, alla luce delle caratteristiche dell'investitore quali, ad esempio, la sua situazione finanziaria o l'ammontare del danaro investito in relazione al valore del suo patrimonio etc. Peraltro, per prassi, gli investitori vengono classificati in investitori a basso rischio, a medio rischio e ad alto rischio. Si tratta di un elemento che viene formalizzato per iscritto e costituisce, dunque, il punto di partenza per la verifica della disposizione in oggetto.
E' agevole comprendere che la valutazione della rischiosita' dell'investimento e' un'operazione tecnico-finanziaria; e non e' dunque questa la sede piu' adatta per esprimere considerazioni in merito.
Purtuttavia, in linea generale, sembra potersi affermare che i fondi comuni di investimento oggetto del piano finanziario, generalmente, siano a rischio alto.
Quanto detto non sembra cozzare con il fatto che un'altra parte del patrimonio investito con il piano finanziario in esame sia stato investito in obbligazioni zero coupon.
E cio' in quanto, in primo luogo, le quote del fondo costituiscono una significativa percentuale del patrimonio investito dai clienti (tra il 60% e il 40 %); in secondo luogo, in quanto le obbligazioni di riferimento - almeno alcune - costituiscono strumenti finanziari non quotati in un mercato regolamentato, ergo di non facile commerciabilita'.
In sintesi, anche quest'ultimo strumento non sembra rispondere pienamente agli interessi finanziari di un investitore non professionale a basso rischio.

PROSPETTO INFORMATIVO
In relazione alla disciplina sulla sollecitazione all'investimento, riteniamo che la BANCA non sia soggetta agli obblighi di redazione e pubblicazione del prospetto informativo, per le ragioni di seguito descritte.
Preliminarmente, corre obbligo di delimitare il perimetro di operativita' della nozione di "sollecitazione all'investimento", ai fini dell'applicazione delle disposizioni in materia di prospetto informativo contenute nel TUF e nel Regolamento Consob 14 maggio 1999, n. 11971. In particolare, dalla definizione enunciata all'art. 1, comma 1, lett. t) del TUF(10), si evince che essa ha pur sempre ad oggetto "prodotti finanziari", e cioe' "strumenti finanziari" o "ogni altra forma di investimento di natura finanziaria". (11) Il Piano Finanziario diffuso dalla BANCA e' giuridicamente inquadrabile alla stregua di un contratto di mutuo, come tale regolato espressamente dagli 1813 ss. c.c. Richiesta di chiarimenti sul punto, pur se in relazione ad un diversa fattispecie (offerta fuori sede di contratti di mutuo finalizzati all'acquisto di immobili ad uso abitativo), la Consob ha precisato che "il mutuo non puo' [.] farsi rientrare tra i prodotti finanziari di cui all'art. 1, comma 1, lett. u), del d.lgs. n. 58/1998 [.]", posto che nell'ambito di tale ultima categoria possono ricomprendersi "i soli prodotti finanziari di "raccolta" e non anche quelli di "erogazione", tra i quali ultimi, secondo l'opinione comune, deve farsi rientrare il mutuo. Va infine sottolineato [.] che il contratto di mutuo non viene neppure menzionato (v. art. 36 del reg. Consob n. 11522/1998 cit.) tra i prodotti diversi dagli strumenti finanziari e dai servizi di investimento, le cui caratteristiche ai sensi dell'art. 30, comma 5, del d.lgs. 58/1998, possono essere stabilite con regolamento dalla Consob sentita al Banca d'Italia ". (12) E' il caso di precisare che, se pure tale intervento si focalizza su una fattispecie di mutuo finalizzato all'acquisto di una unita' immobiliare, la ratio sottesa al ragionamento formulato dalla Consob pare riferibile altresi' al caso del Piano Finanziario; e infatti, il Piano Finanziario e' si' preordinato a consentire la realizzazione di un investimento di natura finanziaria, ma non rappresenta per cio' esso stesso una forma di investimento, se non in via del tutto mediata. (13)
Anche qualora il Piano Finanziario fosse assimilato ad un prodotto finanziario ex art. 1, comma 1, lett. u), del TUF, e la BANCA facesse pertanto luogo ad una sollecitazione all'investimento, esso beneficerebbe dell'esenzione dalla relativa normativa stabilita in relazione ai "prodotti finanziari emessi da banche".(14)
Di conseguenza, la BANCA non dovrebbe ritenersi tenuta ad effettuare la comunicazione preventiva alla Consob, ne' a predisporre il prospetto informativo con le informazioni relative alla sollecitazione, ne' infine, a rispettare le regole di comportamento stabilite per la durata dell'offerta.(15)


Filippo Sartori e' docente di Diritto degli Intermediari Finanziari all'universita' di Trento e direttore della rivista Diritto Bancario

