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Gestione di un portafoglio, consulenza finanziaria e profilo di rischio
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Editoriale di Alessandro Pedone
10 marzo 2010 11:39
 
Quando si accede ad un servizio di gestione di portafoglio o di consulenza finanziaria la principale tutela giuridica che gli investitori hanno è la verifica di adeguatezza.
In sostanza, il gestore o il consulente finanziario deve garantire che le operazioni nella gestione o le raccomandazioni del consulente finanziario siano adeguate alle caratteristiche del cliente (esperienza e situazione finanziaria, propensione al rischio, obiettivi d'investimento …).
Una verifica simile, anche se meno stringente, è necessaria anche quando un venditore di prodotti finanziari (uno sportellista bancario e/o un promotore finanziario) propone i propri prodotti/servizi. E' necessaria, cioè, una verifica di appropriatezza, ovvero che l'intermediario si accerti che l'investitore abbia le caratteristiche (esperienza, livello di istruzione, ecc.) per valutare correttamente lo strumento proposto.
In questo senso iniziano a proliferare in banca questionari per identificare il così detto “profilo di rischio” del cliente.
Questionari che gli investitori recepiscono con estrema diffidenza.
Molti si chiedono se è “proprio obbligatorio” compilarli. Se questa verifica va a tutela degli investitori, perchè questa diffidenza?
E' semplice: i clienti –giustamente– percepiscono che il reale scopo di questi questionari è tutelare la banca, non i clienti. Non si percepisce una volontà di comprendere gli obiettivi d'investimento, la tolleranza e propensione al rischio, ma solo di assolvere ad una burocrazia senza la quale la banca potrebbe correre rischi.
Con la costituzione dell'albo dei consulenti finanziari indipendenti, che dovrebbe essere prossima, anche questi consulenti dovranno confrontarsi con la “burocrazia”. Tutti i loro clienti dovranno (si spera che sostanzialmente lo siano già!) essere formalmente interrogati sulle loro caratteristiche finanziarie: esperienza, tolleranza, propensione e obiettivi d'investimento.
Come questo compito verrà assolto rappresenta un primo test significativo.
Se verrà presentato come “inutile incombenza burocratica” imposta dalla legge, significherà che questa categoria professionale parte con il piede sbagliato.
La verifica di adeguatezza delle raccomandazioni fornite dai consulenti finanziari indipendenti è il cuore dell'attività professionale. L'opportunità di formalizzarla con una procedura è un vantaggio per cliente e consulente.
L'importante è che la procedura formale risponda alla sostanza e non sia “solo forma”.
Un aspetto importante è la definizione degli obiettivi d'investimento, della tolleranza e propensione al rischio. Pretendere di definire queste importanti caratteristiche attraverso un semplice questionario, come fanno banche e promotori finanziari, non può che ridursi ad una finzione. Sovente gli investitori hanno plurimi obiettivi d'investimento. Anche quando le disponibilità finanziarie non sono chiaramente finalizzate, gli obiettivi specificatamente finanziari sono sovente contrastanti (protezione del patrimonio e accrescimento dello stesso). Non parliamo poi della propensione al rischio: una caratteristica estremamente mutevole che non si può cristallizzare una volta per tutte con le risposte ad un questionario.
Per assolvere non solo alla forma, ma anche alla sostanza della norma, i consulenti finanziari indipendenti dovrebbero far scaturire la propensione al rischio e gli obiettivi finanziari non da un semplice questionario ma da uno o più colloqui con l'investitore; colloqui in cui dovrebbero emergere naturali contraddizioni e possibili soluzioni con –di norma– pluralità di obiettivi e molteplici profili di rischio per quei diversi portafogli finanziari in cui un investitore scompone mentalmente il proprio patrimonio.
I questionari possono essere utili come spunti di discussione per questi colloqui, ma non come documenti dai quali far dedurre direttamente il profilo del cliente. La definizione formale del profilo di rischio dovrebbe essere ricondotta ad un documento redatto e congiuntamente fra cliente e consulente il quale descriva il profilo di rischio del cliente nella sua complessità e pluralità di aspetti.
Così i clienti dei consulenti indipendenti dovrebbero capire che il professionista è interessato a conoscere cosa il cliente voglia fare con questi soldi, a quali bisogni concreti e/o psicologici si deve rispondere. Il lavoro principale è sciogliere le contraddizioni che sempre emergono. In questo il cliente non può essere lasciato solo. Se si rivolge ad un esperto è proprio perché sente di non avere la capacità di decidere da solo cosa sia meglio.
Partendo da un'analisi sostanziale e completa del profilo dell'investitore, analisi che venga poi formalizza in un documento scritto e condiviso insieme al cliente, sarà più semplice una verifica di adeguatezza formale e sostanziale delle raccomandazioni fornite.
 
 
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