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Andiamoci piano: un conto è Shiller, tutt'altra cosa è Fama
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Editoriale di Alessandro Pedone
16 ottobre 2013 16:03
 
Quest'anno il Premio Nobel per l'Economia (non sarebbe corretto parlare di Premio Nobel (1), ma per comodità ci adeguiamo alla vulgata giornalistica) è stato assegnato a tre economisti, due dei quali sono sostenitori di tesi molto diverse fra loro. 
Eugene Fama, infatti, è uno dei principali sostenitori della tesi secondo la quale i mercati finanziari sarebbero efficienti nel valutare correttamente i prezzi dei titoli.
La tesi è molto più raffinata di quello che sembri e non è possibile liquidarla semplicisticamente come evidentemente infondata. Non vogliamo, in questa sede, aggiungerci alle migliaia e migliaia di pagine che sono state sprecate per sostenere o criticare questa tesi (2).
Non vi è dubbio, però, che l'ipotesi dei mercati efficienti sia stata politicamente utilizzata per sostenere che i mercati finanziari dovessero essere lasciati il più liberi possibile poiché questi avrebbero trovato, magicamente, l'allocazione più efficiente delle risorse impiegate.
Quest'ultima tesi (ovvero quella della massima libertà dei mercati finanziari), qualunque cosa si pensi della più raffinata Efficient Market Hypothesis si è dimostrata senz'ombra di dubbio sbagliata. I mercati finanziari sono uno strumento estremamente pericoloso sia per i risparmiatori che vi affidano i loro risparmi sia per l'intera società la quale, periodicamente, vede la propria economia messa in seria difficoltà a causa loro.
Di tutt'altra pasta, invece, è Robert Shiller. Semplificando un po' (ma non uscendo dal vero) si può asserire che Shiller ha confutato le tesi di Fama portando molte evidenze empiriche circa la non efficienza dei mercati finanziari. Rimase celebre un suo articolo dei primi degli anni '80 nel quale dimostrò che la variabilità dei prezzi delle azioni è incredibilmente più elevata della variabilità dei dividendi e che quindi i prezzi delle azioni non possono essere considerati un riflesso dell'andamento dei dividendi futuri. Da allora Shiller ha prodotto tutta una serie di studi estremamente interessanti dimostrando, in ultima analisi, che i mercati finanziari possono essere irrazionali (altro celebre lavoro, questa volta più per il largo pubblico, fu il libro “Euforia Irrazionale” pubblicato poco prima dello scoppio della bolla delle azioni tecnologiche) e che l'aspetto psicologico incide pesantemente nelle valutazioni creando bolle dovute dall'euforia e depressioni dovute dal panico (3). Prima di Shiller altri importanti economisti come John Kenneth Galbraith e Charles Kindleberger hanno sostenuto tesi simili, ma Shiller le ha probabilmente documentate con maggiore ricchezza di dettagli.

Purtroppo gli ultimi decenni della finanza sono stati molto più influenzati dal pensiero di Eugene Fama (ed i molti altri economisti della stessa scuola) che non da quello di Robert Shiller e tutti gli altri economisti che hanno messo in guardia dalla pericolosa natura troppo spesso irrazionale dei mercati finanziari.
Per decenni, l'idea di regolamentare in maniera più stringente i mercati finanziari è stata considera alla stregua di un'assurda provocazione, una specie di attentato alle libertà individuali.
Sarebbe l'ora, al contrario, che iniziassimo a dire con forza che ci sono cose che è bene che i mercati finanziari non decidano, o almeno che non decidano in maniera esclusiva come, ad esempio, i tassi d'interesse sui titoli pubblici.
L'aver lasciato che fossero i mercati finanziari a determinare in maniera esclusiva i rendimenti dei BOT e BTP è stata la causa principale, quella assolutamente determinante, dell'esplosione del rapporto Debito/PIL italiano. Sebbene al momento non se ne vede traccia, speriamo che più prima che poi si faccia strada nella politica l'idea che il pubblico deve tornare ad avere un ruolo non secondario nella determinazione dei tassi d'interesse dei titoli di stato.

Note:
(1) Per quanto possa apparire strano, il Premio Nobel per l'Economia non esiste. I premi Nobel furono istituiti nel 1895 per volere testamentale di Alfred Bernhard Nobel il quale istituiti cinque – e solo cinque – premi: fisica, chimica, medicina, letteratura e pace. Poiché il marchio “premio Nobel” diventò sinonimo di eccellenza assoluta la Banca di Svezia pensò bene di approfittarne e dal 1969 ha istituito il “premio per l'economia in memoria di Alfred Nobel” sapendo benissimo che sarebbe stato giornalisticamente chiamato “Premio Nobel”, gli eredi di Nobel, fra l'altro, si sono espressi in maniera molto dura sulla vicenda.

(2) Ricordo che su questo sito, usando il motore di ricerca, si possono trovare diversi articoli su questo argomento, centrale in finanza, come questo: http://www.aduc.it/editoriale/paradosso+dei+mercati+finanziari_15741.php

(3) Per chi volesse approfondire il tema potrebbe trovare senza dubbio molto interessante il libro qui recensito: http://www.aduc.it/articolo/spiriti+animali_16278.php
 
 
 
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