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La previdenza complementare ed i fondi pensione aperti
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Articolo di Paolo Venturini *
12 ottobre 2004 0:00
 
La previdenza complementare ed i fondi pensione aperti I Fondi Pensione (chiusi o aperti) vengono istituiti con il D. Lgs. n. 124 del 21.04.1993 ed hanno essenzialmente lo scopo di fornire una pensione aggiuntiva a quella che verra' erogata dalla previdenza pubblica in futuro.
Il Decreto sopra citato e' stato il primo passo di un lungo cammino, che ha visto intervenire numerose integrazioni e modifiche legislative, e, a tutt'oggi, non ancora completato. E' infatti di recente emanazione l'ultimo intervento del Legislatore in questa materia, con la Legge n. 243 del 23.08.2004, che, imponendo al Governo 12 mesi di tempo per l'emanazione dei decreti attuativi principalmente in materia di fiscalita' della previdenza complementare ed ampliamento delle tutele sugli investimenti dai lavoratori alla questione destinati, dovra' dirimere tutti quelli che sono i nodi principali.

Ma sono ugualmente numerosi i punti fermi che ci interessa esaminare, soprattutto perche' i diretti interessati devono cominciarne a mettere, se non vogliono a breve non avere gli strumenti e le conoscenze indispensabili per una scelta che deve essere soggettiva ma anche consapevole. Abbiamo usato il termine a breve, poiche' l'intenzione manifestata dal Governo e' quella di stringere i tempi per emanare i decreti citati (si parla di max. entro i primi mesi del 2005), per cui, considerando che la scelta di destinazione del Tfr da parte del lavoratore dovra' essere fatta entro i 6 mesi successivi, prevediamo che non andremo oltre l'estate prossima. E' importante ricordare che la regola sara' quella del "silenzio/assenso", con obbligo di esplicitare per iscritto la eventuale scelta di mantenere la liquidazione "maturanda" in azienda: in caso contrario il Tfr andra' a confluire sulle forme pensionistiche complementari (tutto per i neo assunti ed in molti casi per quelli assunti dopo una certa data, in percentuale minore per gli altri), nell'ordine stabilito in base all'esistenza o meno , sul fondo chiuso di categoria, o sul fondo chiuso promosso dalla Regione, o, in ultima istanza, sul fondo costituito all'uopo dagli enti di previdenza obbligatoria, a partire dall'Inps. Con la possibilita' del lavoratore di scegliere volontariamente una qualsiasi delle altre forme di previdenza integrativa, e cioe', una fondo pensione aperto od un FIP/PIP (piano individuale pensionistico), realizzato con un' assicurazione vita.

Tale premessa fa gia' capire quanto complicata sia per un normale lavoratore la giusta comprensione delle problematiche che dovranno indirizzare la sua consapevole scelta.
Da parte nostra, dobbiamo ribadire che quanto verra' stabilito con i decreti attuativi gia' menzionati, potra' notevolmente spostare la soluzione del problema trattato (basti pensare ad un possibile azzeramento delle imposizioni collegate alla materia), ma che comunque possiamo gia' individuare alcuni importanti aspetti, come ad esempio, le differenti caratteristiche dei prodotti di previdenza integrativa. Soprattutto perche' tra di loro e' stata fissata come gia' detto una sorta di "par condicio", che consente all'interessato di poter sceglierne uno qualsiasi a piacimento.
E cominceremo col trattare nella maniera piu' comprensibile possibile dei Fondi Pensione Aperti (FPA), vale a dire di quei fondi pensione che vengono istituiti da Banche, Assicurazioni e SGR, "aperti" a tutti, e che, a parte la categoria dei c.d. fondi preesistenti (ossia quelli vigenti prima della riforma Dini del 1990), negli ultimi anni hanno registrato la maggiore raccolta ed hanno i tassi di sviluppo della stessa maggiori.
Attualmente i FPA iscritti nell'apposito Albo tenuto presso la COVIP (Commissione di Vigilanza per i Fondi Pensione) sono 94 (rispetto ai 40 chiusi di categoria).
In primo luogo desideriamo ricordare che la categoria dei FPA rientra a pieno titolo tra i prodotti finanziari disciplinati dal Testo Unico della Finanza, e, per questo motivo, devono seguirne le indicazioni e le disposizioni, come, ad esempio, quelle previste per la sollecitazione del pubblico risparmio. Percio' le societa' promotrici di un FPA devono senza dubbio provvedere a trasmettere alla Consob un Prospetto Informativo che, in base a quanto prevede la legge, dovra' contenere tutte le informazioni necessarie affinche' gli investitori possano pervenire ad un fondato giudizio.
< Desideriamo sottolineare questo aspetto, che ci pare importante, in quanto il lavoratore che dovra' valutare la congruita' di una certa scelta, dovra' partire assolutamente ed inderogabilmente da una attenta analisi di quanto riportato nel Prospetto, non dimenticando che, il dovere di trasmetterlo alla Consob e di conseguente pubblicazione, nulla comporta come giudizio da parte dell'autorita' di vigilanza, ne' sulla opportunita' di investimento ne' sul merito dei dati e delle notizie riportate, per cui l'unico giudizio che conta e che dovra' indirizzare la scelta sara' quello del lavoratore/investitore.

