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Bond Astaldi: il conflitto di interessi esclude Salini Impregilo e le banche dal voto
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Articolo di Anna D'Antuono
10 febbraio 2020 11:38
 
 Abbiamo da poco evidenziato la particolare situazione in cui versano, nel concordato Astaldi, le banche creditrici e Salini Impregilo: giocano infatti su ambo i fronti, palesando un conflitto di interessi.
Sulla questione è intervenuta una recente sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione (SS.UU n° 17186 del 28-06-2018) ove i Giudici hanno statuito che “il creditore che versi in tale situazione rispetto alla massa dei creditori deve essere escluso dalle operazioni di voto e dal calcolo delle relative maggioranze”.
La motivazione che ha condotto la Corte ad affermare tale principio è che il concordato non è altro che un contratto (accordo) fra il debitore ed i creditori - sotto la supervisione dell’Organo giudiziario- finalizzato ad evitare la dichiarazione di fallimento e diretto a bilanciare gli interessi del debitore (e del suo eventuale assuntore) con quello dei creditori, i quali devono esprimere parere favorevole alla procedura concordataria; tanto che la proposta viene approvata solo se riceve il voto di assenso dei “creditori che rappresentino la maggioranza dei crediti ammessi al voto“.
Come tutti gli accordi ed i contratti anche il concordato presuppone come indefettibile l’esistenza di diversità (alterità) fra chi formula la proposta di concordato (debitore ed eventuale assuntore da una parte) ed i creditori che tale proposta sono chiamati ad approvare.
E’ evidente, ad avviso dei Giudici, che uno stesso soggetto non possa cumulare in sé il ruolo di entrambe le parti (proponente e creditore): il debitore proponente è interessato a concludere l’accordo con il minor esborso possibile ed i creditori concorsuali, all’opposto, sono interessati a massimizzare la soddisfazione dei loro crediti. “Il proponente il concordato” si legge nella sentenza “pertanto non ha diritto di voto poiché necessariamente deve esserci alterità fra proponente e votante”.
Tale conclusione è altresì corroborata alla necessità di dover contemperare il principio maggioritario, che governa la votazione nel concordato, con un’adeguata tutela del principio di autonomia privata, che presiede e protegge la minoranza dissenziente.
“Sussiste conflitto di interesse fra i creditori nei concordati tutte le volte in cui in occasione del voto un creditore si trovi ad essere portatore di due diversi interessi: quello tendenzialmente comune a tutti i creditori e diretto alla migliore regolazione del dissesto, l’altro personale e non condiviso con gli altri creditori, incompatibile col primo”.
Nel concordato, come in tutte le decisioni collegiali, vige il principio maggioritario, che, di fatto, consente di pregiudicare l’interesse dei creditori dissenzienti in funzione di una valutazione di convenienza economica espressa dalla maggioranza. Ma la maggioranza può imporre un sacrificio alla minoranza dissenziente solo se una tale decisione sia giustificata dalla necessità di realizzare “l’interesse comune a tutti i partecipanti”.
Proprio tale finalità viene messa in crisi tutte le volte in cui il voto della maggioranza risulti inquinato dalla presenza di soggetti che sono portatori di interessi in conflitto.
L’esistenza, infatti, di un interesse proprio soltanto di alcuni partecipanti alla votazione viene a spezzare la “comunione di interessi”, poiché la decisione collettiva viene in questo modo piegata al raggiungimento non già dell’interesse comune, quanto di un interesse particolare, esclusivo ed egoistico del singolo partecipante, non condiviso e non comune con gli altri.

Il voto del creditore concordatario che sia portatore di un interesse particolare deve di conseguenza essere “sterilizzato” e dunque il conflitto “neutralizzato”.
In forza di tale assunto la Corte sancisce in maniera perentoria che l’esclusione tout court dal voto del creditore che sia portatore di un interesse confliggente con quello della massa costituisca l’unica soluzione idonea a garantire la salvaguardia dell’interesse collettivo dei creditori, atteso che i diritti di costoro subiscono una compressione per effetto del principio maggioritario che impone- per la sua legittimazione- di immunizzare tutte quelle situazioni di abuso e conflitto.

L’ovvia conseguenza nel concordato Astaldi è quella di dover necessariamente escludere dal calcolo delle maggioranze questa rilevante massa creditoria, pari ad oltre 600 milioni di euro, con il conseguente risultato di non raggiungere le maggioranze richieste dalla legge per l’approvazione del concordato.

Cosa succederà adesso? Niente, secondo noi. Il concordato Astaldi è stato ‘concordato’ in ogni minimo dettaglio, e nemmeno tale palese violazione della par condicio tra i creditori fermerà i soggetti che l’hanno studiata e confezionata. Il 26 marzo voteranno tutti, e voteranno a favore del piano. La votazione sarà di sicuro impugnata per questo ulteriore motivo, assieme agli altri già noti e descritti.
 
 
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