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Il ruolo delle singole azioni nei progetti d’investimento
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Articolo di Alessandro Pedone
28 febbraio 2023 14:47
 
La persona che mi introdusse nel mondo della finanza (parliamo ormai di più di trent'anni fa) era un financial planner americano che aveva passato la sessantina ed era in finanza da una vita. Erano i primi anni ‘90 del secolo scorso ed il mondo dei financial advisor negli USA stava completando la transizione - iniziata negli anni ‘70 -  da un’attività di vendita ad una vera e propria attività professionale (1). 
Per tutti gli anni ‘70 (ed in parte anche gli anni ‘80) - cioè gli anni della formazione di questo financial planner - l’attività dei consulenti finanziari (allora chiamati brokers) in USA consisteva nel piazzare singole azioni. Per la massa ignorante, il “consulente bravo” era quello che ti consigliava il “titolo giusto” e lo faceva vendere “al momento giusto”. Lui aveva maturato una fortissima esperienza con i singoli titoli azionari ed i suoi portafogli erano solo in singoli titoli. Non sua fondi (né a gestione attiva, né indicizzata) anche se era un forte sostenitore della diversificazione e della pianificazione finanziaria. 

Oggi è abbastanza difficile che un financial planner consigli d’investire in singoli titoli azionari e ci sono ottime ragioni perché sia così. 
Perché investire in singole azioni quando si può investire nel complesso delle azioni? Investire in  singole azioni porta con sé un rischio che in finanza viene detto “specifico”, ovvero il rischio legato alla specifica azienda. Errori del management la possono portare in cattive acque, possono accadere frodi (chi si ricorda il caso di Enron o di Parmalat?), rivoluzioni tecnologiche che rendono il prodotto chiave dell’azienda obsoleto (Kodak, Nokia, ecc.). In sintesi, le singole aziende possono fallire. 

Investendo nel complesso delle azioni, attraverso fondi d’investimento ed in particolare attraverso fondi a gestione indicizzata, ci assumiamo solo il rischio che in finanza viene definito “sistematico”, ovvero quello legato all’andamento del mercato nel suo complesso. 
Un paniere di azioni non può mai fallire, potrà attraversare un periodo - anche di anni - negativo, ma non avremo mai perso tutti i soldi. 
Ci può essere, quindi, un ruolo per le singole azioni all’interno di un progetto d’investimento ben strutturato?
Negli oltre vent’anni di professione come consulente finanziario indipendente mi sono fatto un’idea molto precisa del ruolo delle singole azioni nei progetti d’investimento che realizzo per i miei clienti e cercherò di spiegarla in questo articolo. 
Come ho scritto spesso, la grande maggioranza degli investitori non dovrebbe investire in singoli titoli perché non ha la necessaria esperienza per vivere le forti oscillazioni ed ancora meno le competenze per sceglierle e  - soprattutto -  decidere quando venderle. Una piccolissima fetta di investitori molto esperti, oppure una fetta leggermente più ampia affiancata da professionisti esperti, può usare le singole azioni per i due scopi che illustro di seguito.

Aspetto tecnico/fiscale
Affrontiamo subito la questione più semplice. Un ruolo secondario delle singole azioni in un progetto d’investimento è quello di migliorare l’impatto della tassazione, ovvero facilitare il recupero delle minusvalenze.
Purtroppo, nel nostro Paese, abbiamo una tassazione assurda delle rendite finanziarie che divide i guadagni in due categorie che non si compensano vicendevolmente (redditi diversi e redditi da capitale). In modo del tutto illogico, incomprensibile ed assurdo, la variazione dei prezzi dei fondi d’investimento (compresi gli ETF) sono considerati redditi da capitale quando sono in guadagno e redditi diversi quando sono in perdita; un ETF quindi (o un fondo) in perdita non può essere compensato con uno in guadagno. 
Il modo più sensato di compensare le eventuali perdite ottenute da altri investimenti è quello di usare un paniere di singole azioni. Ci sono anche altre diavolerie finanziarie come i certificati che alcuni utilizzano a questo scopo ed è legittimo, ma sono più scommesse che investimenti. Detto questo, per arrivare al ruolo centrale delle singole azioni dobbiamo fare una digressione sul concetto dei portafogli così detti “pigri” (lazy portfolios). 

I portafogli “pigri”
La finanza non è solo tecnica. Gli investitori non sono computer, sono esseri umani le cui scelte sono guidate in parte significativa (per alcuni prevalente) dalle emozioni.  
E’ probabile che un portafoglio “pigro” composto solo da 2 ETF, un azionario mondiale ed un obbligazionario mondiale, magari ribilanciato una volta all’anno, visto tra 20 anni, abbia avuto un rapporto rischio/rendimento migliore della grande maggioranza dei portafogli frazionati in diverse asset class e singoli strumenti, comprese le singole azioni applicando diverse strategie d’investimento. 
Certamente, se consideriamo le risorse impiegate per fare questi movimenti, non solo in termini di costi diretti ma soprattutto in termini di tempo (proprio o del consulente) impiegato per decidere, eseguire e monitorare quelle scelte, è quasi certo che il portafoglio “pigro”, negli anni, sarà stato preferibile almeno rispetto all’80% di qualsiasi portafoglio più movimentato e frazionato in tante asset class e singoli titoli. 
Ma se è così, perché mai costruiamo strategie d’investimento e portafogli con diverse asset class ed in alcuni casi anche con singoli titoli? E solo per ignoranza e stupidità degli investitori?
Certamente in parte è per l’ignoranza degli investitori fomentata e sfruttata sia dall’industria del risparmio gestito che dai media finanziari, ma non è solo per questo. Ci sono due aspetti importanti da considerare. 

