testata ADUC
Il difficile equilibrio fra paura/avidita' e razionalita'
Scarica e stampa il PDF
Editoriale di Alessandro Pedone
22 luglio 2009 0:00
 
Molte scelte degli investitori, purtroppo, sono dettate da una qualche variante del sentimento di paura o di avidità. Danni enormi vengono costantemente compiuti dal "desiderio di recuperare le perdite" che rappresenta una combinazione dei due sentimenti.
La maggioranza dei media che si occupa di finanza fa di tutto per alimentare questo modo di concepire i mercati, specialmente quelli azionari e la c.d. "industria del risparmio gestito" sfrutta questa situazione proponendo prodotti che solleticano questi sentimenti ("capitale garantito", "double-win", ecc.).
La scelta degli investimenti finanziari non avviene quasi mai all'interno di una strategia complessiva che tenga conto delle caratteristiche dell'investitore e dell'interno portafoglio finanziario. Solitamente, quando si rende disponibile nuova liquidità, si parte alla caccia dell'investimento "migliore". Qual è il miglior titolo in questo momento? Qual è il miglior prodotto in questo momento? Senza comprendere che il "migliore" non esiste! Ma tutto il mondo che circonda gli investitori fa capire l'esatto opposto...
La maggioranza degli investitori rimane intrappolato in questa situazione che genera costantemente perdite rilevanti. Come uscirne?
La scelta sicuramente sbagliata è quella di negare e frustrare questi sentimenti che sono certamente innati negli esseri umani. La via della razionalità assoluta, nel campo della finanza, è doppiamente sbagliata.
In primo luogo perché la materia stessa di cui stiamo trattando è tutto fuorché razionale.
Come scriveva Keynes: essere razionali in un contesto nel quale tutto intorno a te non è razionale è la scelta meno razionale che si possa compiere.
Affidarci alle metodologie di asset allocation tradizionali proposte dalla maggior parte delle istituzioni finanziarie (media/varianza, "frontiera efficiente" e tutto quel teatrino dell'assurdo che ancora viene proposto agli investitori come "consulenza finanziaria") fornisce l'illusione di avere fatto scelte razionali, ma espone a delusioni ancora più cocenti perché avvenute a seguito di un lavoro che sembrava essere "lo stato dell'arte della finanza".
Per la maggior parte degli investitori, specialmente quelli con portafogli finanziari non enormi (diciamo sotto il mezzo milione di euro tanto per capirci), la strada più sensata per uscire dalla trappola della paura/avidità è quella della pianificazione finanziaria e quindi la definizione precisa degli obiettivi di vita collegati ad esigenze finanziarie.
La paura e l'avidità si combattono molto meglio quando non si ragiona in termini di percentuale di rendimento, ma in termini di "quanti soldi servono per..." far studiare i figli, andare in pensione, acquistare la casa, ecc.
Inquadrato nel contesto di una più ampia pianificazione, il portafoglio finanziario acquisisce finalmente la funzione che deve avere: uno strumento per raggiungere degli obiettivi. Il denaro è (o dovrebbe essere) un mezzo, non un fine!
Gli investitori potrebbero fare da soli un abbozzo di pianificazione finanziaria investendo un bel po' di tempo nello studio della materia, ma certamente la nascita di una classe di professionisti in grado di fare questo genere di consulenza costituirebbe un enorme vantaggio non solo al singolo investitore ma all'intera società. Se la pratica della pianificazione finanziaria fosse correttamente diffusa presso la maggior parte degli investitori, i benefici in termini di ottimizzazione delle risorse economiche per la società sarebbero enormi.
 
Purtroppo siamo ancora molto (ma molto!) distanti da questa concezione.
Le stesse norme giuridiche concepiscono la consulenza finanziaria come quell'attività volta a "fornire raccomandazioni, adeguate al singolo cliente, a vendere, acquistare o detenere specifici strumenti finanziari".
Un recentissimo studio pubblicato sul sito della Consob (Quaderni di Finanza n. 64 – Luglio 2009 - "Le scelte di portafoglio degli investitori retail e il ruolo dei servizi di consulenza finanziaria") propone un quadro della consulenza finanziaria in Italia aberrante, a nostro modesto modo di vedere.
Nello studio si afferma che "quasi i 2/3 delle famiglie dichiara di avere un consulente finanziario ma è possibile stimare che solo il 20% circa delle famiglie riceve effettivamente servizi di consulenza". La situazione, purtroppo, è molto più drammatica. La percentuale di famiglie che ricevono un servizio vero di consulenza finanziaria è da prefisso telefonico: lo zero virgola qualcosa, altro che 20%. Circa il 20% riceve proposte di vendita di prodotti finanziari, vendita che può essere abbinata o meno a forme di consulenza strumentale.
A pagina 11 dello studio, al paragrafo "La diffusione dei servizi di consulenza fra gli investitori retail", lo studio si avvale di una ricerca condotta dalla società GfK Eurisko su un campione rappresentativo di 2.500 famiglie italiane.
Il campione è stato suddiviso in 4 categorie classificate sinteticamente come: "nessuna consulenza", "consulenza passiva", "consulenza generica" e "consulenza attiva". Nella categoria "consulenza attiva", la ricerca ripresa dallo studio della Consob vi fa rientrare le famiglie che dichiarano di avere ricevuto almeno una proposta di acquisto relativa a specifici strumenti o prodotti finanziari dal consulente di fiducia nei 12 mesi precedenti l’intervista. Questa situazione, definita come “consulenza attiva”, costituisce – secondo lo studio Consob - probabilmente la proxy più vicina al servizio di consulenza in senso stretto come definito e disciplinato dalla MiFID, per quanto non si abbiano informazioni circa il fatto che le raccomandazioni o le proposte siano state presentate come adatte al profilo della famiglia.
Ma come? Fare una proposta di acquisto di strumenti finanziari in 12 mesi rappresenterebbe una buona approssimazione del servizio di consulenza finanziaria? Ma stiamo scherzando?
Purtroppo, no. Non stiamo affatto scherzando e questa è la situazione reale in cui viviamo.
Non resta che auspicare che presto possa diffondersi un vera e propria classe di liberi professionisti che propongano reali attività di consulenza finanziaria e non vendite di prodotti finanziari abbinate a consulenza strumentale.

Allegato: qdf64.pdf

 
 
EDITORIALI IN EVIDENZA
 
ADUC - Associazione Utenti e Consumatori APS