testata ADUC
La difesa degli assicuratori... un'altra lettera
Scarica e stampa il PDF
Articolo 
5 aprile 2006 0:00
 
Riceviamo questa lettera in replica all'articolo pubblicato a questo indirizzo: clicca qui.

Richiedo con forza che quanto da me scritto venga reso pubblico per tentare di fare veramente informazione in modo serio e una risposta, anche riservata del sig pedone.
Innanzitutto mi scuso sin d'ora per i toni accesi con i quali probabilmente proseguiro' questo intervento: le provocazioni e lo stile di scrittura utilizzati dal sig. pedone riescono molto bene a ottenere l'effetto desiderato di creare solo scontro tra risparmiatori e le categorie professionali che operano nel settore.
Sarebbe cosa molto utile se il sig pedone avendo una qualifica riconosciuta la utilizzasse anziche' definirsi pianificatore finanziario, ruolo non regolarizzato da Consob o Ufficio Italiano Cambi.
Io non mi nascondo e mi qualifico come Agente in Attivita' Finanziaria.

Venendo al sodo dell'intervento del sig. pedone in risposta all'assicuratore, desidero ricordare che nessuno ha la verita' in mano e utilizzare frasi tipo "punto" come fatto dal pedone per sostenere le proprie affermazioni dimostrano scarsissima capacita' di dialogo e ferma volonta' di chiudere ogni spiraglio al dibattito.

Cio' che passa, in ogni istante, e' che Aduc, le altre associazioni e chi per esse scrive e lavora siano i buoni, i Robin Hood della situazione e tutti gli altri (ISVAP, CONSOB, ABI, e tutte le figure professionali che nel settore lavorano) siano i cattivi, gli sceriffi di Nottingham.
Questa cultura del sospetto che si genera non fa bene a nessuno, specie ai risparmiatori che rimangono fermi e bloccati, spaventati dalla cattiva immagine che del settore dipingete giornalmente causando loro gravissime perdite di guadagni.
Gli ultimi 3 anni di investimenti lo dimostrano: mentre le borse internazionali hanno quasi raddoppiato il proprio valore, circa il 50 % dei soldi degli italiani e' rimasto fermo su liquidita' e obbligazioni.
Investendo nei titoli di stato che pesate mediamente al 50 % nei vostri suggerimenti generate perdite di capitale per il risparmiatore notevolissime.
Vi invito sin d'ora a chiarire agli italiani il meccanismo di svalutazione del denaro e in parallelo il funzionamento di un titolo cedolare a 10 o 20 anni per esempio e verificate quanto potere d'acquisto resta in mano a un italiano che lascia in prestito i soldi allo stato per tale periodo. Resto disponibile a dimostrarlo qualora voleste coinvolgermi nel ragionamento. Una riflessione semplicissima sul discorso costi e alternative:
i clienti acquistando polizze unit, fondi comuni e prodotti similari non pagano solo e soltanto un prodotto, pagano anche la consulenza che vi e' dietro un prodotto e che, se il professionista che le colloca e' serio, deve perdurare per tutta la durata dell'investimento.
A oggi nessun promotore con monomandato puo' pensare di "sbarcare il lunario" semplicemente consigliando strumenti a basso costo e non fare parcelle (peraltro vietate dal TUF) ai propri clienti, ne' il professionista puo' assumersi rischi sui singoli titoli paventandone una presunta migliore performance a fronte di un costo inferiore.
L'alternativa di un fai da te e' distante anni luce dalla realta': i risparmiatori in media non hanno la cultura del settore, non hanno le informazioni e, soprattutto, non hanno tempo di gestire i propri risparmi.
Sentir parlare un altro vostro consulente di nome Matteo Arata, di piani di accumulo su titoli di stato in alternativa ai pac sull'azionario fa rabbrividire per l'insensatezza di quanto affermato. Questi sono i consigli salvavita che distribuite?
Forse non vi rendete conto che potete causare piu' danno con tali consigli che i casi di "malafinanza" che denunciate costantemente.
Chiudo con un suggerimento: invece di incentrare il vostro operato solo sullo smontare i prodotti finanziari, vivisezionandoli per trovare tutti i costi e quindi condannarli come inefficienti, sarebbe piu' opportuno prendere coscienza che ad esempio negli ultimi 3 anni i fondi azionari in media hanno reso oltre il 10-15% annuo al netto di tutti i costi.
Suggerisco infine di spostare l'attenzione sul fatto che la maggior parte dei problemi nascono di solito dalla scarsa professionalità degli operatori del settore piu' che dall'inefficienza di tutti i prodotti presenti sul mercato.

