Chi scrive è un appassionato di tecnologia e ha scritto molti articoli sostenendo che l’intelligenza artificiale sarà una rivoluzione addirittura superiore rispetto a quella che ha portato internet. Ricordo la serie di articoli
“Capire l’intelligenza artificiale per investirci” (CLIAPI) e la serie “
Strategie avanzate per investire nell'AI”, oltre agli articoli più recenti come
“Robot umanoidi: opportunità per gli investitori?”. Al tempo stesso ho ricordato più volte come, a mio avviso, sia inevitabile che questo trend di mercato generi una bolla speculativa destinata a scoppiare e come le opportunità di investimento più significative si manifesteranno proprio durante questo “inverno” dell’intelligenza artificiale, che è destinato a presentarsi, anche se non possiamo sapere quando.
Il ciclo delle aspettative delle nuove tecnologie
Da poco più di sei trimestri siamo nella fase in cui tutte le aziende hanno scoperto che l’intelligenza artificiale può rivoluzionare il loro modo di lavorare e si sono convinte che devono investire in questo settore perché non farlo comporterebbe costi superiori, anche in termini reputazionali per chi “decide”, rispetto a quelli necessari per farlo. In questa fase le aziende non seguono una concreta analisi costi/benefici rispetto a questi investimenti: investono semplicemente perché sarebbe “folle” non farlo.
Ogni volta che si presenta una nuova tecnologia potenzialmente rivoluzionaria, la psicologia umana fa sì che si realizzi lo stesso “ciclo” rispetto alle aspettative e alle conseguenze economico/finanziarie di tali aspettative. Si può dividere questo ciclo in cinque fasi.
1. Sviluppo della tecnologia. In questa fase ci sono poche aspettative da parte del grande pubblico. Solo una ristretta cerchia di esperti del settore e di nerd appassionati seguono le notizie relative all’evoluzione della tecnologia. L’intelligenza artificiale ha vissuto una lunghissima fase di sviluppo (e per molte tecnologie ad essa collegate siamo ancora in questa fase) costellata di diversi cicli di estati e inverni. Man mano che la tecnologia si sviluppa, sempre più persone iniziano a parlarne e le aspettative si fanno sempre più elevate.
2. Picco delle aspettative. C’è una fase in cui le aspettative diventano così elevate da non essere più realistiche. Non tanto in assoluto, quanto in relazione ai tempi. Tutte le tecnologie che richiedono importanti cambiamenti sociali hanno bisogno di tempi fisiologici per diffondersi. Il commercio online ha impiegato circa 20 anni per rappresentare circa il 20% del commercio al dettaglio degli USA! Tutto l’hype che c’era sull’impatto di internet alla fine degli anni ‘90 non era irrealistico in assoluto, ma lo era nelle tempistiche. Ciò nonostante, gli investimenti venivano fatti come se fosse possibile avere un ritorno adeguato nello spazio di pochi anni, mentre servivano decenni.
3. Disillusione. In questa fase gli investitori iniziano ad essere delusi per gli scarsi (a volte inesistenti) ritorni dei propri investimenti. Il problema non è che la tecnologia non funzioni o non sia promettente, il problema è che non può dare ritorni proporzionati agli enormi investimenti effettuati. Durante la fase del picco delle aspettative, praticamente tutti hanno voluto provare ad investire nella nuova tecnologia. È evidente che se in migliaia provano a sviluppare un business simile, solo due o tre sopravvivranno e si prenderanno - nei decenni - i vantaggi del loro investimento, mentre tutti gli altri (centinaia o migliaia di aziende) avranno buttato via soldi. Se la tecnologia - come è stato nel caso di internet ed è adesso nel caso dell’intelligenza artificiale - è in grado di rivoluzionare praticamente tutti questi settori, i potenziali business da sviluppare sono migliaia e le aziende che ci provano diventano milioni. Il fenomeno, quindi, diventa enorme ed ha un impatto macroeconomico.
4. Ripartenza. Durante la fase di disillusione gli investimenti nella nuova tecnologia diminuiscono drasticamente. Rimangono però una serie di aziende abbastanza “sane” le quali hanno scoperto modelli di business, che applicano le nuove tecnologie, ragionevolmente profittevoli. I ricavi di queste aziende aumentano anche perché molti dei loro potenziali concorrenti chiudono e questo consente alle aziende rimaste di avere spazi di business più ampi e di approfittare del continuo miglioramento della tecnologia che - anche se meno rapido rispetto alla seconda fase quando gli investitori accorrevano a frotte - continua. Questa è la fase di crescita sana e sostenibile che dura non qualche trimestre, ma svariati lustri. Le aspettative tornano a crescere, ma in modo meno violento.
5. Picco della produttività. Alla fine, arriva una fase in cui la tecnologia diventa matura, non fa più notizia e le aspettative raggiungono un plateau. Questa è la fase in cui la produttività raggiunge il massimo non solo perché la tecnologia in sé è matura, ma soprattutto perché l’intera società ha avuto il tempo di riorganizzarsi attorno al nuovo modo di fare le cose che prima richiedevano una diversa organizzazione.
Nel seguente grafico si possono vedere una serie di tecnologie (più buzzwords, in realtà) legate al più ampio concetto di “Intelligenza Artificiale”, in che fase del ciclo potrebbero essere ed una stima di quanto tempo potrebbero richiedere prima di raggiungere il plateau di produttività.
