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Dall'Azimut al Nadir
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Articolo di Paolo Sassetti *
8 luglio 2004 0:00
 
Per attitudini personali ho una capacita' di identificare le situazioni azionarie desti-nate al ribasso meglio di quelle destinate al rialzo. e' una questione attitudinale, ripe-to, non capacita' di lanciare deliberatamente il "malocchio" su singoli titoli. Giuro che non sono uno iettatore finanziario di professione. In tempi ancora non sospetti a-vevo lanciato dei chiari avvertimenti sulle sorti infauste di Vitaminic, E-Planet, Gan-dalf. Successivamente su TC Sistema. Non su tante altre societa' candidate al tracollo solo perche' il tempo a mia disposizione e' limitato mentre i lazzaretti borsistici sono sterminati. Com'e' finita nei casi sopra citati e' ben noto. A nessuno puo' sfuggire che queste societa' coltivavano il loro male oscuro al loro interno ed il mio giudizio non puo' di certo aver condizionato i loro "fondamentali."
La mia recente attenzione d'analista (anzi, di "sedicente" analista, come sono stato definito in una nota interna di Azimut non firmata - di cui pertanto ignoro l'autore - circolata in occasione del collocamento) si e' rivolta all'Ipo di Azimut. Per non annoiare con le mie osservazioni da "sedicente" analista, rinvio il lettore even-tualmente interessato ad approfondirle direttamente ad esse a questo link:
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Dopo l'infelice esordio di mercoledi' 7 Luglio del titolo in Borsa vale pero' la pena di fare alcune "cosiddette" riflessioni aggiuntive da "sedicente" analista finanziario su questo collocamento.
I difetti dell'operazione Azimut a mio avviso vengono da lontano.
Il primo difetto risiede nella vulnerabilita' dei conti aziendali e nella loro dipenden-za dalle commissioni di performance. Ha perfettamente ragione l'ing. Giuliani, am-ministratore delegato della Societa', a ricordare che l'80% dei fondi comuni italiani applica commissioni di performance che dovranno essere modificate (presumibilmen-te, salvo improbabili "ripensamenti" della Banca d'Italia: su questo tema si veda la lettera che alcuni giorni or sono ho inviato al Governatore, dott. Antonio Fazio:
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Ma questo ragionamento non vale a giustificare il detto "mal comune mezzo gaudio" per due ragioni: (1) di fatto, fra le grandi, solo Azimut ha adottato in Ita-lia un sistema che ha abolito totalmente il benchmark ai fini del calcolo delle perfor-mance fee, sfruttando al massimo ad arte il vuoto normativo nella materia, cosicche' un meccanismo che in passato ha consentito di mietere ampi profitti si e' trasformato in punto di particolare debolezza per la Societa' alla luce delle modifiche pre-annunciate dalla Banca d'Italia; (2) il meccanismo commissionale applicato da Azimut oggi non consente una chiara comparazione dei costi con i fondi di case di-verse e la futura maggiore comparabilita' potrebbe non rendere tanto semplice l'aumento delle commissioni di gestione, tenendo conto che Azimut gia' si posiziona nella loro fascia medio-alta; per talune categorie di fondi (monetari/obbligazionari) le commissioni sono gia' oggi molto alte e non consentiranno di certo alcun aumento. In altri termini, la maggior trasparenza che sara' indotta dai nuovi regolamenti Bankita-lia introdurra' elementi di maggiore concorrenza che non agevolera' l'automatico ribaltamento delle commissioni di performance perse sulle commissioni di gestione. Pertanto, se e' vero che molte altre Sgr saranno colpite dalla riforma annunciata (ma non tutte, ad esempio non Fideuram, non Arca, ecc.) e' anche vero che Azimut sara' colpita piu' di tutte. Semplicemente per aver sfruttato il vuoto normativo piu' spregiudicatamente di altre societa'. Punto.
Il secondo difetto dell'operazione e' connesso al LBO sulla societa'. Non e' una mia tesi recente. Gia' in Guida pratica al venture capital, FrancoAngeli, 2000, ho criticato apertamente gli eccessi dei LBO, eccessi in cui e' incorso anche il leveraged buy out di Azimut. Con una leva finanziaria originaria di 6,6 volte, il pa-trimonio eroso dagli oneri finanziari e dall'ammortamento del goodwill, la societa' doveva, trimestre prima o trimestre dopo, ricapitalizzarsi per forza, specie se voleva ambire alla licenza bancaria. Ora, quando una societa' deve ricapitalizzarsi e l'azionista di riferimento e' ovviamente sensibile all'IRR e conseguentemente poco propenso a immettere altri soldi in azienda, la soluzione della borsa appare l'unica ed obbligata anche quando il timing non appare propriamente quello piu' propizio. Puo' avvenire, pertanto, che una quotazione possa essere obbligata e, diciamo, "forzata" ri-spetto ai suoi naturali tempi di maturazione grazie alla capacita' di marketing dello sponsor e del consorzio di collocamento ed al rullo di tamburi della stampa.
Una volta chiuso il collocamento Azimut, la stampa nazionale ha messo in rilievo con enfasi che esso era stato sottoscritto per piu' del suo ammontare, sia pur al mini-mo della forchetta. In realta' il risultato conseguito non era segno di grande forza. Come puo' avvenire, infatti, che un collocamento di azioni sia piu' che interamente sottoscritto (lasciando, quindi, parte della domanda insoddisfatta) ed il primo giorno di quotazione i titoli vengano venduti ben sotto il prezzo di collocamento? Chi ha interesse a vendere in perdita? Sin dalle prime ore del primo giorno di quotazio-ne? Ecco come ha commentato questa situazione un osservatore (di cui salva-guardero' l'anonimato) bene addentro alle cose finanziarie:

Spesso ci sono rapporti "di cortesia" tra alcuni broker e alcuni investitori istituzionali ... chiamiamole relazioni "amichevoli", legami "politici" o cose simili ... quindi il fondo a volte sottoscrive per evitare di mandare a monte il collocamento, ma appena percepisce che l'operazione non avra' successo, si prepara a scaricare tutti i titoli che ha portafoglio il primo giorno di quotazione, senza guardare troppo al prezzo ... specie se il peso del titoli sottoscritti sul fondo e' comunque molto ridotto e non influenza in misura significativa la performance ... ho discusso di queste logiche perverse con alcuni gestori, ma questi mi hanno fatto capire che spesso sono costretti a fare cosi', per ordini ricevuti "dall'alto"...

