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Educazione finanziaria, ma e' realmente possibile?
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Editoriale di Alessandro Pedone
10 giugno 2009 0:00
 
A leggere le indagini che regolarmente vengono effettuate sulla cultura economica-finanziaria degli italiani, viene da mettersi le mani nei capelli.
Qui non si tratta solo di possedere o meno delle nozioni finanziarie di base (differenza fra azioni e obbligazioni, rudimenti sul rischio, ecc) quanto di ignorare elementi di matematica basilari che mettano in grado un numero cospicuo di investitori di calcolare il rendimento dei propri investimenti.
Una parte molto consistente di italiani non ha una competenza elementare, vorrei dire minima, di matematica. Come possiamo sperare di educare questi soggetti ad effettuare scelte economico-finanziaria consapevoli?
Un'altra parte di italiani, che pur possiede competenze almeno elementari di matematica, ignora i concetti basilari della finanza come la differenza fra obbligazioni e azioni, rendimento semplice o composto, ecc.
Ciò che lascia disarmati è che dalle indagini che regolarmente vengono effettuate non si osserva la volontà di questi soggetti di emanciparsi. Gli argomenti legati al denaro vengono considerati noiosi o troppo complicati. Il tempo dedicato all'informazione finanziaria è praticamente nullo.
Si fa un gran parlare di educazione finanziaria, ma all'atto pratico si tratta di una strada percorribile solo per una parte decisamente minoritaria di investitori.
Sia chiaro, è evidente che tutte le iniziative volte a fare "educazione finanziaria" specialmente sui giovani, sono iniziative assolutamente meritorie. Lo Stato, a nostro avviso, dovrebbe incentivare il più possibile lo sviluppo di una cultura economi-finanziaria di base diffusa. In questo lavoro le scuole dovrebbero ricoprire evidentemente un ruolo chiave.
 
Al di fuori dei percorsi formativi tradizionali, per poter accedere forme di educazione finanziaria (come, nel nostro piccolo, può essere questo sito) è necessario avere almeno due requisiti: 1) la voglia di fare qualche sacrificio per apprendere; 2) una cultura di base almeno minima. Bisogna ammettere che questi due requisiti combinati insieme sono un fatto decisamente raro.
In questo contesto è del tutto evidente che regnano le fregature finanziarie di vario tipo (da quelle "legali" a quelli ancora più spericolate). Se un investitore non è neppure in grado di calcolare il rendimento di un investimento lo puoi raggirare con mille e mille modi. Non ci sono leggi che tengano. E' giustissimo che gli intermediari finanziari vengano obbligati a fornire informazioni di ogni tipo, ma se chi le dovrebbe leggere (e non le legge mai, anche per pigrizia) non è in grado di capirle, è evidente che lo strumento – in quel caso – non è efficace.

Per questi soggetti, cioè per la maggioranza degli italiani, l'unica strada per evitare che vengano costantemente "tosati" dal sistema finanziario sarebbe di creare un corpo intermedio di liberi professionisti, in totale assenza di conflitti d'interesse, che siano in grado di suggerire le scelte finanziarie più utili per i loro clienti, e non per l'industria del risparmio gestito.
Le ultime modifiche normative in tema di intermediazione finanziaria andrebbero proprio in questa direzione. Come è noto però, le leggi sono condizioni necessarie ma non sufficienti affinché certi cambiamenti nella società vengano effettivamente apportati. I prossimi 5/10 anni ci diranno se questa figura intermedia fra investitori e intermediari finanziari si affermerà o resterà, come oggi, un privilegio di pochi.
 
 
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