Cordialmente
Dott. Francesco Gamberoni
Agente in Attivita' Finanziaria


Gentile dott.. Gamberoni, Agente in Attivita' Finanziaria,
mi spiace che il mio essere diretto e dire semplicemente le cose come stanno venga scambiato per mancanza di volonta' di dialogare o addirittura con provocazioni.
Si possono avere dubbi su molte cose, ma che i prodotti finanziari travestiti da polizze siano dei prodotti assolutamente sconsigliabili questo non puo' essere messo in discussione per le molte ragioni che scriviamo costantemente sul sito (inefficienza dei prodotti, legislazione non ancora al livello di quella che regola i prodotti finanziari non assicurativi, ecc.).
Detto questo, proviamo a risponderle nel merito.

1. La qualifica professionale
Io mi qualifico pianificatore finanziario per la semplice ragione che svolgo questa attivita' professionale. Mi rimprovera il fatto che questa professione non sia “riconosciuta” dalla Consob (e passi) e dall'Ufficio Italiano Cambi (???).
Evidentemente lei ritiene che le professioni sono solo quelle riconosciute dallo Stato. Si tratta di una mentalita' abbastanza diffusa. Non e' ne' la mia, ne' quella dell'Aduc.
Forse non sa che in Italia l'attività di consulenza finanziaria indipendente e' libera. La condizione, ovviamente, e' che non sia svolta da chi vende prodotti finanziari. A tal proposito, l'allora presidente della Consob, Luigi Spaventa, chiari' con la comunicazione Consob n. DIN/1083623 del 7-11-2001, quanto segue:
Risulta del tutto pacifica e rispondente al contesto normativo, infatti, la qualificazione della consulenza finanziaria come attivita' libera - che può esplicarsi sia in forma individuale che societaria - il cui svolgimento disciplinato dalle norme del diritto comune (art. 1176 del c.c), laddove non sia prestata da o per conto di intermediari abilitati (cfr. comunicazione Consob n. DI/30441 del 21 aprile 2000, leggibile sul sito Internet, all'indirizzo elettronico www.consob.it). Al riguardo, e' appena il caso di precisare che l'attivita' di consulenza puo' essere svolta dal promotore "in proprio" solo ove quest'ultimo non eserciti attivita' di promozione e collocamento per conto di un intermediario abilitato. Ove il promotore svolga l'attivita' di offerta fuori sede per conto di un intermediario, invece, l'attivita' di consulenza puo' essere esercitata solo per conto di quest'ultimo o di altro soggetto appartenente al medesimo gruppo, ai sensi dell'art. 94, comma 1, lett. a) del regolamento Consob n. 11522/1998.


2. Investimenti azionari e titoli di stato
La caricatura di Robin Hood e lo sceriffo di Nottingham e' una immagine che risiede nella sua testa. Certamente noi non ci consideriamo Robin Hood. Semplicemente cerchiamo di svolgere il nostro compito d'informare non avendo niente da vendere.
Diciamo che i prodotti finanziari travestiti da polizze sono prodotti da evitare e spieghiamo perche' (alti costi, normativa meno tutelante rispetto ai prodotti finanziari non assicurativi, ecc.).
Questi argomenti non hanno niente a che fare con la scelta del profilo di rischio (ovvero con la scelta dell'asset allocation del proprio portafoglio).
Se avesse la bonta' di leggere i documenti che pubblichiamo nella home-page del sito vedra' che illustriamo chiaramente che anche i pochi fondi monetari efficienti che esistono ed i conti di deposito altamente remunerati, pur essendo strumenti di gestione della liquidita' efficienti, non sono strumenti d'investimento perche' non proteggono dall'inflazione.
Siamo stati fra i prima a parlare di obbligazioni legate all'inflazione (puo' verificare con lo strumento di ricerca nel sito), di ETF (quando erano solo azionari), di fondi immobiliari chiusi, ecc.
Dire che nei passati tre anni i fondi e le polizze unit-linked hanno avuto rendimenti a doppie cifre non significa niente.
I prodotti piu' efficienti, come gli ETF, a parita' di mercato di riferimento hanno fatto meglio del 90% delle unit-linked. Semplicemente perche' la media delle unit-linked ha un rendimento lordo pari a quello del mercato di riferimento (ovvero simile a quello degli ETF), ma al netto dei salatissimi costi il rendimento e' decisamente peggiore. Questo e' un dato di fatto.
Se i risparmiatori oggi sono troppo spaventati ed hanno perso tre anni di mercati toro e' colpa del fatto che i venditori li hanno riempiti di prodotti inefficienti e rischiosi nel 1999/2000.
I risparmiatori devono comprendere i concetti legati al rischio degli investimenti in strumenti finanziari e costruire un portafoglio adeguato al proprio profilo di rischio. Questa e' la verita'.