Iniziano le prime voci disilluse
L’immagine che ho riportato nel paragrafo precedente risale a circa un anno fa. Adesso le condizioni sono un po’ cambiate ed iniziamo a leggere ed ascoltare sui media punti di vista un po’ più scettici sull’efficacia di questa tecnologia. Un esempio è la recente newsletter di Goldman Sachs dal titolo
“Gen AI: too much spend, too little benefit?”. La tesi di fondo di questo documento è la seguente: i giganti tecnologici, altre aziende e fornitori di servizi, spinti dall’hype su questa tecnologia, investiranno una cifra stimata intorno a 1 trilione di dollari nei prossimi anni in data center, chip, altre infrastrutture AI e la rete elettrica. Ma questa spesa ha finora mostrato pochi risultati al di là dei rapporti sui guadagni di efficienza tra gli sviluppatori di software.
All’interno del report si trova un’intervista con Daron Acemoglu, Professore al MIT, che è scettico. Stima che solo un quarto dei task (singoli pezzi di processi produttivi) esposti all'AI sarà conveniente da automatizzare entro i prossimi 10 anni, implicando che l'AI influenzerà meno del 5% di tutti i task. E non trae molto conforto dalla storia che mostra come le tecnologie migliorino e diventino meno costose nel tempo, sostenendo che i progressi dei modelli AI probabilmente non avverranno così rapidamente - o non saranno così impressionanti - come molti credono. Mette anche in dubbio che l'adozione dell'AI creerà nuovi compiti e prodotti, affermando che questi impatti "non sono una legge di natura". Quindi, prevede che l'AI aumenterà la produttività degli Stati Uniti solo dello 0,5% e la crescita del PIL solo dello 0,9% cumulativamente nel prossimo decennio.
Jim Covello, Capo della Ricerca Azionaria Globale di GS, si spinge oltre, sostenendo che per ottenere un rendimento adeguato sul costo stimato di circa 1 trilione di dollari per lo sviluppo e l'esecuzione della tecnologia AI, questa deve essere in grado di risolvere problemi complessi, cosa che, secondo lui, non è costruita per fare. Fa notare che invenzioni veramente rivoluzionarie come Internet hanno introdotto fin dall’inizio servizi a basso costo in grado di fare cose che precedentemente richiedevano molti più soldi, a differenza della costosa tecnologia AI di oggi. Ed è scettico sul fatto che i costi dell'AI diminuiranno mai abbastanza da rendere conveniente l'automazione di una grande parte dei compiti, dato l'alto punto di partenza e la complessità di costruire input critici - come i chip GPU - che potrebbero impedire la concorrenza. È anche dubbioso sul fatto che l'AI aumenterà la valutazione delle aziende che utilizzano la tecnologia, poiché qualsiasi guadagno di efficienza sarebbe probabilmente eroso dalla concorrenza, e il percorso per aumentare effettivamente i ricavi non è chiaro, a suo avviso. E si chiede se i modelli addestrati su dati storici saranno mai in grado di replicare le capacità più preziose degli esseri umani.
Anche nel mondo della ricerca iniziano pubblicazioni critiche rispetto a questa tecnologia. Sulla prestigiosa rivista Nature, ad esempio, è stato pubblicato da poco un articolo che mostra tre ragioni per le quali i cosiddetti Large Language Model, come GPT di OpenAI, non siano modelli efficaci del linguaggio umano. L’articolo, dal titolo: “
Three reasons why AI doesn’t model human language” spiega alcune differenze cruciali tra i modelli di linguaggio degli esseri umani e quello delle macchine. Ad esempio, per le macchine non esistono linguaggi insensati o impossibili, mentre è stato dimostrato che per gli esseri umani non è così. È noto, inoltre, che gli esseri umani apprendono il linguaggio con un numero infinitamente inferiore di esempi rispetto a quelli necessari per addestrare questi software.
Insomma, questi sono solo un paio di esempi di come la narrativa sull’intelligenza artificiale, anche da parte di istituzioni mainstream, stia iniziando a cambiare. Probabilmente serviranno ancora diversi trimestri prima che le voci disilluse siano prevalenti rispetto a quelle entusiaste che oggi dominano quasi incontrastate, ma è ragionevole attendersi che questo momento arriverà.
Come prepararsi
Un investitore adulto dovrebbe essere felice del fatto che inizino a diffondersi le prime voci disilluse. Molti degli argomenti proposti da queste voci sono ragionevoli. Il punto è che prima o poi diventeranno estreme. Si inizierà a dire che l’intelligenza artificiale serve a poco o che è perfino dannosa. Mi ricordo nel 2002 articoli che sostenevano che le email erano meno utili del fax perché non era possibile avere la conferma di spedizione. Oggi tesi del genere appaiono perfino ridicole, ma sono state sostenute in modo molto serio. Nei prossimi trimestri sentiremo critiche all’intelligenza artificiale che fra 10 anni verranno considerate ugualmente ridicole. Quando si percepirà che le voci disilluse diventeranno estreme, allora sarà il momento migliore per investire nelle aziende che si dimostreranno capaci di sviluppare modelli di business efficaci che fanno leva su queste tecnologie. Per allora, probabilmente, il modello di business più promettente sarà la guida autonoma, ma questo è un discorso che merita un articolo a parte.
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