Fatta questa importante premessa, partiamo con l'analizzare su cosa investono i FPA. Gli ultimi dati ufficiali disponibili riguardano le Tavole presentate all'ultima audizione del Presidente della COVIP presso le Commissioni Parlamentari riunite avvenuta in data 29.01.04. Da esse possiamo far notare una immediata considerazione: i FPA investono molto di piu' rispetto a quelli di categoria (o chiusi) in OICR (fondi comuni), e per l'esattezza circa il 35% contro meno dell'1%. Altra marcata differenza investe la percentuale di utilizzo di Titoli di Stato: oltre il 60% per i fondi chiusi contro meno del 30% per i FPA. Anche il rapporto generale tra titoli di debito (obbligazioni) e titoli di capitale (azioni), e' molto diverso, con i fondi chiusi di categoria che hanno ? di investito sui bond ed i FPA in cui la distribuzione e' equamente ripartita 50% e 50%. Quest'ultimo dato si riflette poi nella distribuzione per tipologia di comparto all'interno dei fondi comuni su cui investono i FPA, che risulta essere di circa 1/3 per ogni comparto (azionario, bilanciato ed obbligazionario).
E' quindi evidente che la maggior presenza nei FPA di prodotti del risparmio gestito si traduca inevitabilmente in una maggiore incidenza dei costi per il sottoscrittore, la qual cosa ci pare scontata visto che solo i fondi chiusi di categoria sono associazioni senza fini di lucro. Sappiamo bene che Banche e Compagnie di Assicurazione non lo sono.
Un primo punto fermo, quindi, di carattere oggettivo e da fornire al lavoratore che dovra' scegliere dove destinare il proprio Tfr futuro ci pare evidente: il capitale a scadenza ottenibile per la stessa tipologia di investimento, soprattutto nel caso di non breve durata che trattiamo, puo' essere molto diverso in funzione dei costi che verranno affrontati. Quindi valutare molto bene questo aspetto sara' indispensabile, come conoscerne tutti i risvolti.
Ecco perche' e' bene sapere di preciso quali oneri di preciso sono normalmente a carico di un FPA.