Il primo. Il portafoglio finanziario può anche restare lo stesso per decine di anni, ma è certo che l’investitore non resterà lo stesso per decine di anni. Le sue caratteristiche patrimoniali, di vita, di propensione all’investimento volatile, si modificano in continuazione. Confrontare un portafoglio “pigro” su un orizzonte temporale di decine di anni è un utile esercizio teorico che ci deve mettere in guardia contro le eccessive ed ingiustificate variazioni dei portafogli, ma non ci dice assolutamente niente rispetto a quello che è concretamente appropriato per un investitore reale, in carne ed ossa. 
La seconda questione è la più rilevante di tutte: l’aspetto psicologico

Chiunque studia questi temi seriamente sa bene che la scelta più impattante nei rendimenti di lungo termine dei portafogli finanziari è la quantità di componente volatile che si inserisce in portafoglio (presupponendo, ovviamente di mantenerla per tutto il tempo necessario affinché sviluppi il suo potenziale, il che può essere anche molti di anni). 

Nel caso del portafoglio “pigro” che ipoteticamente resta lo stesso per venti anni, come scegliamo la componente volatile? 

Un investitore che è posto davanti alla scelta di inserire una certa componente azionaria in un portafoglio che dovrà rimanere lo stesso per venti anni tenderà, naturalmente, a sottopesare drasticamente la componente azionaria rispetto alla sua capacità teorica di sostenere le oscillazioni e soprattutto rispetto alla capacità futura che potrà maturare attraverso l’esperienza. 
Farà esattamente il contrario di quello che in teoria dovrebbe fare, considerato il lungo orizzonte temporale. Ma non lo farà perché è ignorante o sciocco. Lo farà perché il modo naturale e corretto con il quale gli esseri umani si relazionano con l’incertezza è l’euristica della adattabilità
Gli essere umani si sentono più sicuri se sanno che possono adattare le loro scelte in base al nuovo contesto e per questo sono disponibili a “rischiare” di più se sanno che possono modificare le scelte in base al contesto.  

Il ruolo psicologico dei singoli titoli azionari
Mi sono domandato molte volte in questi venti anni quale sia il principale valore aggiunto che posso offrire ai miei clienti. 
Certamente ci sono tanti aspetti, alcuni più tecnici ed alcuni più relazionali  che sono molto utili nel rapporto con un consulente finanziario indipendente. 
Ciò che però incide drasticamente nella ricchezza che il cliente può generare, negli anni, attraverso i mercati finanziari, è migliorare la sua capacità nel “tollerare” prima, “accettare” successivamente ed infine sfruttare le naturali oscillazioni negative di mercati finanziari. 
Non c’è niente che riesca a far fare in modo più efficace questo percorso che dosi omeopatiche di singoli titoli azionari, naturalmente scelti in modo oculato e secondo una precisa filosofia d’investimento
Quando un investitore che ha centinaia di migliaia di euro in investimenti ampiamente diversificati investe poche migliaia di euro in titoli che oscillano sensibilmente, magari raddoppiando o dimezzando, guarderà inevitabilmente all’investimento in panieri di azioni con occhi diversi. 
L’esperienza emozionale correttiva che può generare l’utilizzo guidato dei singoli titoli, può trasformare per sempre la percezione del pericolo derivante dall’oscillazione dei panieri di titoli azionari. 
E’ chiaro ed evidente che in questo percorso il modo con il quale si realizza l’esperienza è determinante. 
L’investimento deve essere pienamente sensato in sé stesso e deve essere - al termine del percorso - più soddisfacente rispetto all’investimento nel paniere di titoli azionari. E’ chiaro che serve molto più tempo, ma il vantaggio finale non consiste semplicemente nell’aver guadagnato qualche migliaia di euro, bensì nell’aver trasformato il rapporto con le oscillazioni negative. 
Nella fase in cui i mercati azionari, nel loro complesso, perdono un 30 o 40 per cento, un investitore che ha correttamente vissuto tutta l’esperienza guarderà a quella fase come una grande opportunità e vorrà aumentare la componente azionaria. Questo non solo e non tanto perché lo suggerisce il consulente, ma perché ha fatto un’esperienza emozionale correttiva che ha cambiato il suo rapporto con le oscillazioni dei mercati e gli ha fatto comprendere, non solo a livello mentale, ma anche a livello emotivo, che le oscillazioni negative non sono necessariamente un male, ma sono un vantaggio perché sono esattamente ciò che consente di realizzare i profitti. Senza le oscillazioni non esisterebbero guadagni. 
In sintesi il ruolo più importante delle singole azioni in un progetto d’investimento ben strutturato è quello di far fare all’investitore l’esperienza emozionale correttiva di trarre un forte vantaggio da una grande oscillazione negativa. 


(1) Per chi volesse approfondire la storia della nascita negli Stati Uniti d’America della professione di Financial Planner, a cavallo fra gli anni ’60 e ’70, consiglio la lettura di: “The History of Financial Planning – The transformation of Financial Services” – di E. Denby Bandon Jr. e H. Oliver Welch, Jowh Wiley & Son, Inc.
 
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