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Fondi Pensione: il problema dei coefficienti di trasformazione in rendita
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Editoriale 
26 luglio 2006 0:00
 
C'e un aspetto molto importante della normativa relativa ai fondi pensione che non e' stato sufficientemente valutato nel dibattito politico cosi' come nel dibattito sui media fra gli esperti: i coefficienti di trasformazione.
Tutti i fondi pensione (aperti e chiusi) hanno stipulato contratti con le compagnie assicurative per la trasformazione del montante accumulato dal singolo lavoratore nella rendita pensionistica.
A parita' di montante a scadenza, diverse compagnie erogano pensioni anche drasticamente diverse.
L'importo della pensione, a parita' di montante (cioe' della somma accumulata piu' gli interessi), dipende dai coefficienti di trasformazione in rendita. Ogni compagnia assicuratrice adotta i propri coefficienti di trasformazione che sono calcolati a partire dalle tabelle della ragioneria generale dello stato (basate, a loro volta, sui dati ISTAT relativi alla speranza di vita media).
Il rischio e' che il business piu' grosso dei fondi pensione non vada tanto alle istituzioni finanziarie che si occupano della gestione, quando alle assicurazioni, le quali si prenderanno una consistente fetta dei sudati risparmi dei lavoratori sotto forma di "pizzo" sull'erogazione della pensione stessa.
Cosa puo' fare un lavoratore che ha sottoscritto un fondo pensione e che si accorge, a scadenza, che i coefficienti di trasformazione in rendita previsti dal fondo stesso non sono soddisfacenti?
In linea teorica puo' trasferire il montante presso un altro fondo pensione che ha dei coefficienti piu' vantaggiosi.
Il problema e' che oggi, quasi tutti i fondi pensione hanno coefficienti molto deludenti, specialmente se confrontati con quelli delle pensioni pubbliche.
Il confronto tra una tabella e l'altra, poi, e' molto complesso per i non esperti del settore. Gia' i termini sono spesso male interpretati dagli stessi esperti.
Cosa significa, ad esempio, "rendita vitalizia rivalutata?
Ponendo questa domanda a diversi assicuratori (anche non "di primo pelo") ci siamo visti dare le risposte piu' fantasiose. La risposta piu' frequente e' stata che la rendita veniva di anno in anno rivalutata in base all'inflazione (ovviamente non e' cosi').
E' difficile, quindi, confrontare una tabella di conversione in rendita basata su un tasso tecnico del 2.5% con una che non presenta un tasso tecnico e che presenta un tasso tecnico piu' alto.
Noi crediamo che la Covip dovrebbe lavorare con molta piu' attenzione su questo aspetto dei fondi pensione imponendo standard di trasparenza molto piu' elevanti sulla determinazione dei coefficienti e norme regolamentari che evidenzino il costo complessivo di erogazione della rendita.
Sul piano normativo, il sevizio di conversione di un capitale in rendita dovrebbe essere reso molto piu' competitivo, permettendo al lavoratore di trasferire il montante accumulato non solo ad un altro fondo pensione, ma anche verso prodotti assicurativi specifici e, perche' no, nel proprio conto previdenziale pubblico in modo da ottenere i coefficienti di trasformazione pubblici (molto piu' vantaggiosi). Perche' un lavoratore non potrebbe trasferire l'intero (o parte del) montante maturato in un fondo pensione privato nella propria posizione contributiva pubblica?
 
 
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