In primis troviamo la commissione di sottoscrizione, che e' prevista in varia misura su 229 delle complessive 287 linee di investimento presenti sull'intero panorama dei FPA italiani (e' evidente che tale numero deriva dal fatto che ogni FPA ha quasi sempre diverse linee di investimento): sono quindi circa l'80% del totale. Per fortuna tale commissione e' spesso in quota fissa, oscillante tra un minimo di 5 ad un max di 77,47 Euro. Ma ci sono anche i soliti noti: esattamente 8 linee applicano (fonte Il Sole 24 Ore, che non li nomina) commissioni di sottoscrizione in percentuali oscillanti tra lo 0,5% ed il 3%. Prevedere gia' una commissione di sottoscrizione per un prodotto di tutela previdenziale ci pare non "simpatico": richiedere fino al 3% ci pare una assurdita'!
Puo' essere presente anche una commissione chiamata "per la posizione individuale", che e' semplicemente un ulteriore caricamento annuale, ed anche in questo caso le variabili non sono irrilevanti: passiamo da una misura fissa che varia da 1,25 a 31 Euro, ad una percentuale (applicata su 27 linee di investimento) variabile tra lo 0,5% ed il 4%(!).
Ma sicuramente il caricamento maggiormente rilevante e' la ben nota commissione di gestione annua prelevata in capo al fondo. La categoria obligazionario/monetaria presenta variabili tra lo 0,55% ed il 2%(!), quella mista/bilanciata tra lo 0 ed il 2,60%(!) e quella azionaria tra lo 0,8% ed il 2,10%.
Si puo' quindi ben capire che le differenze all'interno dei FPA sono notevoli, e ancor di piu' se pensiamo che in alcuni casi sono presenti ulteriori oneri, come le commissioni di anticipo e riscatto e quelle di conversione o trasferimento, ricordando sempre che all'interno dei fondi pensione, la percentuale di risparmio gestito che troveremo andra', come gia' sottolineato, ad aumentare i costi.
Per onor del vero dobbiamo anche sottolineare che esistono 18 delle 287 linee di investimento che non presentano null'altro che la commissione di gestione, e che essa, a nostro avviso non a caso, e' percentualmente sempre tra le piu' basse dell'intero panorama (dati Consultique).

Dopo aver parlato del fondamentale aspetto dei costi, passiamo a trattare di tutti gli altri aspetti che puo' essere molto importante conoscere.
La previdenza integrativa in generale,e quindi, anche i FPA, investono sicuramente un aspetto molto delicato del lavoratore coinvolto: esso, infatti, vi fara' ricorso non come un normale investitore, ma soprattutto al fine di costruirsi una tranquilla vecchiaia dal punto di vista economico, altrimenti messa in discussione dai fattori che hanno reso nel tempo indispensabile il ricorso, per l'appunto, alla previdenza complementare. Ecco perche' nel nostro caso si dovrebbe parlare solo di tutela e garanzie, prima di pensare ad un qualsiasi investimento.
Ma anche se il Legislatore stesso si e' reso conto di questa esigenza, espressamente parlando nell'ultima disposizione in materia (la gia' citata Legge n. 243 del 23.08.2004), della necessita' di garantire rendimenti di previdenza integrativa comparabili al tasso di rivalutazione del Tfr (1,5%+ 75% dell'inflazione). A tutt'oggi cio' non e' avvenuto, con particolare riguardo proprio ai FPA.
Si pensi che solo 38 linee di investimento dei FPA prevedono un rendimento minimo garantito che varia tra l'1,5% ed il 3%: tutti gli altri non garantiscono nulla, in quanto entriamo in pieno nel mondo delle previsioni, che in quanto tale non possono dare alcuna certezza.
In parole povere, se qualcuno ad esempio vi dira' che comunque, nel lungo periodo, l'investimento azionario rendera' di piu' di quello obbligazionario, i casi saranno solo due: o chi vi parla e' stolto, o e' solo in malafede e probabilmente vuole vendervi qualcosa, magari di piu' costoso.
Il grosso problema e' invece decisamente un altro: quale sara' il lavoratore che accettera' di buon grado di sapere che l'investimento previdenziale a tutela futura, ha perso dei soldi?
Ma vi e' ancora di piu': il tasso di rivalutazione del Tfr garantito per legge, fino a che il tasso di inflazione rimane minore od uguale al 6% riesce a garantire anche la salvaguardia del potere di acquisto, cosa che non puo' di certo garantirmi neanche un FPA con minimo rendimento garantito che mi assicura solo, e per lungo tempo, ad esempio lo 0,5%. Sicuramente in quest'ultimo caso non avro' perso il capitale investito, ma il suo potere di acquisto sara' ugualmente e fortemente ridimensionato.

