
Il Mattino di Napoli dello scorso 12 aprile
ha riportato la notizia della Sentenza di Cassazione 9067 che ha parzialmente accolto il ricorso della Consob e ha rinviato alla Corte di Appello di Roma per la definizione del momento a partire dal quale l'organismo di vigilanza può essere ritenuto responsabile per omesso controllo sulla
società di intermediazione mobiliare Professione e Finanza e l'agente di cambio De Asmundis, i cui titolari erano appunto i cugini Antonio e Guido De Asmundis.
La storia fece, ai tempi, molto scalpore perché i clienti erano particolarmente facoltosi.
Le indagini appurarono che l'impresa di investimento Professione e Finanza era stata costituita per occultare le perdite dello studio di agente di cambio.
I De Asmundis, via via che il buco si allargava,
offrivano interessi sempre più alti -e ben più alti del normale- per accalappiare investitori, al punto che, a causa del crescente passaparola, i loro concorrenti diretti, agenti di cambio e imprese di investimento come anche le banche, iniziarono a perdere clienti che li lasciavano
per andare dai De Asmundis che "davano molto di più".
Il crack risale alla primavera del 1996 e costò 400 miliardi di lire a circa 3.000 clienti.
Solo circa un centinaio tra essi resistono ancora e sono giunti quasi al termine del percorso giudiziario.
Parliamo quindi di ben 22 anni fa, e non è ancora finita.
Ancora una volta si ha la dimostrazione che l'unico modo per evitare sorprese non sono i Tribunali ma la
prevenzione. Molto spesso si risparmia per figli e nipoti, ma se non si presta attenzione,
i figli e nipoti finiscono per ereditare non investimenti, bensì vertenze in Tribunale.