La risposta agli interrogativi sopra posti, quindi, e' la seguente: in un collocamento azionario la domanda di titoli puo' essere eccedente l'offerta e tuttavia il titolo capito-lare gia' il primo giorno se la richiesta di titoli era piu' indotta da (come dire?) "pressing medianico" che da intimo convincimento dei sottoscrittori. Altrimenti que-sto sarebbe un risultato paradossale: o tempora o mores, con questi "sedicen-ti" analisti finanziari in circolazione anche le leggi della microeconomia non sono piu' quelle di una volta .la domanda supera l'offerta ed i prezzi delle azioni scendo-no! Ma non e' tanto il calo di prezzo registrato il primo giorno di quotazione che la-scia perplessi quanto i volumi scambiati: quasi 22 milioni di azioni sono state venduti in perdita gia' il primo giorno di quotazione, un vero fenomeno di isteria colletti-va!
Certo, bisognerebbe conoscerli di persona quei soggetti che si comportano in questo modo sulla pelle dei loro clienti. I loro clienti avrebbero valide ragioni per chiedere: "Ma, allora, perche' le avete comprate? Come avete potuto cambiare opi-nione cosi' rapidamente? Siete dei veri fulmini!".
Colgo qui l'occasione per porre un piu' generale e scomodo interrogativo: questo puo' forse considerarsi un comportamento "diligente" nel significato che il Codice Civile, e tanto più il Testo Unico della Finanza, attribuisce al ter-mine? Ho delle forti perplessita' in proposito. Ecco, dunque, un elemento di riflessione che propongo alla Consob che si accinge a modificare l'informativa sui fondi comuni d'investimento: dare accesso alla movimentazione dei fondi potrebbe essere utile ai clienti per valutare la professionalita' e la correttezza dei gestori dei lo-ro fondi . Comportamenti come quelli del 7 Luglio potrebbero avere nomi e co-gnomi .
Normalmente - anche se non necessariamente in questo specifico caso - quando un'operazione di collocamento e' relativamente grande e, quindi, ricca di commissio-ni in un contesto famelico di commissioni, lo scambio tra gli azionisti della societa' quotando e lo sponsor e' il seguente: "Io attribuisco a te il mandato, tu, pero', cerchi di valorizzare al meglio il prezzo di collocamento". e' un'aspettativa assolutamente legittima ma che, se non viene accolta con il necessario equilibrio tra i diversi interes-si in gioco, puo' risolversi in un boomerang di immagine.
Ecco che nei documenti di analisi la realta' viene spesso edulcorata, le aziende ven-gono presentate prevalentemente per i loro aspetti di forza e non per quelli di debo-lezza, vengono utilizzate tutte le metodologie possibili d'analisi ed i confronti piu' impropri per dimostrare che quel prezzo non e' eccessivo ma e' un vero affare, come, ad esempio, il rapporto tra capitalizzazione e masse gestite dei "comparable". e' no-to, ad esempio, che nelle transazioni private dove sono in gioco le maggioranze socie-tarie di societa' di gestione, difficilmente le masse gestite vengono pagate piu' del 3-4%, eppure, poiche' i "comparable" di Azimut apparentemente venivano trattati a percentuali piu' elevate, ecco che si riesce a giustificare l'improbabile. Un deja vu' della bolla Internettiana.
Le osservazioni critiche vengono rimosse con fastidio, viene dato spazio agli anali-sti finanziari assertivi. Cosi' io mi sono trovato definito "sedicente" analista ma nessun rilievo e' stato mosso, invece, a quello studio "doc" che aveva va-lorizzato Azimut a 6,7 euro per azione.
Infine un'ultima considerazione. Probabilmente la Consob avra' fatto tutto quanto era formalmente necessario per la trasparenza dell'operazione sul mercato. Tuttavia, mercoledi' 7 Luglio resta una delle peggiori giornate d'esordio per un titolo quotato che la storia borsistica d'Italia ricordi, in una giornata in cui l'indice Mibtel non ha fatto segnare particolari stress, e' quindi lecito il dubbio che la bocciatura sia venuta sulla sostanza dell'operazione e per la palese scarsa con-vinzione di alcuni sottoscrittori, a prescindere dal rispetto della forma. Ma de-ve essere chiaro che questo mio giudizio non e' dovuto alla flessione di un solo gior-no del titolo rispetto al prezzo di collocamento, e' dovuto ai volumi scambiati in per-dita ed all'aver impudicamente proposto il collocamento a valori ben piu' alti.
Scusate, infine, se questo "sedicente" cita il suo ultimo libro, Investire contro-corrente, FrancoAngeli, 2002, a pag. 135, ma mi pare una citazione pertinente:

"Questo sistematico contrasto tra cruda realta' delle cifre ed ostentazione di ottimismo di maniera e' ormai una costante della moderna finanza speculati-va nella quale business, comunicazione-bluff e spettacolo si intrecciano indisso-lubilmente".

Ogni riferimento a fatti e persone non e' assolutamente casuale.

* "Sedicente" analista finanziario indipendente
 
 
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