A nostro parere i FPA (e tutti i prodotti di previdenza integrativa), dovrebbero andare nella direzione di garantire la restituzione di un capitale rivalutato con un minimo di rendimento reale (al netto dell'inflazione). Cosa che ad esempio fanno dei semplici BTP indicizzati all'inflazione.

Un altro importante aspetto che riguarda la destinazione del proprio Tfr "maturando" su di un FPA, e' la differenziazione esistente tra questo genere di prodotto (che nel caso ha lo stesso trattamento di un FIP/PIP), e la categoria dei fondi chiusi: solo questi ultimi, infatti, godono del versamento del contributo aggiuntivo dell'azienda, che, di norma, va a duplicare il versamento del contributo aggiuntivo rispetto alla quota del Tfr a carico del lavoratore. Questo contributo da parte dell'azienda, per fare un esempio concreto, per una retribuzione lorda annua di 20.000,00 Euro e con una percentuale media di contribuzione dell'1,5%, e' di 300,00 Euro annue. Senza prendere in considerazione gli eventuali rendimenti composti, ma facendo il semplice calcolo della serva, un neo assunto che dovesse lavorare per 40 anni (e questa ipotesi non sara' cosi' remota), otterrebbe 12.000,00 in piu', versati dall'azienda sulla propria posizione individuale. E' bene valutare con cura questo aspetto. Con un FPA questa somma andrebbe persa.
Altra questione molto rilevante, e che investe tutte le forme di previdenza integrativa e non solo i FPA, sono le differenti modalita' e tempistiche di erogazione che tali strumenti hanno rispetto a quello che chiameremo "il Tfr tradizionale", cioe' quello che rimane in azienda.
Con il Tfr tradizionale (o liquidazione), la normale disponibilita' e' quella in forma capitale (unica soluzione) al pensionamento, ma tale evenienza si presenta anche quando, per un qualsiasi motivo, si debba cambiare lavoro. Con la previdenza complementare tutta, cio' non avviene: la liquidazione e' praticamente congelata fino alla pensione (salvo anticipazioni per casi specifici), raggiunta la quale solo il 50% max. puo' essere ritirato in forma di capitale. Il resto formera' il "serbatoio" di una rendita vitalizia. Questo aspetto puo' incidere molto sulla parte "soggettiva" della scelta.

Ultima considerazione, ma non in ordine di importanza, ci sovviene pensando al fatto che, all'interno del panorama della previdenza complementare, le uniche realta' che, come gia' detto, non hanno scopo di lucro, sono i fondi di categoria: per cui tutto il resto (FPA e FIP/PIP), sono prodotti di societa' che dovendo guadagnare dei soldi da qualche parte dovranno pur prenderli. e naturalmente li prenderanno dai soldi accantonai per la pensione dei sottoscrittori. Ma sappiamo gia' la risposta degli interessati: quello che si paga in piu' e' giustificato dalla maggiore professionalita' che troviamo nella distribuzione e gestione di questi prodotti.
La nostra controrisposta a questa affermazione non puo' essere che una sola: magari fosse cosi'!

L'unica cosa certa che ci sentiamo di rimarcare sul complesso problema della previdenza complementare e' che la "partita" e' di grandissimo rilievo (visto che solo gli accantonamenti annui del Tfr ammontano al oltre 12 miliardi di Euro), e che, al tempo stesso, circa l'86% della popolazione attiva interessata al problema (secondo una ricerca della Customized Research & Analysis), non conosce per nulla o molto poco della questione che riguarda molto da vicino il suo futuro. Ed in questi casi i "furbi" sono sempre dietro l'angolo.
Un consiglio per gli interessati e' quindi doveroso: informarsi sempre con cura e cercare di capire bene di cosa stiamo parlando. Sappiamo che per molti il problema del presente con il budget familiare che non basta ad arrivare a fine mese gia' impegna a sufficienza, ma uno sforzo nella direzione suggerita, potrebbe aiutare a non dover peggiorare in un futuro quello che gia' ci troviamo di fronte.

* Studio Delta, Consulenza Finanziaria Indipendente
 
 
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