3. Il costo della consulenza
Veniamo a rispondere al discorso dei costi. Lei, giustissimamente, sostiene che nessun promotore puo' “sbarcare il lunario” se suggerisse di acquistare ETF invece dei propri fondi sui quali il cliente paga dei salatissimi costi con i quali il promotore campa (sebbene il grosso vada al resto della struttura commerciale).
Sostiene che questi costi servono per fare consulenza al cliente.
E' qui che viene il bello. Ma, mi scusi, di quale consulenza parla?
Nella sua lettera lei ha avuto il coraggio di attaccare un articolo di Matteo Arata senza averlo neppure compreso, ma quale consulenza puo' fare ai suoi clienti se non quella strumentale alla vendita dei propri prodotti?
E' doveroso fare una parentesi sull'articolo che lei ha attaccato dicendo che si tratta di informazione che farebbe piu' danni della “malafinanza”.
L'articolo in questione e' stato pubblicato il 22 Maggio del 2003 quando ancora in Italia pochissimi parlavano di ETF (chi vuole puo' leggerlo a questo indirizzo: clicca qui). Il senso di questo articolo era quello di fare PAC su ETF/Titoli di Stato in sostituzione a quelli sulle polizze Unit-Linked o su fondi. E' evidente che la percentuale dei due asset dipende dal proprio profilo di rischio.
L'articolo era incentrato sugli ETF azionari. Fra l'altro ribadiva tutti gli avvertimenti del caso quando si parla di investimenti azionari.
Cio' non toglie che per molti investitori un PAC totalmente azionario puo' presentare comunque una tipologia di rischio non compatibile con il proprio profilo. In questo caso e' opportuno bilanciarlo magari con la sottoscrizione diretta di titoli di stato ogni tre/sei mesi in base agli importi del piano di risparmio che si intende progettare.
L'articolo che abbiamo pubblicato, quindi, non consigliava affatto di sostituire un PAC azionario con titoli di stato, ma di sostituire i prodotti inefficienti con prodotti efficienti.
Se un investitore ha un PAC su un fondo bilanciato che investe il 70% in azioni europee ed il 30% in Obbligazioni Area Euro puo' tranquillamente fare un PAC per il 70% su un ETF che investe in Europa e per la restante parte utilizzare titoli di stato.
Questo era il senso dell'articolo e questo e' quello che dovrebbe dire chi vuole fare consulenza agli investimenti non strumentale alla vendita di questo o quel prodotto.

Il dramma principale del sistema finanziario italiano e' proprio il meccanismo di distribuzione dei prodotti. L'analista finanziario Paolo Sassetti ha scritto un bellissimo libro sul perche' liberalizzare il risparmio gestito (clicca qui) partendo proprio dall'analisi della situazione attuale. Molti, come lei, sostengono che se la gente compra moltissimi prodotti finanziari travestiti da polizze vuol dire che sono buoni prodotti.
Questa e' una tesi assurda (quando non in malafede).
Le persone non scelgono i prodotti finanziari nei quali investire semplicemente perche' non ne hanno le competenze. Nel sistema finanziario vince chi ha la rete di distribuzione piu' efficiente.
Perche' la rete di distribuzione sia efficiente (dal punto di vista dell'istituzione finanziaria) e' bene che i consulenti non siano molto competenti altrimenti vendono poco.
Alle istituzioni finanziarie non conviene investire nella progettazione e gestione di prodotti efficienti per la buona ragione che non vi e' competizione. La domanda non e' qualificata per distinguere un prodotto efficiente da uno non efficiente. La domanda e' semplicemente convinta da un esercito di venditori.
Un caso eclatante fu quello della San Paolo Invest che tento' di introdurre un meccanismo di calcolo delle commissioni di performance piu' equo. Ebbene, questa mossa non ebbe alcun successo commerciale e ovviamente naufrago'.
La verita' e' che, nel complesso, gli investitori non sono culturalmente attrezzati (e non di rado non vogliono neppure rimediare) per scegliere, quindi sono in balia di persone, sovente molto poco qualificate, che gli vendono quello che vogliono.
La consulenza agli investimenti in Italia, in sostanza, non esiste. Si paga la rete di distribuzione, non la consulenza. La rete di distribuzione (sportelli bancari, promotori e assicuratori) non fanno consulenza agli investimenti, ma consulenza strumentale alla vendita. Questo e' un dato di fatto.
Che poi esistano dei promotori bravi e preparati, questo e' un altro discorso. E' vero. Verissimo. Io ne conosco qualcuno ed uno dei piu' bravi in Italia, in assoluto, e' anche un mio carissimo amico col quale condividiamo molte considerazioni, anche tecnica.
Ma cio' non sposta il problema che la strutturalmente queste sono mosche bianche.
La rete, nel suo complesso, e' fatta di venditori, non di consulenti.
Se fossero consulenti non potrebbero campare, come lei stesso ha detto.


Alessandro Pedone
 
 
ARTICOLI IN EVIDENZA
 
ADUC - Associazione Utenti e Consumatori APS