Note
1 Cfr. per tutti ALPA, commento art. 21, in Commentario al Testo Unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, ALPA, CAPIRGLIONE (a cura di), Padova, 1998. Gia' precedentemente in relazione al Decreto Eurosim analoghe critiche venivano mosse dallo stesso autore e da GAGGERO, I servizi di investimento in valori mobiliari nel decreto eurosim, Milano, 1996, pagg. 65 e ss. Cfr. anche MIOLA, commento art. 21, in Testo Unico della Finanza, Commentario diretto da CAMPOBASSO, che a sostegno di tale tesi richiama l'inciso "per quanto possibile" previsto nella direttiva ISD e opportunamente tralasciato dal legislatore delegato. Cio' infatti starebbe a significare che "il rispetto di questi criteri (diverse di diligenza e lealta') non ammette deroghe".
2 Cfr. SEPE, I servizi di investimento, in Il testo unico dei mercati finanziari, LACAITA e NAPOLEONI (a cura di), Milano, 1998, pagg. 28 e ss.
3 Cfr. SARTORI, Il conflitto di interessi tra intermediari e clienti nello svolgimento dei servizi di investimento e accessori: un problema risolto? , in Rivista di diritto civile, 2001, pagg. 194 e ss.
4 In questi termini, cfr. ANNUNZIATA, La disciplina del mercato mobiliare, Torino, 2002, pag. 107.
5 Cfr. ANNUNZIATA, La disciplina del mercato mobiliare, cit. , pag. 104.
6 DE NOVA, Conflict of interests and the fair dealing duty, in Rivista di diritto privato, 2002, pagg. 477 e ss.
7 Cfr. Comunicazione Consob n. DI/98087230 del 6 novembre 1998.
8 Ibidem. Negli stessi termini cfr. la Rule 67 del documento "A European Regime of Investor Protection. The Harmonization of Conduct of Business Rules", la quale stabilisce: "An investment firm must take reasonable care to keep the customer profile under review, also taking into consideration the development of the relationship between the investment firm and the customer. The customer must be advised that he should inform the investment firm of any major changes affecting his investment objectives, risk profile, financial situation/capacity, trading restrictions, or the identity or capacity of his representative. Should the firm become aware of a major change in the situation previously described by the customer, it must request additional information".
9 Cfr. l'art. 29, comma 2 del Regolamento Conosb n. 11522/98.
10 e' "sollecitazione all'investimento: ogni offerta, invito ad offrire o messaggio promozionale, in qualsiasi forma rivolti al pubblico, finalizzati alla vendita o alla sottoscrizione di prodotti finanziari". Si considerano rivolte al pubblico le offerte "ad incertam perdonam, cioe' quelle sollecitazioni che risultano rivolte ad un numero indeterminato di soggetti ed in cui manchi quindi un contatto individuale tra offerente e oblati, in ragione delle modalita' standardizzate di svolgimento delle offerte medesime" (v. La sollecitazione all'investimento nel Testo Unico della Finanza: il Commento dell'Assonime, in Riv. soc., 2001, pag. 216)
11 Ai sensi dell'art. 1, comma 1, lett. u) del T.U.F.
12 Comunicazione Consob n. DIN/82717 del 7 novembre 2000. Nello stesso senso, Comunicazione DIN/1014073 del 27 febbraio 2001. In dottrina, cfr., ANNUNZIATA, La disciplina del mercato mobiliare, cit., pagg. 297 s., ove l'Autore sostiene che "si sara' in presenza di un investimento di natura finanziaria ogni qualvolta si assiste ad operazioni che comportano l'impiego di capitali, a fronte di un'attesa di rendimento, correlata al rischio sottostante, con la precisazione ulteriore che il "rischio" deve presentare una connotazione "finanziaria", ossia deve essere correlato alla remunerazione dei capitali investiti". In conseguenza di cio', "la categoria non include i prodotti di erogazione di credito, quali ad esempio contratti mutuo, leasing, ecc., e cio' in quanto tali prodotti non rappresentano forme di "investimento" di natura finanziaria".
13 In aggiunta, le somme erogate con il mutuo non andrebbero a finanziare l'acquisto di strumenti emessi dal soggetto erogatore, ma di strumenti emessi da soggetto/i diverso/i, seppur legato/i alla Banca da un rapporto di gruppo.
14 Ai sensi dell'art. 1, comma 1, lett. f) del T.U.F., "[Le disposizioni del presente capo non si applicano alle sollecitazioni all'investimento] aventi ad oggetto prodotti finanziari emessi da banche, diversi dalle azioni o dagli strumenti finanziari che permettano di acquisire o sottoscrivere azioni ovvero prodotti assicurativi emessi da imprese di assicurazione". Il Piano Finanziario rientra con ogni evidenza nella categoria dei "prodotti finanziari emessi da banche" che non danno diritto ad acquisire o sottoscrivere azioni, talche' la normativi sugli obblighi da prospetto non puo' trovare applicazione.
15 Cio' crea, come e' stato da piu' parti notato, un'oggettiva disparita' di trattamento rispetto ai prodotti finanziari di emittenti non bancari difficilmente giustificabile nell'ambito della disciplina sulla sollecitazione all'investimento. Tale disparita', infatti, sebbene unanimemente riconosciuta, e' vivamente criticata dalla Consob, (v., ad es., l'audizione del Presidente della Consob in occasione dell'incontro annuale con il mercato finanziario, Milano, 7 aprile 1998) e dalla dottrina (v., ex multis, PEDERZINI, sub art. 100, in Testo unico della finanza - Commentario, a cura di Campobasso, Torino, 2002, pagg. 840 e ss.; ANNUNZIATA, sub art. 100, in La disciplina delle societa' quotate nel Testo unico della finanza D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 - Commentario, a cura di Marchetti - Bianchi, Milano, 1999, pagg. 150 e ss.; COMPORTI, La sollecitazione all'investimento, in Intermediari finanziari, mercati e societa' quotate, a cura di Patroni Griffi - Sandulli - Santoro, Torino, 1999, pagg. 564 e 565; D'AGOSTINO - MINENNA, Il mercato primario delle obbligazioni bancarie strutturate, in Quaderni di Finanza - Consob, n. 39, 2000, pagg. 26 e ss.).
 
 
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